Giovedì 21 Novembre 2024

La storia del restauro dell’Icona della Madonna di Siponto

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Il 30 agosto del 1872 in occasione dei festeggiamenti della nostra Santa Patrona, le candele dei fedeli causarono un terribile incendio in Cattedrale. Le fiamme furono tali da colpire anche la tanto venerata icona della nostra Madonna. Il Sacro Tavolo ne uscì devastato e per molti anni i canonici della Cattedrale e la Civica amministrazione succedutisi nel tempo non riuscirono a trovare il modo di porre rimedio ai danni causati dall’incendio. Quello che li fermò fu soprattutto il timore che la sacra icona dovesse lasciare la città e non farvi più ritorno, scatenando così l’ira del popolo sipontino. Purtroppo, di anno in anno lo stato del quadro andava sempre peggiorando rendendo necessario e urgente il restauro. Un tentativo di restauro, senza spostare il quadro da Manfredonia, ci fu nel 1896, ma non fu risolutivo. Era necessario l’intervento di un laboratorio attrezzato. Vennero interessati il Ministero della Pubblica Istruzione e la Direzione Generale delle Antichità e Belle arti che suggerirono come restauratore il nome del prof. Tito Venturini Paperi, “quasi unico, in Italia, in materia di simili delicatissimi restauri”. Dopo un sopralluogo, nel 1922, il prof. Venturini dichiarò la necessità che il restauro avvenisse a Roma nel suo studio. Dovettero però passare ancora cinque anni. Infatti, nel 1927 un gruppo di ardimentosi prese di petto la situazione decidendo per il bene dell’icona e della devozione dei sipontini. Ottenuto l’appoggio del Podestà Giuseppe Grassi, il quale coinvolse anche il Prefetto, il Generale Ugo Franco, che garantì persino “il suo appoggio in caso di bisogno per la tutela dell’ordine pubblico”, si poté dare il via all’operazione “Trasporto della sacra tavola ‘Madonna di Siponto’ a Roma per i restauri”. La storia che raccontiamo è desunta dalla stampa dell’epoca e dal verbale di tutta l’impresa che è un resoconto dettagliatissimo di tutti i passaggi e di tutti i personaggi che resero possibile tutto questo. Il 24 ottobre si riunirono nell’antica chiesa di Siponto: Giuseppe Grassi, Podestà del comune di Manfredonia, Francesco De Padova Vice Podestà e Segretario Politico del Fascio, il Canonico Antonio Caterino, il Canonico Salvatore De Finis, il Canonico Michele Capurso, in rappresentanza del Capitolo sipontino, Marco Fesce, Capo Stazione ferroviario di Manfredonia, Giuseppe Massafra, Maresciallo comandante della Stazione dei Carabinieri di Manfredonia, Gaetano De Giorgi, appuntato dei Carabinieri a cavallo, Emanuele Curci, carabiniere a cavallo, Giorgio Caputo, comandante delle guardie urbane di Manfredonia, Nicola Pizzigallo, Maresciallo delle guardie urbane di Manfredonia, Giovanni Cafarelli e Errico De Finis, testimoni, Luigi Marasco e Michele Troiano, personale di fatica, Giuseppe Lauriola, sagrestano (che non poté firmare il verbale perché analfabeta). Il segretario Capo del Comune Francesco Lo Balsamo alla redazione del verbale. Dopo aver chiarito che “il Capitolo si assume direttamente l’obbligazione di provvedere con mezzi propri e con le oblazioni dei fedeli al finanziamento per compenso da darsi all’Artista, e per le spese tutte occorrenti al compimento dell’impresa”, stabilito come si sarebbero svolte le operazioni e chi avrebbe dovuto compierle, si passò all’azione. I canonici ebbero il compito di togliere dalla nicchia il quadro della Madonna che venne avvolto in tre coperte di lana assicurate da un nastro giallo. Il quadro venne quindi inserito in una cassa, costruita dal falegname Carmine Tomaiuolo, e assicurato all’interno da due strisce di legno per poi essere chiuso con quattro serrature. La cassa aveva quattro maniglie di ferro e venne ulteriormente assicurata da una fune stretta, incrociata e legata nella parte