Mercoledì 13 Novembre 2024

Camere con vista sul Governo Meloni 

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Ancora pochi giorni e il Paese avrà un Governo. Lo guiderà Giorgia Meloni che ha già impacchettato, ancor prima di salire al Colle per vedersi conferire dal Presidente Mattarella l’incarico, la squadra dei ministri che poi è quella che gira ormai da giorni. Insomma tutto come previsto. Quel che forse fuoriesce dal copione prestampato sono le mosse a sorpresa, neanche tanto a dire il vero, di Silvio Berlusconi che prima sferra un improvviso colpo gobbo a La Russa, poi ricuce andando a Canossa dai Fratelli d’Italia non per chiedere scusa ma per negoziare sui ministeri con la Meloni che sta al gioco. Tutto finito? Ma neanche per sogno! E già, perché il giorno dopo la sua visita in via della Scrofa, Berlusconi cambia gioco lanciando una polpetta avvelenata all’intera coalizione del governo che sta per nascere. Lo fa annunciando, urbi et orbi, di aver ripreso i suoi contatti con un suo vecchio amico, quel Vladimir Putin impegnato ad incendiare l’Ucraina e minacciare il resto del mondo con l’arma nucleare. Gli alleati restano basiti per un’uscita così iperbolica che va ad adombrare la già precaria posizione atlantista della coalizione proprio mentre su Kiev si abbatte l’istinto belluino peggiore del nuovo Zar. E la corsa dei colonnelli a mettere una pezza su questa sortita al fulmicotone è molto imbarazzante, vista l’eco che sprigiona in tutt’Europa. Ecco, mi pare bastino questi scarabocchi tattici quanto anacronistici mandati in scena per dire che la squadra di governo sia partita con il piede sbagliato. In politica, questo il punto, non serve saper vincere ma soprattutto convincere. Vero è che già durante l’elezione dei presidenti di Camera e Senato si avvertiva il passo felpato del “fantasma dello sfascio” agitarsi oltre misura. Non a caso per eleggere La Russa è dovuto intervenire il soccorso rosso di una pattuglia di parlamentari di minoranza, pronta a dare ossigeno ad una maggioranza con il respiro evidentemente già troppo corto. Poi si aggiunge un’altra querelle di non poco conto parecchio intricata: l’incarico di Ministro Guardasigilli? Giorgia Meloni insiste per Nordio, Berlusconi per Casellati. È pur vero che questi stratagemmi hanno da sempre accompagnato la formazione dei governi di coalizione tutte le paste. È il gioco delle parti. Ma il quadro che va delineandosi appare subito con tinte molto fosche e questo per due elementari ragioni: il centrodestra ha stravinto le elezioni e quindi può, o meglio dovrebbe poter viaggiare senza temere il rischio di cadere in imboscate. Poi c’è l’altro dato che provoca un vantaggio in più ed è quello di avere tutte le minoranze divise, spaccate in tre tronconi. Adesso la domanda che si pone come nel mitico film di Ettore Scola è davvero molto semplice: riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso? Il mio pensiero è che sarà certo una ricerca difficile quanto infruttuosa, piena di un’angoscia perenne perché, fuor di metafora, Berlusconi difficilmente cambierà carattere negli anni, avendone peraltro già attraversati parecchi sempre con il medesimo temperamento, con quella sua spregiudicata quanto arguta vivacità che lo ha portato a stare in sella ancora oggi. E tuttavia è un problema che Giorgia Meloni farà bene a risolvere presto in un senso o nell’altro anche perché gli aggettivi e i sostantivi sussurrati da Berlusconi sul conto della premier in pectore non sembrano molto lusinghieri e danno netta la sensazione che entrambi siano già sul piede di guerra, a parte gli abbracci da copertina. A margine di tutto questo bisogna poi tener conto del quadro generale che viene velocemente in superficie, direi tutt’altro che edificante. Il centrodestra ha pensato bene di promuovere per la seconda carica dello Stato Ignazio Benito La Russa, figlio dell’ex segretario del partito nazionale fascista di Paternò. Indubbiamente un personaggio anche simpatico e di lunga esperienza ma anche con un pedigree che certifica, come dire, una tendenza tutt’altro che incline al dialogo, soprattutto per il ruolo oggi rivestito. Ma è alla Camera che le cose sono andate di male in peggio perché lì è stato eletto un presidente ancor più divisivo, Lorenzo Fontana, un politico leghista conservatore, oscurantista ed euroscettico, non distante dai profili di omofobia, grande fan di Orban e Le Pen. E il fatto che lo abbia chiamato il Pontefice per augurargli buon lavoro (ma sarà poi vero?) non sottrae dal dubbio che il Parlamento abbia scelto una persona priva delle caratteristiche che la funzione richiedeva e richiede. E intanto dalle nostre parti, tra festanti parlamentari eletti e partiti ancora impegnati a studiare il manuale della “strategia per i perplessi”, lentamente riprende la politica. È un fermento ancora lento, ma gli appuntamenti sono già in agenda. C’è il voto per Foggia, un capoluogo disastrato dalla “mala gestio” degli anni andati. Ma ancor prima si dovrà eleggere il nuovo presidente della Provincia, partita parecchio complicata in cui vorrebbe spendersi Gianni Rotice, sindaco di Manfredonia, rigeneratosi nel centrodestra. Per il centrosinistra e il movimento pentastellato è l’occasione più ghiotta per una rivincita e regolare vecchi conti. Un guanto di sfida che lancerà con molta probabilità Francesco Bonito, sindaco di Cerignola, cavallo di razza della bella politica.

di Micky dè Finis

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News · Politica · Venti ed Eventi

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