Raggiungo Maria Aida Episcopo, candidata sindaco di Foggia, nella sua casa, sempre nel quartiere ferrovie, dove ha vissuto, quando mancano pochi giorni dalla chiusura della campagna elettorale. “In vero nacqui in via Gorizia dove abitavamo con i miei genitori. Poi andammo in via Trieste perché serviva una casa più grande. Il destino ha voluto che non cambiassi mai zona. A via Montegrappa vivo oggi con quella che ora è la mia famiglia”. Che ricordi ha della sua infanzia? “Tanti e direi anche molto belli. Ho avuto due genitori meravigliosi che sono stati molto presenti, sempre nella mia vita. Una famiglia normale, come ce ne sono tante. Un grande papà, una brava mamma ed una sorella, Rosaria, quattro anni più grande di me. A casa eravamo tre donne, ma mio padre si difendeva molto bene”. È vero che suo padre la chiamava capinera? “Si, ma solo perché quando nacqui avevo una montagna di capelli neri e la pelle chiarissima”. Le torna spesso in mente? “Molte volte perché lui era un papà attento, intransigente ma anche tenero, e affettuoso. Nella mia vita è stato centrale. E lo è ancora oggi che non c’è più”. Quanto ha inciso nella sua formazione? “Direi totalmente. È stato un esempio, con il suo storico intenso. Mio nonno venne meno presto e papà andò a studiare dai gesuiti a Palestrina per poi laurearsi in legge a Napoli, anche se avrebbe voluto fare il medico. E in tutto questo tempo aveva già conosciuto giovanissimo mamma, sin dall’asilo. Si innamorarono tra i banchi del liceo. Un amore destinato a non finire mai dopo dodici anni di fidanzamento”. Poi c’era mamma? “Una donna con una forte personalità. Era molto legata a papà. Lei avrebbe voluto seguirlo a Napoli per iscriversi all’Orientale. Ma allora mandare insieme due fidanzati a studiare in una città lontana da Foggia era quasi uno scandalo. E così mamma si accontentò di studiare scienze biologiche, anche se poi ha insegnato sempre matematica. Con me e mia sorella è stata una mamma esemplare. È scomparsa tre anni fa lasciando un grande vuoto. Tutti i nipoti la ricordano come una nonna indimenticabile”. I suoi figli? Suo marito? “Luigi ha 46 anni. Ha preso il lavoro nella scuola come una missione. Francesco è più giovane. Ha fiducia nella vita. Studia con passione e guarda al suo futuro con un disincanto sorprendente. Mio marito è ingegnere. Anche lui insegna. Ha un carattere un po’ schivo e di poche parole. Ma è punto fermo, importante nella mia vita”. Quando entra la politica nella testa di Maria Aida? “Io non ho mai fatto politica, mai avuto una tessera di partito. Certo l’ho sempre seguita anche perché a casa se ne parlava spesso con papà. Una volta fui candidata in una lista di centro come indipendente, ma ero molto giovane. Papà era molto impegnato, il cattolicesimo democratico era un suo credo. Poi nella Democrazia Cristiana svolse un ruolo in una fase importante della città, al fianco del sindaco Pellegrino Graziani, suo amico. Frequentava la corrente di Aldo Moro, con Carlo Forcella e Franco Galasso”. Una tempra cattolica tutta d’un pezzo? “Si ma non era un bigotto. Direi che era un credente. Negli ultimi anni della sua vita quest’aspetto fu più marcato. I suoi viaggi a Medjugorje e i ragionamenti che spesso ci faceva sulla fede. Ma aveva una visione laica della vita che poi ha trasferito a noi con molta naturalezza ma su principi di molto fermi. Aveva la carità cristiana nell’animo ed un cuore generoso”. Insomma un papà austero, come quelli che racconta il neorealismo? “Si ma poi era tante altre cose. Lei lo ha conosciuto se lo ricorderà? Amava leggere, era appassionato e scriveva di calcio, seguiva il suo Foggia. Delle volte s’incaponiva come quando cercò con scarso successo di convincere me e mia sorella a seguire la lirica. Per accontentarlo lo accompagnammo qualche volta a teatro. Poi capì che non era cosa e mollò la presa”. Ha detto che ha sempre seguito la politica. Quali sono i personaggi che più hanno attratto la sua attenzione. “Mi appassionava molto per proprietà transitiva ascoltare Aldo Moro ma seguivo con interesse anche Begnigno Zaccagnini ed Enrico Berlinguer, due protagonisti di alto spessore. Mi piaceva anche Craxi, molto carismatico e Pier Ferdinando Casini che ho sempre trovato acuto e molto intelligente”. Ha dedicato molti anni della sua vita a studiare per conseguire tre lauree. “È stato tutto così veloce. Mi è sempre piaciuto studiare, lo faccio ancora. Poi nella scuola ho vissuto il mio lavoro, un lavoro che ho amato e che mi porto dentro”. Bella soddisfazione diventare provveditore agli studi? Si, non lo nego. Ma due cose voglio mettere in chiaro: nessuno mi ha regalato nulla e nessuno può dire che io non abbia svolto i miei compiti con passione e dedizione piena. Chi dice il contrario è in malafede”. Ce l’ha con qualcuno in particolare? “I maldicenti, i calunniatori a piede libero sono in servizio permanente, forse perché ben pagati. Ma non mi spaventano le cattive lingue. Bisogna ridere, non deridere, condividere non dividere, parlare non sparlare. A volte basta una sillaba per la fare la differenza tra eleganza e volgarità. La gente saprà valutare con il buon senso, questo è quello che conta”. Vuol fare il sindaco di Foggia? “Che dice lei? Mi pare di sì, comunque ci provo”. Sa che questo potrebbe cambiare radicalmente la sua vita. “Dipende dai punti di vista. Se può significare cambiare il volto di Foggia, lo farò volentieri. Sarà complicato ma se i foggiani vorranno, io ci proverò, con il cuore e con la testa”. Non teme un mondo di uomini tutt’intorno? “Gli uomini hanno una sola fortuna più di noi: quella di poter contare sulle donne, creda non è una battuta. E poi la politica declinata al femminile ha un sapore più sentimentale. Giusto quello che forse manca nella politica, un po’ di sentimento”. Ma non sarà un’impresa tenere assieme un’aggregazione così ampia come quella che sostiene il suo progetto per Foggia? “Una coalizione è molto di più di una maggioranza. Mi piace che sia stata ribattezzata campo largo. Mi sa di plurale, inclusivo, senza esclusioni di sorta. Per questo ho voluto chiamare la mia lista Nessuno Escluso”. Ha pochi giorni per convincere la maggioranza degli elettori. “Lo so bene. Farò del mio meglio”. Ma ha già perso il sonno? “Solo qualche ora in meno, ma sono serena”. Davvero nessuna arrabbiatura? “Quanto bastano”. Cosa pensa dei suoi competitor? “Ho il massimo rispetto verso tutti. E credo che loro mi rispettino. Poi la campagna elettorale ha offuscato questi aspetti, ma è fisiologico. E tuttavia non mi sono fatta travolgere dalle provocazioni. Penso che il rispetto per le persone non debba avere colore. Forse un pizzico di galanteria in più, che dice lei? Quattro maschi contro una donna, insomma”! Ma ha qualche arma segreta da sfoderare all’ultimo minuto? “Come no, ma questo non glielo posso dire, anzi non voglio dirglielo”. E perché? “Perché i miei avversari mi vogliono bene e se la prenderebbero a male”. In bocca al lupo. “Crepi”.
di Micky dè Finis