Giovedì 21 Novembre 2024

DOplà e lo stabilimento se ne va

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Un nuovo impianto e nuovi investimenti che si inquadrano nel programma ministeriale di dare vita a un tessuto industriale che possa incidere sull’alto tasso di disoccupazione oggi esistente a Manfredonia. La notizia non è di oggi ma risale al 7 novembre 2000, lanciata dall’agenzia Adnkronos per annunciare l’inizio dei lavori del nuovo impianto produttivo di Manfredonia di “Giò Style”, il gruppo trevigiano produttore di oggetti in plastica monouso e casalinghi. A 23 anni da quell’annuncio che apriva ad una nuova era economica per Manfredonia, quella Giò Style nel frattempo divenuta “DOplà” giace agonizzante, lo stabilimento di Manfredonia in predicato di essere assorbito da quello madre di Treviso, le sue 67 maestranze in pericolo di perdita di lavoro. Si è all’epilogo di un disegno meraviglioso, foriero di gratificanti promesse andatosi man mano sbiadendo e sgretolandosi. Le positività di un progetto tanto ambizioso quanto arduo pur supportato da sostanziosi sostegni economici e normativi, non hanno retto il confronto con le negatività andatesi emergendo a fronte della massiccia e inedita colonizzazione di un territorio piuttosto refrattario ad assorbire innovazioni straordinarie. Non è da escludere che proprio quella insufflata tanto imponente di attività lavorative abbia agito da freno fino allo stop dello sviluppo fissato sulla carta. Il territorio con tutte le prerogative fisiche (aree non del tutto pronte ad accogliere quella marea di aziende) e umane (l’atavica carenza di classe dirigente) non ha retto a tanto impegno ed ha ceduto. Il progetto “Contratto d’area” così come ideato e programmato da Romano Prodi, mirava realmente a dare a questo territorio proteso sul golfo adriatico, una nuova impronta di moderno sviluppo. Si implementava su due aree: quella della ex Enichem e l’altra ex novo a Coppa del vento, a qualche chilometro dalla città, sulla statale per Foggia. La colossale operazione prevedeva 81 iniziative produttive, contributi governativi dal fondo CIPE di oltre ottocento milioni di euro, l’occupazione di 4.600 unità (si riuscì ad occuparne 1.600). E per rendere più appetibile l’impresa, il Contratto d’area prevedeva incentivi straordinari: il 70 per cento del contributo statale a fondo perduto, franchigia sindacale, agevolazioni fiscali. Ad approfittarne in gran parte gli imprenditori del nord-est calati a valanga tanto che sono stati predisposti ben tre protocolli aggiuntivi. Quando il 2 marzo 2002 si celebrò l’avvio del Contratto d’area alla presenza del presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e di numerosi esponenti del mondo della politica, dell’economia, del sindacalismo, delle istituzioni locali, le previsioni erano tutte volte all’ottimismo. La Storia dirà che le cose non sono andate così come preventivate. Di quelle 81 aziende ne sono state implementate 53 delle quali ne sono rimaste solo alcune. Tra queste la DOplà che in tutti questi anni si è segnalata per efficienza e produttività. A Treviso hanno deciso di chiudere lo stabilimento di Manfredonia e deportarlo al nord a supportare lo stabilimento locale in affanno. Una assurdità che ha trovato i dipendenti pronti ad opporsi ad una operazione indecente, priva di qualsiasi fondamento sensato, razionale. Non vi è una ragione che giustifichi una tale iniziativa, se non la prepotenza di un nord che evidentemente ritiene il sud subalterno. Un nord che a conti fatti, ha usufruito di tutti i benefici del Contratto d’area predisposto per il sud. La vicenda DOplà di Manfredonia diventa l’emblema di un sud che ha preso coscienza delle proprie capacità, che vuole emergere per quello che è. La DOplà è pertanto una vertenza che va oltre i crismi sindacali ed anche politici, per affermare una esigenza etica. A suo sostegno sono scesi in campo la Regione, i sindacati, le associazioni datoriali e in ordine sparso esponenti della politica. È stato osservato che “si muovono quando c’è il moribondo”. Probabilmente a questo territorio continua a mancare il coordinamento strutturale dei suoi riferimenti istituzionali, una programmazione che ne tracci un percorso fattibile. Non c’è tempo da perdere: nuove sfide sono alle viste.

di Michele Apollonio

 

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