Domenica 22 Dicembre 2024

Foggia rinasce, Manfredonia tracolla 

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Una città che rinasce ed un’altra che torna a morire nei sentimenti contrapposti della gioia e del dolore che riflettono Foggia e Manfredonia. Due città della Capitanata legate da destini uguali e diversi nella loro storia più recente, intrisa di brusche cadute e inaspettate risalite, entrambe macchiate dal marchio infamante di uno scioglimento per infiltrazioni mafiose. E ora, mentre Foggia rinasce, Manfredonia tracolla di nuovo dopo soli due anni di gestione del sindaco Rotice. Credo sia il destino affannoso di una terra intrappolata nella difficoltà di fare i conti con sé stessa, riluttante a leggere la propria storia e a ripulire le stive dei suoi apparati dai ceti dominanti, responsabili della perenne incertezza che impedisce l’avvento, ecco il punto vero, di una nuova classe dirigente. Se provassimo a fare un esame anatomico dei centri decisori in questo pezzo del Mezzogiorno, poteri sempre più poveri e vischiosi, comprenderemmo che le colpe non pesano soltanto su una certa politica ostile al cambiamento ma anche e direi soprattutto sul quel sistema economico che da decenni fa da sfondo ad uno sviluppo inceppato. È una storia vecchia che attraversa in lungo e largo corpi intermedi ormai vuoti di rappresentanza, luoghi logori – per dirla con una sferzata al cianuro del Presidente della Camera di Commercio, Damiano Gelsomino – affollati da prenditori e non da imprenditori, retti da soggetti senza progetti, negati forse geneticamente a promuovere un rinnovamento negli uomini e nelle idee ma di certo impegnati a preservare rendite di posizione di scarso pregio con brandelli di un effimero potere. I nomi? Vengono naturali al pettine! Basta guardarsi intorno. Dunque, il macigno vero, il peso netto più negativo che più di tutti determina lo stato dell’arte è il sistema imprenditoriale che rallenta, impedisce il cambio di passo. La politica ci prova ed a volte riesce nell’impresa. Ma un manipolo di imprenditori incollato alle sedie, non ci pensa neanche. È il duro prezzo che si paga quando alcuni apparati scelgono di chiudersi in un imballaggio che ha credibilità pari allo zero. Ambienti saturi in cui c’è chi si dissocia, chi assiste silenzioso ad un declino che non pare avere fine. Insomma, una vera palla al piede, laddove si analizzino  le incrostazioni con poteri grigi sino ad acclarate contiguità con ambienti tutt’altro che immuni da propensioni al malaffare, come raccontano le inchieste giudiziarie condotte dal Procuratore Capo Ludovico Vaccaro e dalla Direzione Distrettuale Antimafia, denunciate da prefetti coraggiosi come Raffaele Grassi e Maurizio Valiante che certificano la chiara permeabilità di ambienti imprenditoriali, temi sui quali sarà necessario  tornare a parlare con la dovizia di un esame “secundum alligata et probata”. A Foggia il ripristino di un’agibilità democratica ha visto prevalere un’inedito campo largo o campo giusto, come lo ha ribattezzato Giuseppe Conte. Una vittoria netta, costruita dalle forze progressiste guidate con intelligente strategia da Mario Furore e Raffaele Piemontese, personaggi di buon profilo per concretezza e visione. A Maria Aida Episcopo, prima sindaca nella storia di Foggia, toccherà guidare con accortezza il ritorno della politica nella città capoluogo, operazione che si potrà considerare compiuta solo nella misura in cui lei riuscirà ad interpretare il comune sentire, ponendo al centro merito e competenze, parole tornate attuali nel percorso appena concluso dal prefetto Vincenzo Cardellicchio a Foggia al termine di un esemplare lavoro commissariale. È stato un successo, numeri alla mano, dal sapore tutto politico architettato sull’impalcatura alzata dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle, con il sostegno del civismo di Emiliano e delle forze moderate. A Manfredonia il tracollo del Palazzo era nell’aria da mesi. Il tentativo di Gianni Rotice di resistere ad oltranza è imploso nella sua stessa maggioranza andata in frantumi. E Palazzo San Domenico collassa nuovamente aprendo scenari di un’incertezza piena di ambiguità quanto priva di prospettive e di speranze. Che fare allora? Ripetere l’operazione Foggia? È possibile? E con chi? Il mio pensiero da osservatore esterno ad una Città che ha nobili origini e che ben conosco per via di qualche mio importante antenato, è che Manfredonia può e deve ritrovare la strada per una ripartenza, guardando alle sue migliori energie. Penso a Saverio Mazzone, impareggiabile promotore di imprese innovative, raffinato intellettuale dotato di un background  che trasuda  modernità. Ma penso anche al giovanissimo Giuseppe Basta che ho visto al lavoro cimentarsi con travolgente entusiasmo sulla transizione ecologica e sui temi digitali e della comunicazione. Serve dunque guardarsi intorno. Manfredonia deve rinascere.

di Micky dè Finis

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