Non si può continuare a rispondere alle emergenze solo in modo emergenziale. Non è un gioco di parole. Occorre una strategia ad ampio raggio, condivisa ed elaborata da tutti gli attori in campo: istituzioni, sindacato, associazioni e terzo settore”.
Mohammed Elmajdi, presidente dell’Anolf Puglia, l’Associazione Nazionale Oltre le Frontiere, ha le idee chiarissime su come vada corretta la rotta dell’azione politica nella lotta al caporalato, allo sfruttamento, alle illegalità e alla irregolarità contrattuale che ferisce da anni la terra della Capitanata. Qui, migliaia di lavoratori stranieri lavorano di giorno nei campi e nel tardo pomeriggio fanno ritorno nei ghetti, ovvero agglomerati abusivi di baracche ed alloggi di fortuna dove le condizioni di vita rappresentano la negazione di ogni concetto minimo di umanità.
“Nell’area della Capitanata il fenomeno ha assunto proporzioni drammatiche, con diverse migliaia di lavoratori prevalentemente subsahariani o dell’Est Europa, come bulgari e rumeni, che vivono durante tutto l’anno o in maniera stagionale in insediamenti con precarie condizioni igienico-sanitarie, senza accesso ai servizi di base e in violazione dei più basilari diritti umani – spiega Mohammed Elmajdi – Le condizioni di lavoro purtroppo sono caratterizzate da una violazione sistematica dei diritti dei lavoratori, con casi frequenti di sotto inquadramento, forme di dequalificazione professionale e omessa regolarizzazione dei rapporti dal punto di vista assicurativo e previdenziale, sino a forme di vero sfruttamento o addirittura di riduzione in schiavitù”.
I luoghi della non vita: i ghetti
In Capitanata si sono formati negli ultimi vent’anni numerosi insediamenti informali in cui dimorano cittadini comunitari ed extracomunitari attratti dal lavoro stagionale in agricoltura.
Oltre a quelli più noti per le tristi vicende di cronaca – non di rado l’incendio delle baracche provoca più di una vittima – come l’ex-pista dell’aeroporto militare di Borgo Mezzanone nel territorio di Manfredonia o il Gran Ghetto di Rignano in Località Antonacci nell’agro di San Severo, ci sono i ghetti di Borgo Tre Titoli, Borgo Libertà e Borgo Tressanti nell’agro di Cerignola, i numerosi insediamenti a Stornarella e le centinaia di casolari e poderi abbandonati sparsi sul territorio.
“In questi luoghi-non luoghi le organizzazioni del territorio stimano la presenza di più di 7000 persone migranti potenzialmente vittime di tratta e sfruttamento, numeri che in estate, durante il periodo della raccolta del pomodoro, aumentano vertiginosamente. I lavoratori stranieri sparsi sul territorio rappresentano una forza lavoro indispensabile per la tenuta dell’economia locale, ma sono persone che vivono in condizioni di estrema precarietà, senza acqua, senza servizi igienici, senza luce e servizi sociosanitari”.
È il popolo degli invisibili, se prendiamo quale riferimento le coordinate della normale convivenza civile, un popolo di migliaia tra uomini e donne che vivono ai margini, senza poter aspirare a forme di integrazioni reali. Spesso l’inclusione è solo nelle aspettative, ma non si traduce in realtà e questo apre spazi enormi al caporalato e allo sfruttamento.
“Purtroppo, gli stessi luoghi e gli alloggi di fortuna sono di fatto invisibili, sono situati nel cuore delle campagne e sono conosciuti solo dagli abitanti, dalle forze dell’ordine, dalle organizzazioni del terzo settore o dalle organizzazioni umanitarie e sindacali. Ma gli abitanti dei centri urbani hanno solo una vaga percezione della realtà che dista a poca distanza. È una situazione che potrebbe essere interpretata come un disinteressamento, ma anche come una mancanza di interazione tra le due comunità. Tutto questo definisce i confini non solo fisici ma anche culturali, perché ciò che è dell’autoctono è dell’autoctono ed altro è dell’abitante del Ghetto. Questa demarcazione delle sfere di vita afferma la gerarchizzazione della cittadinanza, distinguendo in cittadini di primo rango e cittadini di secondo rango”.
