Ad oltre cinquant’anni dall’avvio dell’ex petrolchimico Anic nuovi scenari di sviluppo si schiudono per il comprensorio di Manfredonia-Monte Sant’Angelo, tra le aree meglio attrezzate e promettenti dell’intera Capitanata. Campo di indirizzi varati sin dalla stagione dell’intervento straordinario, oggi questo territorio assiste nuovamente alla retorica e alle speranze che hanno accompagnato l’avvio dell’industrializzazione pubblica, seguita dall’altrettanto enfatizzato Contratto d’Area che avrebbe dovuto (e potuto) ridarle grande slancio sul piano produttivo ed occupazionale.
E’ l’ennesima occasione, forse irripetibile, quella legata al Pnrr e alla Zes per rilanciare in via definitiva un territorio che nel bene o nel male ha assistito a una modernizzazione che mai si è rivelata compiuta, a giudicare dalle ricadute socio-economiche che alla lunga si sono rivelate inferiori rispetto alle attese.
Non faremo oggi un riepilogo delle opportunità sprecate, né rievocheremo le vicissitudini ambientali e sociali che hanno palesato un modello di sviluppo scevro dal rispetto delle vocazioni naturali e della salute pubblica. Sembra però opportuno avanzare alcune riflessioni o proposte al fine di non ricadere negli errori commessi e cogliere l’ennesima opportunità per avviare un deciso decollo del comprensorio e dell’annessa Provincia-regione. Sono considerazioni le cui risposte avrebbero forse in parte risolto alcune criticità della contrattazione decentrata, ma che oggi si ripropongono in misura ancora più stringente dato i tempi relativamente brevi a disposizione. Ritenere, del resto, che gli innovativi strumenti siano la panacea delle problematiche attuali sarebbe un grave errore di valutazione e si rischierebbe colpevolmente di porle in secondo piano.
La nuova disciplina della Zona Economica Speciale difficilmente dovrà assecondare gli “appetiti” di incauti investitori che presentano progetti avulsi dall’avvio o consolidamento di filiere agroalimentari e agroindustriali in linea con quelle della Capitanata e al cui supporto si appresta la riqualificazione del porto industriale. Ben vengano i nuovi insediamenti produttivi, purché rispettosi della salute e di quella sicurezza ambientale su cui dovrebbe imperare la massima attenzione delle preposte istituzioni a cominciare dalle rispettive Amministrazioni comunali. Tante volte in un recente passato sono stati ipotizzati progetti di smaltimento o riciclaggio a ridosso dell’abitato di Manfredonia, ma con quali garanzie di tutela, sicurezza e trasparenza dei piani d’investimento anche sotto il profilo occupazionale? Su questi aspetti la comunità locale ha dato prova di un’accresciuta sensibilità e fermezza e pertanto sarebbe superficiale non tenerne conto, persino in una logica concertativa con la collettività montanara. Se mancasse una volontà di sintesi sui nuovi impianti, prevarrebbero ancora deleteri localismi senza alcuna visione unitaria e coesa; e ciò al netto dell’atteso completamento dei lavori di bonifica nel sito dell’ex Enichem Agricoltura.
Ci sarebbe anche da chiedersi anche sul come e sul quando la Giunta guidata da Rotice saprà finalmente implementare le infrastrutture nei siti industriali comunali già previste ai tempi del Contratto d’Area, ma poi inesorabilmente sfumate per vari disguidi o lassismo. Pare ovvio che una buona attrattività delle aziende italiane o estere passa anche attraverso la fornitura di adeguati servizi e a costi medi ragionevoli, che al momento sono pressoché carenti.
E poi c’è l’insidioso e talvolta sottaciuto rischio delle infiltrazioni malavitose, specie ora che la semplificazione e la ridotta tempistica delle autorizzazioni – grazie allo “Sportello unico digitale” – rischia di allentare le maglie di un controllo preventivo su sedicenti imprenditori interessati a profitti illeciti. Anche sotto questo profilo, saranno sufficienti le garanzie di ordine e legalità dalle forze dell’ordine, della magistratura nonché la stessa vigilanza critica degli Enti e delle comunità locali? Se un contesto ambientale “sano” non riuscisse a configurarsi tra i migliori fattori ubicazionali i flussi di risorse ed incentivi non riuscirebbero da solo a favorire la permanenza di imprese virtuose, a meno che non lo diventino in senso metaforicamente perverso.
Ma non c’è solo la Zes. Riguardo agli enunciati progetti del Piano nazionale di rilancio e resilienza, è lecito auspicare – a fronte di alcune inesperienze – che le competenze tecniche e la governance dell’apposito staff messo in piedi dalla locale Amministrazione comunale diano prova di buona capacità e intraprendenza. Naturalmente è in ballo anche per l’attuale gruppo dirigente una grande sfida da affrontare con spirito di squadra e in un’ottica dialogante con la Città, purché si mettano al bando pressapochismo, calcoli politico-clientelari o interessi di parte di cui precedenti sciatterie hanno già dato una miserevole dimostrazione.
A tale proposito, non sarebbe un’operazione trasparente quella di indire da qui a qualche tempo una specifica conferenza per illustrare lo “stato dell’arte” circa il numero o le tipologie di progetti ed aziende che avrebbero inoltrato formali richieste, recependo nel caso talune istanze delle varie categorie sociali e produttive? Una maggiore partecipazione e condivisione della cittadinanza sarebbe sotto questo profilo un ottimo espediente per pianificare lo sviluppo del paese in un tessuto sociale “accogliente”, al riparo da indifferenza, diffidenza o eventuali tensioni sociali.
Infin, dato la grande chance dei prossimi insediamenti, sono forse anche mature le condizioni per avvalersi dell’ausilio, quantomeno nel capoluogo dauno, di un apposito centro-studi che faccia da supporto tecnico-scientifico alla presenza delle attività produttive: attento, per esempio, all’analisi delle dinamiche macro e microeconomiche, al monitoraggio dell’andamento delle imprese o alla individuazione di nuovi potenziali mercati. Oltretutto, è anche sulla base di dati statistici ed econometrici, oltre al coordinamento degli Enti preposti, che è doveroso pianificare il futuro di una Provincia che ambisce a ricoprire grazie alla nuova di politica economica un rafforzato ruolo strategico e di “cerniera” con le limitrofe aree regionali.
Grossolanamente esposte, non nutriamo la pretesa di aver esaurito con le presenti osservazioni (forse anche banali) gli intricati nodi sul tappeto, che sono tanti e tra i più svariati. Già fornire puntuali risposte a quelli menzionati sarebbe un passo in avanti verso l’orizzonte di una crescita armonica ed auto-propulsiva del vasto territorio, a fronte di superate decisioni “dall’alto”.
Domenico Di Nuovo