Giovedì 21 Novembre 2024

La lucida follia di Luigi de Magistris 

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Faceva un caldo che davvero toglieva il respiro ma quando ha iniziato a parlare a Foggia a Parco Città lui, Luigi de Magistris, al secolo il sindaco più longevo della storia di Napoli, l’aria si è fatta come d’incanto leggera. Non lo vedevo da anni, pur avendo seguito ed apprezzato sempre quel suo passo deciso, puntualmente fuori dal coro in quest’Italia spampanata ed arruffona. Nel presentare il suo ultimo libro, un racconto senza veli sugli oltre dieci anni del suo impegno per la Città più bella e più difficile del mondo, ho avvertito una forte sensazione di come sia confortante sapere che ci siano ancora persone così, vere, autentiche, votate al bene comune e pur consapevoli di quanto sia irta di difficoltà la strada del cambiamento. Lui ci ha provato e ci è riuscito! In dieci anni ha capovolto Napoli dalle viscere, riportando una voglia di vivere il presente che sarà difficile replicare perché di uomini così, ce ne sono purtroppo pochi. Anche il nuovo sindaco, Manfredi, è certamente una brava persona, preparata ma al tempo stesso patinata, senza quella capacità di trasmettere il farmaco migliore che serve quando si governa una città problematica come Napoli. Quel farmaco si chiama entusiasmo e si somministra stando in mezzo alla gente, come ha fatto de Magistris nei suoi dieci anni, giorno dopo giorno. Lo avevo visto all’opera in diverse occasioni per via delle mie funzioni sindacali per la dirigenza di quella Città meravigliosa. I miei colleghi, ricordo, erano fieri di lavorare con lui, di avere un sindaco così, sempre sul pezzo. Da Pino Cozzolino a Maurizio Marsico, tutti giudizi lusinghieri. Capii subito di che tempra era fatto, perché la sua capacità migliore, direi unica per un politico, era quella di saper ascoltare per poi decidere. Rivederlo oggi, sentirlo parlare della sua città, dell’Italia, delle tante cose belle che ci sono da fare e della tante cose che non ancora si riesce a buttar via, mi ha trasferito l’idea che la speranza di un paese migliore non è poi una leggenda metropolitana. Ma bisogna buttarsi dentro la mischia per sentirne il respiro. In quel libro, 150 pagine che si leggono tutte d’un fiato, dove sono riprese come in album le foto che hanno suggellato una storia irripetibile, c’è tutto intero il sentimento che scandisce una storia italiana andata a buon fine, dove un giovanissimo magistrato decide un giorno di candidarsi sindaco, contro tutto e contro tutti, fuori da ogni convenzione, irriverente e impertinente ma sempre testardamente convinto di voler cambiare le cose in una città, la sua Napoli, quella metropoli che prima di lui veniva definita “la sintesi dei mali del Sud”. “Attraverso Napoli” (Marotta&Cafiero Editori presso la Scugnizzeria) non è però il solito libro scritto per dar sfogo a un narcisismo di maniera di cui non v’è traccia. È un piccolo diario scritto con il cuore, con una passione civica che ho trovato antica e moderna, piena di amarezze e di gioia, di dolori e di successi vissuti durante il percorso di un uomo che non si è mai voluto piegare ai poteri forti, ai giochi di palazzo, uno che ha avuto la forza di sfidare se stesso e i luoghi comuni per urlare tutta la voglia di voltare pagina, che non tutto è impossibile, a patto che ci si creda, che si abbia la forza di andare sino in fondo, ad ogni costo. Lui, magistrato quasi per scelta genetica, come il padre e il nonno, ha lasciato quell’impegno in cui pure ha creduto e dato molto, per abbracciarne un altro. Quello della politica di servizio per la gente, per le istituzioni in cui ha sempre creduto fermamente nonostante gli sgarri ricevuti da alcuni mandarini. Questo suo nuovo cammino è appena cominciato. In vero lo ha già testato in Calabria dove alle regionali ha raccolto, battendo tutte le contrade con uno zainetto in spalla, il 17 per cento dei consensi, roba da non credere e ancor più difficile da compiersi in quella terra dolorante come la Capitanata, dove i poteri criminogeni hanno un peso specifico, come la stessa presenza del magistrato antimafia Marco Gambardella, amico di de Magistris, testimonia. Si commuove quando parla di Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla Stidda ad Agrigento, oggi venerato come Beato e Martire dalla Chiesta Cattolica. Fu assassinato il 21 settembre del 1990, in una scarpata ad Agrigento ma trovò il tempo di guardare i suoi killer in faccia e gridare “Picciotti, cosa vi ho fatto”. Aveva 37 anni. de Magistris, 55 anni ben portati, continua dunque per la sua strada. Più che un nuovo corso è una ripartenza che non farà da solo. “Sarà un’aggregazione di gente comune, semplice, democratica, pacifista, ambientalista che vuole restituire dignità alla politica e al Parlamento”, dice con un disincanto che descrive una serenità d’animo che è la sua vera forza, quella di un visionario. Ora quel “pazzo per Napoli” esporta la sua lucida follia dalle nostre parti. E Dio sa quanto ne abbia bisogno questa terra.

di Micky dè Finis

Articolo presente in:
News · Venti ed Eventi

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