LA PROLUNGATA siccità ha prosciugato gran parte dei corsi d’acqua immaginabile e on facendo emergere scenari lunari. Aree fino a qualche mese fa rigogliose di verde si sono trasformate in lande desolate. Il colore dominante è il giallo paglia. Piangono gli agricoltori che vedono svanire una annata di raccolto, piangono gli allevatori che vedono patire gli animali. C’è chi è stato costretto a vendere decine di capi per evitare di doverli abbattere. E’ una fetta notevole e pregiata di economia che se ne va e il futuro, cioè domani è nelle mani di Dio.
IL RITIRO delle acque dai letti dei fiumi come il Carapelle, il Cervaro, lo stesso Candelaro, ha messo a nudo un mondo sommerso di cui si aveva poca o niente affatto conoscenza. I fondali ormai essiccati hanno messo in mostra un campionario di rifiuti variegato e incredibile. <C’è di tutto: suppellettili di ogni genere, mobilia, lavatrici e così via dicendo. Abbiamo scoperto persino le carcasse di automobili evidentemente rubate e cannibalizzate. Uno spettacolo impressionante> a parlare è “il difensore ambientale” come è definito Giuseppe Marasco, comandante degli intraprendenti ispettori ambientali volontari “Civilis” che battono costantemente il territorio segnalando le cose che non vanno. <Negli alvei dei fiumi di Capitanata ormai privi dell’acqua è depositato di tutto e di più, testimonianza di un modo di fare di quanti si affacciano sui corsi d’acqua, a ritenerli delle pattumiere raccogli tutto. E’ un obbrobrio>.
NON si sottraggono a questo scenario desolante, le antiche e rinomate “zone umide sipontine”, ultimo retaggio di habitat primordiale equilibratore naturale ambientali, riferimento tradizionale per uccelli migratori. Centinaia di ettari di laguna ridotti a sporadici acquitrini peraltro ammorbati da incendi che hanno bruciato quelle poche parvenze di piante rimaste. In qualche modo tiene il Lago salso sia pure anch’esso ridotto ai minimi termini. Ma qui oltre che le avverse condizioni climatiche, pesano e da tempo, una certa incuria nel curare gli argini della laguna e il sempre risicato afflusso delle acque che vengono essenzialmente dal Roncone, un ramo del fiume Cervaro. La profondità dell’acqua è scesa anche al di sotto del mezzo metro. L’insabbiamento è continuo e notevole. Anche l’estensione della laguna si è ridotta. Dei circa mille ettari che formano l’Oasi lago salso, solo la metà è laguna. Ed è la parte rimanente dei primitivi circa quattromila ettari della laguna Arpi. Se non si ricorrerà ai ripari ed anche con sollecitudine, il rischio è di perdere un patrimonio naturalistico di grande pregio, un’Oasi per l’appunto da offrire al ristoro degli occhi e del cuore, gran riferimento per ammirare le numerose specie di volatili che abitano la laguna in forma stanziale o per una pausa nei voli migratori.
OLTRE che per gli effetti avversi naturali, la disponibilità di quell’habitat straordinario è condizionata da dispute anche giudiziarie fra più contendenti che ne reclamano la gestione.
Michele Apollonio
Io sono del parere che è meglio che i nostri pseudofiumi, che alla fine non sono altro che torrenti cresciutelli, siano nella situazione di siccità almeno così non scaricano liquami e immondizia varia nel mare!