Ai consumatori i rincari, alla GDO i profitti aggiuntivi, gli allevamenti rischiano di chiudere
“Il prezzo del latte salirà a due euro al litro. Non sono solo voci, dunque, ma esiste il serio e reale rischio che il costo per il consumatore finale (e non per i nostri allevatori) possa davvero arrivare sugli scaffali a due euro”. E’ quanto ha dichiarato Giuseppe De Noia, presidente di CIA Agricoltori Italiani Levante (Bari e Bat), esprimendo forte preoccupazione.
“Ormai l’agricoltura è sotto assedio e stiamo subendo una serie di rincari incontrollati in tutti i settori produttivi del nostro comparto, compreso il settore zootecnico, rendendo di fatto insostenibile la capacità produttiva dei nostri allevatori. Da tempo – ha ricordato De Noia – chiediamo soluzioni concrete e immediate. Non possiamo mettere a repentaglio l’economia primaria portata avanti, nel tempo, con tanti sacrifici e con un potenziale occupazionale consistente”.
Quando si parla di filiera zootecnica, non si deve partire dal consumatore finale, ma dalla stalla, dai nostri allevamenti e allevatori, e solo successivamente arrivare al mercato.
“Non possiamo avere una filiera che schiaccia chi produce la materia prima e, come al solito, arricchisce esclusivamente la distribuzione commerciale”, ha aggiunto il referente provinciale dell’area zootecnica, Francesco Bianco. “Esiste un gap non più sostenibile, che mette a serio rischio la tenuta di centinaia e centinaia di aziende zootecniche. Non possiamo tollerare un prezzo finale del latte che viaggia a quota due euro al consumatore finale e avere alla stalla un prezzo che oscilla da 0,42 euro a 0,48: una forbice che mortifica gli attori principali della filiera. Siamo preoccupati – ha detto Bianco – per un’eventuale previsione di contrazione del consumo del latte, che andrebbe a creare ulteriori problemi, anche di natura alimentare, perché consapevolmente tutti conosciamo i benefici alimentari di questo prodotto. Ancora una volta, alla soglia delle imminenti consultazioni elettorali politiche per il rinnovo del Parlamento Italiano, facciamo un accorato appello, affinché si intervenga in modo deciso, e che la politica responsabilmente si faccia carico del disagio che sta vivendo tutto il sistema agroalimentare provinciale e regionale, assumendosene la responsabilità economica e sociale, perché se viene meno il sistema produttivo agroalimentare, verrà meno la tenuta sociale dei nostri territori. Non si può rimanere inermi di fronte alla chiusura di alcune stalle, non esistendo più una convenienza produttiva, dovuta, tra i tanti rincari, anche al folle rialzo dei prezzi dei mangimi”.
I DATI. Il comparto lattiero-caseario pugliese conta oltre 2mila aziende con vacche e bufale, circa 3mila con ovini e caprini da latte. In questo particolare settore, la maggioranza delle imprese si concentra nelle province di Bari e Taranto. Nel Foggiano e nel Barese si concentra la maggiore presenza di allevamenti ovicaprini. Il numero di capi allevati si attesta attorno ai 70mila per bovini e bufalini, mentre registra oltre 300mila ovicaprini. In Puglia, c’è un aumento delle dimensioni medie d’impresa, ma è ancora insufficiente se paragonato alla media nazionale. Per quanto riguarda le bufale, è la provincia di Foggia a detenere il primato pugliese. Sono circa 200 le unità di trasformazione e raccolta del latte in tutta la Puglia. Particolarmente rilevante su base regionale, nel complesso, è la diffusione di caseifici privati, mentre molto lavoro c’è da fare per accrescere il numero delle cooperative dedicate alla raccolta e alla lavorazione del latte. A differenza del comparto olivicolo, quello lattiero-caseario vede una scarsa presenza di Organizzazioni dei produttori.