Il lungo periodo di gestione politica della sinistra a Manfredonia ha lasciato tante opere pubbliche di cui la nostra città si fregia, ma anche un nefasto strascico di debiti e situazioni che vagano ancora nel limbo e di cui stranamente la giustizia non si è mai occupata come avrebbe dovuto, tra le quali la causa della rottura della combriccola del PD: la Gestione Tributi. Tre anni di commissariamento per Mafia, presumibilmente o accertatamente infiltrata nella macchina amministrativa (sinceramente non abbiamo ancora capito perché poi alla fine nessuno è stato condannato per questo reato, a parte l’incandidabilità di alcuni politici). Poi, la svolta. Alle elezioni di novembre 2021 vince la destra dopo oltre trent’anni di governo rosso. Manfredonia attendeva con ansia l’occasione di riscatto, l’opportunità di ricominciare a raccontarsi per quello che realmente è, una città dalle grandi opportunità inespresse. Dopo l’era covid ed un’amministrazione gestita nell’ordinaria amministrazione da uomini indicati dallo stato, doveva essere il momento di mostrare il meglio di sé, lo abbiamo atteso per un intero anno vissuto con questo nuovo governo che diceva di fare, garantiva attenzioni sui temi, ma che alla fine non ha mosso una foglia, anzi, non essendo del mestiere, non è stato in grado di cogliere le opportunità offerte dal mercato, facendosi surclassare, su diversi fronti, anche dai più piccoli comuni limitrofi. Un compito tutt’altro che facile quello del Sindaco Rotice che sapeva che avrebbe preso in mano un’azienda pubblica complessa e piena di debiti, con la disponibilità di spesa pari allo zero. L’epilogo del primo anno di gestione politica del centro-destra: la crisi con l’assessore ai lavori pubblici Avv. Angelo Salvemini che intravede e denuncia le storture nella gestione di un appalto per l’illuminazione, il riscaldamento e raffreddamento dei luoghi e palazzi pubblici. Un appalto da 31 milioni di euro. Salvemini non ci sta a chiudere gli occhi sulla complessa questione e Rotice lo solleva dal suo incarico. Non si è riusciti a creare empatia con i pochi dirigenti comunali che prendono le distanze da alcuni provvedimenti portati alla firma dalla politica, ritenuti anomali o illegittimi. Anche l’avv. Giuliana Galantino non ci sta nel portare avanti degli atti ritenuti faziosi, con la conseguenza di essere sollevata anche lei dal suo incarico di Segretario Generale. Lo scorso 2 febbraio, Salvemini indice una conferenza stampa in un gremitissimo Palazzo dei Celestini con l’intento di dettagliare, alla stampa ed alla città, tutte le questioni anomale vissute in quest’anno e denunciando alla Procura della Repubblica, anche i più stretti collaboratori del Sindaco, impiegati ed alloggiati nella casa comunale (a suo dire) illegittimamente. Rotice litiga perfino con il neo Onorevole Giandiego Gatta, artefice del cambio di colore epocale alla guida di palazzo San Domenico. Il prossimo consiglio comunale sarà la prova del nove che stabilirà la vita residua di questo governo. Le parole dell’Avv. Salvemini sono macigni che asfaltano Rotice e la sua giovane giunta che ha avuto la sua occasione gestita nel peggiore dei modi, fino ad oggi. E se qualcuno, più di uno, nelle file degli oppositori di questa giunta esulta per questa disfatta, che ha le sembianze di quella di Caporetto, molti altri cadono nello sconforto perché Manfredonia non può più sopportare la mancanza di una guida energica ed un minimo di stabilità politica. La città non merita tutto questo trambusto che distoglie energie che dovrebbero essere tutte concentrate verso la pianificazione e lo sviluppo per creare occupazione, servizi, economia. Manfredonia, continua a far parlare di sé, passando nel giro di pochi anni da città punto di forza e decisionale della politica della Capitanata a centro nevralgico di una politica confusa ed instabile continuando a fare notizia, ma come esempio da non imitare.
di Raffaele di Sabato