inferiore. La cassa, delicatamente sollevata, venne posta nell’auto di Oreste Palumbo dove fu ulteriormente assicurata per non subire scossoni. In un’altra auto, quella di Lorenzo Foglia, oltre al proprietario, presero posto i due canonici Antonio Caterino e Salvatore De Finis, il Capo stazione Marco Fesce, il Maresciallo dei Carabinieri Massafra, il Comandante Caputo e il Maresciallo Pizzigallo delle Guardie Urbane. Le due auto partirono quindi alla volta della stazione di Foggia dove il quadro fu accolto dal capo Stazione Di Gioia e dall’Ispettore Capo Reparto al Movimento Baj e caricato sul treno n. 814 per Roma delle 15:30 dove era stato predisposto uno speciale scompartimento. A scortare il quadro nel viaggio verso Roma furono i canonici Caterino e De Finis. De Finis una volta consegnato il quadro al restauratore rientrò a Manfredonia, mentre il Canonico Caterino restò a Roma, a spese proprie, per tutto il tempo che fu necessario per portare a termine il restauro. Nel verbale si dice anche che i due canonici avrebbero dovuto farsi consegnare dal restauratore un documento in cui si dichiarasse la necessità di un restauro per non correre il rischio di perdere per sempre la sacra icona. Inoltre, i due incaricati del Capitolo dovettero anche adoperarsi di far benedire il Sacro quadro da Papa Pio XI con tanto di Breve Pontificio per testimoniare ad rei memoriam l’avvenuta benedizione. Il prof. Venturini lavorò alacremente, tanto che a fine dicembre il restauro dell’icona era già compiuto. Un comitato composto dal canonico Caterino, il Vice Podestà Francesco De Padova, il Cav. Andrea Bissanti, Presidente del Comitato della Festa patronale, il Dott. Zefferino D’Onofrio, Componente della Federazione Provinciale Fascista, il Cav. Antonio Radogna e Vincenzo Mazzone, componenti il Direttorio locale, Michele De Finis, Delegato Municipale, Michele Valente rappresentante del Sindacato Agricoltori, Giuseppe Brigida, Segretario Generale Sindacati Fascisti Riuniti ed il canonico Sipontino Cafarelli, giunti a Roma “a proprie spese”, finito il restauro accompagnarono il quadro in Vaticano dove Papa Pio XI lo benedisse estendendo la benedizione a tutto il comitato e a tutto il popolo sipontino. Al suo arrivo a Manfredonia il quadro restaurato della Madonna di Siponto venne accolto alla stazione da ben diecimila fedeli festanti, come riportano le cronache del tempo. In spalla a robusti marinai il quadro attraversò in processione le strade della città dove “i balconi erano imbandierati e pavesati con arazzi, una pioggia di fiori e di cartellini inneggianti alla Vergine di Siponto”, con a capo il comitato e le alte cariche del clero e del municipio attorniato dalle bandiere delle associazioni della città fino a raggiungere quella che allora si chiamava Piazza Municipio, dove la banda di Cerignola lo accolse con le note dell’Inno Reale. Qui, per ricordare lo storico avvenimento, vennero sorteggiati i nomi di due ragazze orfane di guerra alle quali fu donata una dote, chiamata “maritaggio”, di ben 500 Lire. La festa si concluse con i fuochi d’artificio in Piazza Duomo e il Te Deum di ringraziamento cantato in Cattedrale dell’Arcivescovo Mons. Pasquale Gagliardi per poi lasciare la Sacra Immagine esposta tutta la notte all’adorazione dei fedeli. Dopo questa rocambolesca impresa l’icona della Madonna di Siponto venne restaurata ancora nel 1964, ad opera del prof. Aronne Del Vecchio, e poi nel 2011 dalla ditta ‘Alfa Restauri’ di Bari, grazie all’interessamento di Mons. Michele Castoro e al supporto economico dalla Banca di Credito Cooperativo di San Giovanni Rotondo. Il prof. Aronne Del Vecchio realizzò una copia fedelissima del quadro della Madonna che dal 2002 esce in processione per evitare che la preziosissima tavola originale subisca danni.

di Mariantonietta Di Sabato

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