Martedì 12 Novembre 2024

Vertenza DOpla ad un punto morto

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«SE NON ci sono prospettive serie di stabilità lavorativa, inutile andare avanti». È stata la laconica quanto deludente conclusione del Tavolo tecnico tenutosi a Bari presso la Regione Puglia per cercare di venire a capo della vicenda dello stabilimento DOpla di Manfredonia che la “casa” madre di Treviso ha deciso di chiudere e trasferire al nord macchinari produttivi e solo 15 delle 67 maestranze impiegate. Non era la prima riunione tenuta per cercare una via d’uscita ad una situazione semplice nella sua coniugazione teorica, è divenuta difficile nella soluzione pratica. Probabilmente ce ne saranno altre, ma per il momento in questa appena conclusa, definita dai sindacati “drammatica” per i toni e le posizioni assunte da chi aveva fatto balenare l’ipotesi di subentro nell’impresa, si è certificato il punto zero nelle prospettive concrete di ripresa dello stabilimento allocato nell’area industriale D46 di Coppa del Vento, a qualche chilometro da Manfredonia, a monte della statale per Foggia.

A QUESTO appuntamento erano presenti un po’ tutti i vari attori che ruotano intorno a questa vicenda emblematica delle sorti niente affatto gratificanti delle attività lavorative nel bacino di Manfredonia: i rappresentanti del Fondo Muzinich che patrocina il trasferimento dello stabilimento di Manfredonia, la società napoletana Bava che si era proposta di acquisire lo stabilimento, i sindacati di categoria CGIL e Cisl, la Rsu di fabbrica con i lavoratori, il sindaco di Manfredonia Gianni Rotice e naturalmente l’assessore regionale al lavoro Leo Consoli che ha cercato di mediare una situazione nella quale sfuggiva il bandolo per superare un impasse alquanto incrostato.

MOMENTO cruciale la dichiarazione del rappresentate di Bava di recedere dall’iniziale impegno di subentro subordinato ad una serie di richieste di “abbuoni” quali le provvidenze della ZES, i tributi comunali (Imu, Tari, ecc.). Rimaneva in piedi l’offerta del Fondo Muzinich oscillante tra il trasferimento a Treviso dei macchinari e di quindici operatori addetti e una indennità risarcitoria e il resto in cassa integrazione. Condizioni inaccettabili per i 67 lavoratori che hanno fatto quadrato sulla posizione condivisa «se non ci sono condizioni garantiste per tutti e 67 lavoratori, inutile andare avanti».

UNA condizione di stallo che il sindaco di Manfredonia Rotice ha proposto di sbloccare suggerendo «il mantenimento in funzione della produzione dello stabilimento ad oggi perfettamente funzionante, per un massimo di due anni, il tempo necessario per aiutarlo a stare sul mercato ed accompagnarlo ad una sua eventuale riconversione. Un impegno morale – ha insistito – come contropartita alle tante opportunità e benefici ottenuti dall’azienda con il Contratto d’area».

LA QUESTIONE non pare chiusa: lo stesso Caroli ha ventilato altre possibilità di interesse, naturalmente tutte da verificare, per questo stabilimento, tra gli ultimi superstiti di un esercito di 53 attività produttive portate dal Contratto d’area, istallate in loco nella quali hanno trovato occupazione 1.600 lavoratori. Un patrimonio economico e sociale di grande importanza, il più rilevante progetto produttivo, un polo industriale che prometteva molto ma che, mal gestito sotto innumerevoli punti di vista, è finito per scomparire del tutto.

IN ATTESA di eventi, lo stabilimento è presidiato dai dipendenti.

  Michele Apollonio

 

 

 

 

 

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