I limiti delle politiche migratorie nonostante le leggi
Accanto al mero fenomeno migratorio, quindi, c’è una serie di emergenze, di mancanze e di cortocircuiti creatisi nel corso del tempo.
Che le politiche migratorie abbiano dimostrato più di una pecca è sotto gli occhi di tutti, indipendentemente dalla gestione di un Governo rispetto ad un altro, e che le organizzazioni attive nei processi di accoglienza e gestione abbiamo dimostrato tanti limiti, è altrettanto evidente.
In tutto questo, il sindacato si è mosso e si muove con particolare rigore. Da sempre ha la possibilità di monitorare da vicino la situazione reale essendo a fianco ai lavoratori e potendo conoscere e comprendere le realtà vicine ad una fetta particolare di lavoratori.
Come la Cisl, che avendo nella sua mission la persona al centro e come percorso la dignità del lavoro, opera secondo queste coordinate.
Proprio chi fa sindacato attivo provando ad intercettare le istanze dei lavori, i bisogni della gente e gli input provenienti dal territorio sa bene che lo sfruttamento lavorativo nella provincia di Foggia è una piaga dolorosa, nonostante il tentativo delle politiche di contrasto, nazionali e locali, ormai decennali. La situazione appare complessa come lo è la sua soluzione che è soggetta alla necessaria collaborazione tra le istituzioni locali, le associazioni datoriali e le rappresentanze sindacali. Nell’ultimo decennio sono state molte le iniziative politiche e gli interventi per il contrasto al fenomeno e per la promozione di buone pratiche. Una tra tutte è la legge nazionale n.199 del 2016, che ha inteso contrastare il fenomeno del caporalato attraverso una sostanziale modifica del quadro di sanzioni penali e con una maggiore tutela dei lavoratori sfruttati nel settore agricolo. Così come positiva è l’istituzione della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità che prevede l’ottenimento, da parte delle aziende agricole che ne fanno richiesta e che possano dimostrare di essere virtuose in termini di rispetto delle regole salariali e contributive, di una certificazione di ‘qualità etica’.
A livello pugliese, la legge regionale 28 del 2006 ha identificato degli indici di congruità che devono essere rispettati per partecipare a bandi o gare regionali e per beneficiare dei contributi economici.
‘Libera la Terra’
Quello che va compreso è che la Capitanata sta vivendo una sorta di “californizzazione” e non si tratta più di un fenomeno legato al lavoro stagionale.
Per poter risolvere il problema bisogna intervenire sui fattori stessi che favoriscono la nascita dei ghetti ed occorre predisporre una politica di popolamento nazionale.
Come è evidenziato nel progetto ‘Libera la Terra’ dell’Anolf pugliese ‘In passato, come oggi, sono state avanzate diverse proposte: foresterie, ripopolamento dei comuni che soffrono lo spopolamento, popolamento dei borghi. Le foresterie sono ideali per l’emergenza, ma devono essere transitorie… Realizzare, ad esempio, una cittadella a Borgo Mezzanone potrebbe essere considerata una vera e propria segregazione… È necessario, poi, che gli abitanti degli insediamenti informali della provincia abbiano accesso ai servizi locali e sociali’.
L’azione sindacale e le ‘alleanze’
All’interno di questo quadro si muove la Cisl con la sua attività di sostegno e servizio.
Ad esempio, ‘Diritti in Movimento’ è l’iniziativa messa in campo da FAI Cisl e sempre Anolf per permettere ad un numero di braccianti regolari di raggiungere il posto di lavoro dal campo di residenza, senza dover ricorrere al servizio dei caporali. Il nome stesso rende l’idea che con il trasporto si è provato a fornire sia un supporto informativo sulla natura del contratto oggetto della prestazione lavorativa, sia la consulenza legale per eliminare irregolarità e sfruttamento.
O, ancora, quel ‘Camper della Dignità’ che offre anche assistenza sanitaria sistematica nei ghetti.
Soprattutto si è tentato e si tenta di fornire strumenti per non fare sentire soli i lavoratori nell’opposizione alle angherie dei caporali. È un’azione di contrasto al caporalato che si regge su iniziative singole, non di sistema. Ecco perché è diventato imprescindibile approntare una strategia di collaborazione tra enti, istituzioni e sindacati, altrimenti si andrà avanti per tentativi o, per dirla come Mohammed Elmajdi, con ‘iniziative emergenziali per superare l’emergenza’.
