No, Enrico, non è stata colpa di Conte. La sconfitta è dovuta ai gravi errori del PD. Abbiamo perso per aver identificato il partito con il governo Draghi e la sua agenda, per la mancata alleanza con il M5stelle, per l’assenza di una nostra proposta di governo chiara e comprensibile, per non aver saputo rappresentare il disagio profondo presente nelle nostre periferie, per la scelta sbagliata di affidare al sistema di potere presente in molti territori la responsabilità della composizione delle liste dei nostri candidati, immaginando che quello potesse essere il modo giusto per raccogliere voti.
Se vogliamo ripartire veramente, sono questi gli errori da non commettere più. Serve una rifondazione, una fase costituente per un partito nuovo e rigenerato. Stavolta non saranno sufficienti un congresso ordinario e un nuovo segretario. Il partito deve sciogliere definitivamente alcuni nodi rinviati per troppo tempo: chi siamo, cosa vogliamo rappresentare, con quale identità. Serve un partito con un orizzonte chiaro, che metta finalmente al centro della sua proposta il lavoro, la tutela dei più deboli, la lotta alle diseguaglianze sociali e per i diritti per tutti. Solo così si può fermare il populismo e l’antipolitica. Non c’è più spazio per il moderatismo e il governo a tutti i costi. Servono scelte radicali. Diversamente, i passaggi politici complicati che saremo chiamati ad affrontare nei prossimi mesi rischiano di essere esiziali per il Partito Democratico.