Giovedì 21 Novembre 2024

Manfredonia e la cancel culture

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Cancellare o nascondere i segni di una storia, per quanto terribile, non risana il male che quella storia ha fatto. In ogni azione che si compie ci sono i pro e i contro, nel senso che cancellare alcuni “segni” lasciati dalla storia nel paesaggio urbano può servire ad accendere discussioni o confronti, oppure può trasformarsi in una gabbia ideologica che porta alla demonizzazione e persino all’intolleranza. Giudicare il passato cancellando quello che lo ricorda non aiuta a formarsi un’opinione su comportamenti e accadimenti, siano essi positivi o negativi, che ci hanno preceduto. Grazie alla segnalazione di un amico, abbiamo scoperto che i lavori sul molo di levante, dove si stanno costruendo delle strutture per i pescatori, nasconderanno forse per sempre un simbolo del fascio circondato dal tricolore incastonato nel muro di contenimento risalente all’epoca in cui il porto venne costruito. Quel braccio del porto, infatti, venne ampliato proprio in era fascista, dopo mezzo secolo di lavori a singhiozzo raccontati in dettaglio da Raffaello Di Sabato nel suo libro Il Porto di Manfredonia nella vita della CapitanataI, scritto nel 1930 (edito a c. di Matteo Di Sabato, Ed. Il Sipontiere, Manfredonia, 2008). Giacomo D’avanzo, invece, ne racconta il seguito nel suo saggio pubblicato su Japigia, Rivista pugliese di archeologia storia e arte, (Anno III, Fascicolo IV, S.E.T. Società Editrice Tipografica, Bari, 1932) intitolato: Le opere pubbliche in Puglia nel primo decennio del fascismo. Qui D’Avanzo dice: “Per molteplici cause di carattere storico ed ambientale l’esecuzione delle opere pubbliche aveva fatto ben scarsi progressi nelle regioni meridionali. L’arretrato era enorme, non solo in confronto alle moderne esigenze, ma anche di fronte ai vecchi programmi legislativi, che qui erano rimasti quasi ineseguiti.(…) Ma le direttive cambiarono con l’avvento del Fascismo, il quale dedicò ai porti pugliesi le più attente cure e volle che taluno di essi assurgesse al rango di strumento della politica economica nazionale. Subito dopo la Marcia su Roma venne accelerato il compimento delle non molte opere prima disposte e che, per effetto della guerra e della crisi postbellica, procedevano con ritmo stentato. (…) Nel porto di Manfredonia sono stati completati o sono in corso lavori di escavazione, di prolungamento dei moli, di banchinamento, d’impianti d’illuminazione e di acqua potabile. Vengono in tal modo assicurati convenienti fondali ed un notevole sviluppo di calate utilizzabili, e così il porto della Capitanata ha fatto un passo importante verso quell’assetto, che dovrà gradualmente raggiungere, per soddisfare le future necessità mercantili del suo retroterra, necessità che indubbiamente andranno crescendo, a mano a mano che, con la trasformazione fondiaria dei 450.000 ettari del Tavoliere, già iniziata dal Governo Fascista, l’attuale economia della Provincia a base di granicoltura e pascolo sarà sostituita da una economia più progredita e più ricca, la quale avrà nel porto di Manfredonia un naturale sbocco alle sue esportazioni.” Dunque, quel simbolo, che non sappiamo ancora se sarà spostato o lasciato lì dov’è, forse è il ricordo di qualcosa di buono che quel periodo così terribile ha lasciato alla nostra città. È già capitato con la Fontana Piscitelli, quando nel restauro venne sostituito il fascio circondato dai tre puttini con un banalissimo “caperrone”, cancellando il ricordo dell’epoca in cui la fontana venne realizzata. Siamo però dell’opinione che il rispetto del passato, avendo comunque fermo il principio dell’antifascismo sancito dalla Carta Costituzionale, sia decisivo per acquisire consapevolezza e capacità d’indirizzo. La Storia è maestra di vita, non lasciamo che resti inascoltata, nel bene o nel male.

Mariantonietta Di Sabato

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