Domenica 22 Dicembre 2024

ANIC: La storia infinita di un disastro annunciato

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Il 26 settembre di 46 anni fa, alle 9:40 circa, un gravissimo incidente verificatosi presso lo Stabilimento petrolchimico ANIC-SCD di Macchia, in tenimento di Monte S. Angelo, ma a meno di un chilometro da Manfredonia, sconvolge la tranquilla popolazione ancora assonnata. La causa: il cedimento da corrosione dovuto a stress provoca lo scoppio della colonna di assorbimento di anidride carbonica. L’esplosione provoca il distacco della parte terminale della colonna (circa 12 metri) con la fuoriuscita, secondo il Consiglio di fabbrica, da 30 a 32 t di anidride arseniosa, specificando che la colonna saltata in aria alla sommità ne conteneva ben 60 t. Il materiale ferroso sparso per un raggio di oltre 300 metri danneggia notevolmente gli impianti circostanti, in particolare un capannone di cemento armato, sfondandolo. Catastrofica, invece, l’enorme nube di anidride arseniosa sprigionatasi dopo lo scoppio, alta oltre 200 metri dispersa nell’atmosfera, poi depositatasi sul suolo per un raggio di oltre due chilometri. Sarebbe un eufemismo affermare che l’incidente avrebbe potuto assumere proporzioni ancor più catastrofiche se quel giorno fosse stato lavorativo. Fortunatamente era domenica. Anni dopo, il 17 maggio 1984, un violento incendio divampa nel magazzino insacco del caprolattame, materiale molto infiammabile. Altro grave pericolo per i residenti nella zona Monticchio, ad est della città. Pericolo scongiurato per il pronto intervento della squadra antincendio e dei Vigili del fuoco. Per non parlare di altri incidenti verificatisi nel tempo. Questo, in sintesi, il prologo di un disastro annunciato abbattutosi sulla nostra città che, nel tempo, oltre ad aver provocato morte e distruzione, ha cambiato radicalmente l’orografia dell’intero territorio. La causa, la bramosia di quella politica che pur di rimanere in sella ha consentito all’industria chimica di distruggere un territorio che meritava ben altra sorte. Addirittura, dopo la chiusura dello stabilimento, senza peraltro aver provveduto alla bonifica totale dell’area, si é consentito l’insediamento di altre industrie. Nel tempo, pur alternandosi i musicanti e i direttori d’orchestra, la musica non è cambiata. Pur consapevoli dello stato di salute della piana, i nostri bravi e solerti politici, invece di concentrarsi sulla riqualificazione ambientale delle aree non ancora completamente bonificate avallano progetti per l’ex zona industriale di Macchia, a pochi metri da Manfredonia: impianti di trattamento dei rifiuti, della plastica e trasformazione di pneumatici in disuso a livello regionale e nazionale. In cantiere il poco noto progetto della Seasif Holding per la lavorazione della bentonite e per la selezione dei materiali di scarto delle miniere e degli scavi marini, che probabilmente ha più una funzione di attrarre finanziamenti per la ristrutturazione di opere pubbliche. Progetti poco noti alla collettività che chiede maggiore informazione e chiarezza per non incorrere nei soliti errori di errate scelte di destinazione del nostro territorio. È il nefasto fardello che da 46 anni ci portiamo dietro senza che nessuno abbia alzato un dito nel concreto e che abbia portato un minimo risultato. Solo chiacchiere e tanti soldi pubblici “sperperati” per bonificare quell’area. Il 25 settembre siamo chiamati alle urne per eleggere i nostri rappresentanti in Parlamento. L’unica speranza è riposta in loro augurandoci che almeno per una volta facciano l’esame di coscienza impegnandosi al massimo perché al nostro territorio venga finalmente restituita la sua vera vocazione e alla popolazione la tanto agognata tranquillità.

di Matteo di Sabato

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