Mercoledì 13 Novembre 2024

Il giorno del ricordo dei martiri delle foibe

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CI SONO anche tre manfredoniani tra la cinquantina di vittime degli orrori delle foibe provenienti dalla provincia di Foggia a loro volta parte delle migliaia di “infoibati” che alla fine della seconda guerra mondiale furono uccisi e gettati nelle foibe. Una rappresaglia spietata dei partigiani di Tito che nel maggio 1945 riconquistarono vasti territori dell’Istria, di Fiume, della Dalmazia uccidendo o deportando migliaia di italiani che non riuscirono a fuggire. I primi a finire nelle foibe furono carabinieri, poliziotti e guardie di finanza, ma anche militari, partigiani e cittadini inermi e quando non si riusciva a catturare

i diretti ricercati, si prendevano mogli, figli, genitori. Una carneficina senza eguali.

VENIVANO legati con filo di ferro a piccoli gruppi e mitragliati in modo da cadere in quegli abissi. Le foibe sono delle cavità naturali molto diffuse sul Carso. Foiba è un termine dialettale che deriva dal latino fovea e significa per l’appunto fossa. Possono superare anche i duecentocinquanta metri di profondità sia pure su livelli diversi. Ne sono state contate circa 1.700; la più famosa è quella di Basovizza nei pressi di Trieste, dove è stato innalzato un sacrario dichiarato Monumento nazionale, meta di continui pellegrinaggi, dai famigliari, alle scolaresche a uomini di governo e politici. Con legge del 30 marzo 2004 è stato istituito, sia pure con notevole ritardo, per il 10 febbraio il “Giorno del Ricordo”, solennità civile nazionale italiana che commemora i massacri delle foibe e l’esodo giuliano dalmata.

A MANFREDONIA è stata intitolata una strada dei nuovi comparti edilizi ai “Martiri delle foibe” come ricorda Tommaso Prencipe, nel libro “Follie al vento” edito dal Nuovo Centro di documentazione storica di Manfredonia (167 pag. 12 euro). I tre concittadini infoibati si chiamavano: Nicola Montella, 56 anni Guardia giurata nella miniera di Arsa, recuperato dalla foiba di Vines il 25 ottobre 1943; Cosimo Castriotta, 26 anni, guardia di pubblica sicurezza: doveva far parte del gruppo di poliziotti catturati dai partigiani di Tito e scambiarli con un prefetto italiano rifugiatosi in Italia, lo scambio non avvenne e Castriotta venne passato per le armi il 14 giugno 1945; Giuseppe Di Staso, 26 anni, soldato, un verbale del Ministero della difesa esercito del 5 giugno 1948, depositato nell’archivio storico del comune di Manfredonia, attesta che del soldato Di Staso si sono perse le tracce dopo il combattimento avvenuto in Croazia tra il 12 e il 25 ottobre 1944.

SORTE non diversa deve essere occorsa agli altri comprovinciali di cui otto di Foggia, sei di Vieste, cinque di San Severo, quattro di Cerignola, tre di Ortanova, tre di Sannicandro Garganico, due ciascuno di San Marco in Lamis, di Serracapriola, di Torremaggiore, Vico del Gargano, uno ciascuno di Casalnuovo Monterotaro, di Lesina, di Panni, di Peschici, di sant’Agata di Puglia e persino uno di Tremiti.

UNA DRAMMATICA e dolorosa pagina delle Storia italiana cui la Capitanata ha dato un significativo contributo di italianità e di sangue.

  Michele Apollonio

 

 

 

 

 

 

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