Dal mese di settembre sono ripartite le campagne di scavo nelle zone archeologiche della nostra zona: Grotta Scaloria, Coppa Nevigata e Siponto. Gli scavi, portati avanti da Università e Istituti di ricerca privati nazionali, hanno una grande importanza, in quanto permettono di approfondire le conoscenze relative ai vari insediamenti nel nostro territorio, a partire dalla frequentazione neolitica di Grotta Scaloria e Grotta di Occhiopinto, attraverso l’insediamento fortificato dell’Età del
Bronzo a Coppa Nevigata, fino all’antica Sipontum. Sabato 17 settembre scorso si è tenuto un incontro per presentare alla cittadinanza i risultati delle ricerche fino ad ora effettuate nei tre siti. Abbiamo sentito la dott.ssa Eugenia Isetti che dal 2013 dirige gli scavi di Grotta Scaloria e le abbiamo chiesto di raccontarci gli sviluppi degli scavi in questo sito. Grotta Scaloria è uno dei più importanti siti neolitici del Mediterraneo frequentato dai primi agricoltori tra il settimo e il terzo millennio prima di Cristo. In questo sito si praticava uno straordinario culto delle acque: splendidi vasi dipinti collocati nei punti di maggiore stillicidio raccoglievano l’acqua della terra in un periodo in cui forse questo bene prezioso stava diventando sempre più raro in tutto il Tavoliere. Gente da questo territorio e da aree anche molto lontane veniva qui per praticarlo e seppellire i propri morti. La scoperta più importante degli ultimi anni è stata l’individuazione e la ricostruzione dell’antico ingresso della grotta. Infatti, Grotta Scaloria non si apre sul fianco di una montagna ma direttamente sulla piana fra il Gargano e il mare e quindi nel corso del tempo il suo accesso è stato completamente nascosto da crolli e riempito da terreno alluvionale. “Lo scavo di quest’ anno – riferisce la dott.ssa Isetti – ha portato nuovi e straordinari risultati. In un anfratto davanti all’ingresso, tra un grande masso di crollo della volta e la grotta stessa, abbiamo portato alla luce quella che si può probabilmente considerare una sorta di tomba di famiglia dell’età del Rame datata all’incirca al 3000 avanti Cristo. In questa sepoltura collettiva sono stati rinvenuti i resti di almeno tre individui adulti ed un bambino di cui sono stati ritrovati i dentini da latte. Eccezionale è anche la scoperta dei resti di un cane forse sepolto assieme a uno dei suoi padroni. La presenza degli antropologi ha anche permesso di individuare sulle ossa degli inumati oltre che la loro età numerose patologie come un devastante ascesso all’altezza dei molari e una rarissima particolarità genetica che permette di ipotizzare una stretta parentela fra due dei defunti”. L’equipe di scavo è composta oltre che dai membri dello IIAS anche da volontari del Gruppo speleologico Città di Manfredonia, studenti e specializzandi dell’Università di Foggia e di Genova. Gli scavi sono stati condotti grazie alla collaborazione anche sul campo della Dott.ssa Donatella Pian della Soprintendenza di Foggia, responsabile del territorio. I risultati sono stati veramente notevoli, nonostante le limitate risorse a disposizione dell’Istituto. “Infatti, continua la dott.ssa Isetti – per proseguire le ricerche sarà necessario attivare una campagna di ricerca fondi che speriamo possa contare sulla disponibilità di enti sia privati che pubblici”. Adesso ci sarà lo studio dei rinvenimenti, con la datazione per mezzo del metodo del Carbonio 14. A questa fase importante e delicata della ricerca parteciperanno anche le università di Cambridge e della Sapienza di Roma.
di Mariantonietta Di Sabato