IL PRESIDENTE dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale del quale lo scalo marittimo di Manfredonia è parte integrante, aveva fatto cenno nel corso del meeting sulla portualità di Manfredonia tenuto nei giorni scorsi a Manfredonia promosso dal Lions club Manfredonia Host, alla prospettiva di demolizione dei nastri trasportatori che corrono lungo i circa tre chilometri della “passerella” che unisce il retroporto al bacino portuale. In una intervista alla Gazzetta è tornato sull’argomento per confermare che «se non ci sono alternative al loro uso, riprenderemo il procedimento che avevamo solo sospeso, di demolizione di quella struttura che non è stata mai utilizzata. Quei nastri trasportatori sono – analizza – senza titolo, non hanno alcun provvedimento concessorio, nessuno li ha mai autorizzati, non hanno nessuna legittimazione, non c’è un responsabile. Entro questa estate – annuncia – faremo ciò che è necessario fare per valorizzare il porto».
L’IMPIANTO di nastri trasportatori non rientra nel progetto di rifunzionalizzazione del “molo alti fondali”. «Quando ho avviato la procedura per la demolizione di quell’impianto – ricorda – mi sono dovuto fermare perché è arrivata una espressione di interesse da parte di una società industriale che però non ha avuto seguito. Era mio dovere fermarmi a fronte di una richiesta di utilizzo di quei nastri. Gli uffici sono al lavoro per tirare le somme di una situazione che è rimasta in surplace, che non ha avuto seguito. Ora è tempo di rompere gli indugi. Siamo alle ultime battute: entro questa estate firmerò il provvedimento di demolizione di quella struttura che per tanti aspetti ostacola il funzionamento del porto».
Patroni Griffi annuncia anche la pubblicazione dei bandi per l’acquisizione di interesse da parte delle imprese ad eseguire le opere previste nel progetto di rifunzionalizzazione già presentato a suo tempo. «Ci saranno – indica – spazi di lavoro anche per le piccole imprese locali».
PARE dunque di essere alla vigilia di una nuova era per quel porto dalle caratteristiche tecniche particolari e spettacolari con quella sovrastruttura che taglia gran parte della prospettiva che guarda al Gargano. Quei nastri non erano in funzione delle attività dell’Anic-Enichem, bensì della centrale elettrica Enel che non è stata mai costruita per l’opposizione della popolazione, ma essenzialmente per ragioni geologiche. Il suolo sul quale doveva essere realizzata, nella parte a nord dello stabilimento Enichem che cedette trenta ettari della propria area, era caratterizzato da una serie di caverne che non davano (lo accertarono anche esperti giapponesi) garanzie di stabilità per cui l’Enel decise di rinunciare all’impianto. I nastri che avrebbero dovuto servire per trasportare il carbone, rimasero inoperosi, finiti deteriorati e vandalizzati. Ebbero un grande momento di notorietà non certo per la loro tecnologia, bensì per una storia di tangenti tant’è che venereo ribattezzati “nastri d’oro”, e per una lunga vertenza con la ditta costruttrice e gli enti che di volta in volta vennero indicati come “proprietari” dell’impianto. Una storia che a quanto pare non è stata completamente dipanata e che ora si appresta ad affrontare un ulteriore si spera conclusivo episodio.
Michele Apollonio