Si riteneva, sperava, che la trattazione del progetto di illuminazione pubblica potesse in qualche modo influenzare le menti e riscaldare i cuori dei consiglieri comunali chiamati a decidere e illuminarli sul da farsi nel migliore dei modi tenendo presente l’interesse della città e dei cittadini. Ma così non è stato. L’occasione è valsa anzi a scavare ancora più in profondità l’abisso nel quale si dibatte la povera Manfredonia. Altro che l’illuminazione d’immenso del grande Ungaretti. Le cronache dei media hanno sciorinato gran parte di una vicenda politica-amministrativa raccapricciante, espressione di un governo cittadino allo sbando, che non riesce a trovare il bandolo di una matassa arruffata che peggio non si può. Pensate: un assessore che scrive e pubblica una lettera in cui lancia accuse pesantissime al suo sindaco e a quanti lo sostengono senza omettere, ma evidenziando gli intrighi che coinvolgono aziende intenzionate a mettere le mani su quel progetto; consiglieri comunali dello schieramento di maggioranza che nella foga di autodifendersi lanciano accuse pesanti a un dirigente comunale di lungo corso; consiglieri comunali di minoranza che abbandonano l’aula per non essere coinvolti in intrighi oscuri al limite probabilmente della legalità; la maggioranza che boccia col proprio voto il provvedimento che ha portato in aula consiliare dalla quale è trasmigrata di forza all’attenzione della Magistratura che ancora una volta è chiamata ad intervenire per sbrogliare incagli politici. Insomma il caos più completo nel quale brilla la luce solitaria ma decisa di Giuseppe Di Tullo, dirigente del settore opere pubbliche il quale si è dimesso dall’incarico il giorno dopo quella torbida assemblea consiliare: una coerente protesta per le accuse di cui è stato oggetto, che evoca valori obsoleti come “dignità”, “lealtà”, “disinteresse”. Una misura che dovrebbe essere considerata da altri componenti dell’allegra brigata della coalizione di maggioranza che siede a Palazzo San Domenico (per qualcuna è stata espressamente richiesta): il pasticcio dell’appalto del servizio della illuminazione pubblica e annessi con pubblicazione di delibera falsificata denunciata dalla opposizione; la perdurante assurda situazione di incertezza all’Ase con gravi ripercussioni sulla gestione rifiuti; il grave richiamo della Corte dei conti sulla mancata relazione sullo stato dei conti comunali anche in funzione del Piano di rientro finanziario, non sono che alcuni esempi dell’incapacità amministrativa di questa coalizione che siede in Municipio. È una civica amministrazione cui manca la logica del buon amministratore, che non sa orientarsi nella delicata e certamente non facile gestione di una città come Manfredonia abbondantemente disastrata ma vivaddio dotata di importanti risorse per aspirare a ben altra sorte; una civica amministrazione che si ritrova azzoppata di un assessore (il titolare il più votato di una lista Rotice) e di un dirigente di riferimento della tecnostruttura comunale. E, dulcis in fundo, una coalizione politica-amministrativa che invece di meditare sul da farsi litiga sul voto per la presidenza alla Provincia di Foggia. Il sindaco Rotice indispettito per non essere stato candidato a quella presidenza, ha contattato la Lega provocando la reazione di Forza Italia “tradita” da chi ha sostenuto e sostiene in consiglio comunale e in giunta. Si è allo sbando più completo.
di Michele Apollonio