Domenica 22 Dicembre 2024

In odor di mafia

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L’AUSPICIO è che sia quella che don Basilio canta nel “Barbiere di Siviglia”, la celebre opera lirica di Gioachino Rossini, una calunnia. Ma i riscontri oggettivi ben definiti ormai nel contesto storico di Manfredonia, hanno superato lo stato di “auretta assai gentile” che “incomincia a sussurrar” per “piano piano, terra terra, sotto voce, sibilando, va scorrendo, va ronzando e le teste e i cervelli fa stordire, fa gonfiar”. E se non è conclamata come tuono e tempesta che “ti fa d’orror gelar”, poco ci manca.

IL TESTO di Cesare Sterbini ben si presta, parafrasandone il contesto operistico, a dare l’idea di quello che con sempre maggiore intensità e nitidezza, va configurandosi a Manfredonia. Vale a dire le prerogative caratteristiche proprie della mafia. A cominciare dal dato ben preciso e netto dello scioglimento dell’amministrazione comunale in carica al Comune di Manfredonia, per infiltrazioni mafiose, accompagnato dalla incandidabilità di sindaco, vicesindaco e un consigliere comunale, provvedimenti confermati nei tre gradi di giudizio, e da misure interdittive nei confronti di alcune attività commerciali in particolare legate al mondo della pesca. È di qualche giorno fa il “Protocollo di legalità” siglato dal Prefetto di Foggia Maurizio Valiante e dal Presidente dell’Autorità di sistema portuale Ugo Patroni Griffi

UN INTERVENTO dello Stato evidentemente adottato previe indagini di situazioni sulle quali pesa l’ombra dell’intervento della Magistratura. Pesante e in qualche modo esemplificativa della situazione di “mala gestio” riscontrata anche dalla Corte dei conti che ha imposto un ponderoso Piano di rientro finanziario che sta fortemente condizionando l’attività amministrativa comunale.

DUE ANNI di gestione commissariale straordinaria non sono riusciti ad imprimere quella sterzata che pur ci si aspettava. A “ripulire” l’ambiente. A eliminare quel fastidioso “odor” di mafia. La combattuta e tormentata campagna elettorale per dare alla città una amministrazione che sancisse una svolta virtuosa con l’esercizio delle buone pratiche, si è rivelata premonitrice di una compagine amministrativa ben lontana dalle attese. Oltre ad una aspra battaglia senza esclusione di colpi si sarebbe fatto ricorso a sostegni al di fuori del contesto politico. La vittoria al ballottaggio del sindaco Gianni Rotice sostenuta da una coalizione di liste civiche, è stata a lungo anche se inutilmente, contestata dalla opposizione.

SURREALE la presenza in consiglio comunale a supporto della maggioranza, un consigliere

che fa parte del lotto di denunciati dalla DDA a seguito dell’operazione antimafia “Omnia nostra” il cui processo è in corso. È pur vero che fino a quando non si esaurirà l’iter giudiziario, la legge gli consente di esercitare il suo diritto acquisito di sedere nell’assemblea consiliare: ignorando e travalicando così quei principi di chiarezza non solo etica ma anche politica. Il consigliere fa parte peraltro di quei ventisei manfredoniani alla sbarra implicati nell’operazione antimafia “Omnia nostra” sui quali gravano pesanti accuse di reati mafiosi. Un drappello che ha impressionato e preoccupato non poco la popolazione che vede in quel numero (ma sarebbe ben più consistente) una rete che si estenderebbe capillarmente sulla città e sulle sue attività.

TRA LE ALTRE situazioni emergenti, fa discutere quella personale del sindaco Rotice legato affettivamente alla sorella di un boss in carcere della mafia garganica. Nei giorni scorsi è intervenuta con dei post per respingere le accuse di un pentito e denunciare come «la questione assume aspetti ben più pericolosi». Chiede «di essere tutelata dalle istituzioni preposte rispetto alla sua incolumità e onorabilità. Il mio nome e quello di Gianni Rotice, confuso con quelli implicati in vicende delittuose e criminali, creano il pericolo dell’incolumità personale e dell’immagine pubblica e privata del Sindaco di Manfredonia».

DI MAFIA si parla apertamente a Manfredonia, sempre più citata come crocevia determinante della cosiddetta “quarta mafia garganica” e non solo per aver espresso fior di boss alcuni dei quali uccisi platealmente ed altri in carcere con gravi accuse. Una deriva mafiosa che “fa d’orror gelar” che condiziona più di quanto possa apparire quello sviluppo socio-economico-culturale per il quale il territorio è naturalmente vocato. Lo Stato è presente e attivo. Significativa è la demolizione del ristorante abusivamente costruito sulla scogliera cittadina a conclusione di una lunghissima, combattutissima disputa giudiziaria. Ma non basta. I cittadini reclamano, interventi mirati che riportino gli apparati governanti la città nelle condizioni di funzionare senza condizionamenti di sorta.

  Michele Apollonio

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