Sabato 23 Novembre 2024

Rotice non è più il sindaco di Manfredonia

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DUNQUE Gianni Rotice non è più il sindaco di Manfredonia. A poco meno di due anni dal mandato di primo cittadino ricevuto dalle elezioni del novembre 2021, è stato sfiduciato e mandato a casa da 14 consiglieri comunali: i 4 superstiti (di sette) del gruppo Forza Italia che l’ha sorretto fino a quando è stato lo stesso sindaco a smembrarlo e metterlo fuori dall’organico della giunta, e i nove della opposizione ai quali si è unito l’indipendente Carbone. Quattordici firme depositate presso il notaio Antonio Longo, hanno posto termine ad una situazione non più oltre sostenibile.

PER QUALCHE verso, quello del metodo adottato, un contesto simile a quello prodottosi 28 anni fa, nel 1995, quando l’amministrazione di Peppino Dicembrino (DC-PPI), cadde per il dissenso di venti consiglieri dei quaranta che componevano il consiglio comunale del tempo, i quali approfittando della trasferta a Taormina dell’intera amministrazione, rassegnarono le proprie dimissioni: al rientro a Manfredonia trovarono la sorpresa di essere stati sfrattati dal Municipio. Peraltro quello bruscamente interrotto, era il secondo mandato di Dicembrino protrattosi per 5 mesi (7.1.1995 – 2.6.1995) prosecuzione dei dieci mesi precedenti (18.1.1994 – 8.11.1994). A quel tempo la designazione del sindaco avveniva dai partiti che formavano la coalizione, la cui composizione cambiava a seconda delle circostanze con tutte le conseguenziali prerogative. Dopo cinque mesi di commissariamento prefettizio di Orazio Ciliberti, con le votazioni del 1995 si applicò la legge che prevedeva l’elezione diretta del sindaco. Il primo fu Gaetano Prencipe che rimase in carica cinque anni.

UN ACCORGIMENTO del legislatore che non mise al riparo gli amministratori della consiliatura comunale iniziata nel 2015 che non arrivò alla conclusione dei cinque anni in quanto il sindaco del tempo Angelo Riccardi fu messo in minoranza e costretto alle dimissioni cui si aggiunse l’inedito scioglimento per infiltrazioni mafiose.

RICORSI storici che attesterebbero come i manfredoniani sono alquanto vischiosi alle regole: e parliamo tanto di chi, i preposti al governo, le deve interpretare e applicare, quanto di chi, i cittadini, le deve rispettare. La vicenda Rotice-sindaco dai contorni e dai contenuti paradossali e allucinanti, si pone in questo contesto di interrogativi inquietanti da decifrare e chiarire. A cominciare da quello fondamentale del perché l’imprenditore Rotice ha sentito il bisogno di arrivare a mettere le mani sul Comune e fare di tutto per arrivarci riuscendovi con il sostegno di (ignari?) politici sia pure esperti navigatori in mari procellosi.

IN TUTTO il relativamente breve periodo di regno comunale, l’aggregato Rotice non ha dato alcuna prova di interessarsi granché ai pressanti problemi di sopravvivenza dei cittadini. La città è rimasta dolosamente indietro rispetto alle sue potenziali risorse e nei confronti di altre realtà limitrofe. Il solco tra amministratori e cittadini ha man mano acuito le tante situazioni scabrose sfociate in proteste e denunce alle competenti autorità. Una divaricazione sempre più profonda tra amministratori e amministrati arrivata al punto di non ritorno.

ORA SI RIPARTE da zero, ma con una esperienza sconvolgente che non può non far riflettere. L’inevitabile periodo di commissariamento deve servire per ragionamenti oggettivamente sensati propedeutici alle scelte ponderate che dovranno farsi. Basta con gli avventurieri.

  Michele Apollonio

 

 

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