Si era speranzosamente pensato (nell’ambito strettamente politico-amministrativo ma anche in quello cittadino) che i punti posti all’ordine del giorno dell’ultimo consiglio comunale (3 ottobre scorso) per la loro valenza di interesse generale, potessero essere l’occasione per i due schieramenti cui sono affidate le sorti della città, di migliorare in senso di una fattiva collaborazione amministrativa e di una maggiore affabilità istituzionale. Una pia aspettativa andata delusa. Evaporata sin dal primo punto in discussione, un accapo del tutto ininfluente sulle strategie amministrative (ammesso che ce ne siano) quale la nomina dei due vice presidenti dell’assemblea. Figure del tutto rappresentative che entrano in scena occasionalmente e marginalmente. La minoranza si è fatta avanti a sollecitare un “ragionamento condiviso” che comportasse un voto unanime sui nomi da indicare. Una proposta sostenuta dall’intera minoranza sulla scorta del voto favorevole espresso per eleggere la presidente dell’assemblea, ma decisamente respinta dalla maggioranza e dallo stesso sindaco Rotice che non ha ritenuto l’argomento meritevole di considerazione condivisa. Il voto ha radicalizzato questa posizione. Niente condivisione, niente dialogo, niente partecipazione. Tutt’altro comportamento da quello celebrato nei discorsi del sindaco Rotice. Insomma una ennesima riprova che c’è differenza e distanza tra il dire e il fare. Di quel “cambiamento”, di quel “nuovo” tanto spiattellato in campagna elettorale ma anche in itinere, non vi è traccia. Si dirà che si tratta di una semplice votazione per delle figure supplenti, eppertanto non è il caso di farla tanto tragica. Il fatto è che sono proprio le cose semplici a rivelare la vera immagine e natura degli atti che si compiono. Era l’occasione per dare prova di quella apertura che una civica amministrazione, in quanto tale, “deve” dimostrare di saper esercitare. In questa semplice occasione, anche in questa, l’establishment ufficiale e non, accasato a Palazzo San Domenico ha dato prova di essere abbarbicato anche ai piccoli affidi (sia pure sottovoce è corsa la spiegazione secondo la quale la nomina di partito del “vice” era nei patti elettorali o su di lì). E se l’elezione dei vice può essere considerata, tutto sommato, una quisquilia (per dirla con Totò) ben più grave e densa di preoccupazioni che si proiettano nel futuro, è la situazione contabile-finanziaria del comune. Il punto portato in consiglio era riferito al bilancio consolidato dell’esercizio 2021, ma come è stato chiaramente spiegato ed evidenziato da Francesco Schiavone, i riverberi arrivano fino a giorni nostri e non sono niente affatto edificanti. I conti non tornano, ha affermato. Ma l’aspetto preoccupante è che non c’è stata da parte dell’amministrazione, dall’esecutivo ai consiglieri, uno straccio di riscontri esplicativi. Anche il sindaco ha detto di avere dei dubbi. E sia pure in forma privata, avrebbe chiesto…lumi e collaborazione al consigliere di minoranza.
di Michele Apollonio