Carla Costantino, segretario generale della Cisl di Foggia, è molto chiara: “Il pragmatismo favorisce la nostra volontà di proporre un impegno sindacale per una azione fattibile e concreta. Noi ribadiamo da tempo la necessità che gli sforzi di tutti ruotino intorno alla elaborazione di un ‘Modello Foggia’, realizzabile attraverso quel ‘Patto per la Capitanata’ che abbiamo avuto la convinzione di proporre sin dal 2020, riallacciandoci alla proposta nazionale dell’organizzazione sulla necessità di un ‘Patto Sociale’ per il Paese. Senza ombra di dubbio, la ‘conditio sine qua non’ per la sua realizzazione è quella strada che suggeriamo da tempo, ossia la collaborazione, la sinergia e la coesione di tutti gli attori della comunità. In una parola, rafforzando il concetto di rete, bisogna siglare delle alleanze per il territorio. Tra l’altro – continua Costantino – auspichiamo da tempo l’apertura di un tavolo di confronto per affrontare strategicamente le cause del caporalato ed applicare interventi di contrasto. I ghetti e le migliaia di lavoratori stranieri che si offrono a tutto e creano terreno fertile per i caporali non sono i soli tasselli che compongono il mosaico, perché sono gli stessi valori della filiera ad essere squilibrati con un alto costo per la coltivazione e la produzione dei prodotti ed un costo al ribasso per la vendita. Chi è costretto in questo imbuto per forza di cose riduce il costo del lavoro, riducendo anche la sicurezza. La provincia di Foggia è terra di eccellenze alimentari, eppure sconta la mancanza di un sistema efficace della produzione agricola e della sua trasformazione, che sia in grado di poggiare su un sano e moderno processo di fattibilità dell’agroindustria. Ecco perché è necessario che si azionino tutti i meccanismi di una reale tutela del valore dei prodotti di qualità, è fondamentale che si recuperi la spendibilità di tale valore ed è necessario che tutti gli attori, ossia istituzioni, enti, forze sociali, associazioni di categorie, forze datoriali e associazioni complessivamente producano un miglioramento organizzativo della filiera dell’agroalimentare, dell’ortofrutta, della viticultura e dell’olivicoltura in particolare”.
E Donato Di Lella, segretario generale della FAI Cisl di Foggia, aggiunge: “Nella Provincia di Foggia, l’incrocio tra offerta e domanda del lavoro agricolo, spesso si effettua al di fuori dei canali predisposti. Le aziende agricole, per soddisfare il fabbisogno, purtroppo seguono il sistema del caporalato, o il passaparola, o la semplice conoscenza. Ecco perché le organizzazioni datoriali e quelle sindacali devono intraprendere un confronto più serrato per migliorare le condizioni lavorative. Gli stessi enti pubblici in collaborazione con le organizzazioni sindacali e quelle del terzo settore possono promuovere campagne di sensibilizzazione, alfabetizzazione o progetti di sindacalizzazione”.
La rete integrata
Verrebbe facile pensare che l’inasprimento dei controlli, sia negli insediamenti e sia presso le aziende, possa aiutare nel contrasto al caporalato. Questo è vero solo in parte. L’Ispettorato del Lavoro è presente, certo un potenziamento del personale preposto potrebbe aumentare l’efficacia dell’azione, ma la realtà è così frastagliata, composita e complessa che gli interventi devono essere generali e concentrici.
Appare chiaro, quindi, che al franare di molte azioni delle politiche migratorie istituzionali, si possa sopperire solo con una svolta sostanziosa e sostanziale nella metodologia dell’intervento e negli obiettivi.
In ultima analisi, ai lavoratori stranieri va dedicato un programma di intervento istituzionale – concordato e concertato con le forze sociali, le realtà di rappresentanza aziendale, gli enti del terzo settore e le espressioni religiose – che sia in grado di garantire, nel pieno rispetto della legalità: accoglienza, lavoro regolare, alloggi nel tessuto urbano dei centri, servizi, integrazione sociale e inclusione reale. La Capitanata si avvia ad essere una comunità multietnica e multirazziale e in questo aspetto deve trovare un motivo di crescita, di sicurezza pubblica e di sviluppo.
Raffaele Castriotta [*] Consigliere d’Amministrazione della Fondazione Prof. Massimo D’Antona
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