I promotori dovrebbero farsi qualche domanda sull’opportunità di averlo richiesto. E non ce l’ho tanto con i Radicali, che da sempre si battono per obiettivi condivisibili nella
maggior parte dei casi (mancano due quesiti referendari su cannabis ed eutanasia legale, bocciati dalla “Consulta”, per i quali ero assolutamente favorevole).
Più che altro ce l’ho con il Senatore Matteo Salvini che, dopo mesi di gazebo per la raccolta firme, ha fatto richiedere il referendum per i cinque quesiti tramite nove consigli regionali di centro destra, perché si temeva di non raggiungere il numero di firme occorrente, di fatto, togliendo a questo referendum sulla giustizia il rango dell’iniziativa popolare. Ma il tema vero è che il “referendum” viene usato troppo spesso per porre rimedio all’incapacità del Parlamento di legiferare, per meri interessi di bottega.
In questioni molto tecniche, sono le “Camere” a doversi assumere la responsabilità di redigere leggi che vadano a regolamentare le questioni controverse o, comunque, di interesse civico. Anche perché, spesso, i cittadini non si sentono coinvolti dalla tipologia dei referendum previsti nell’ordinamento italiano – che ricordo sono abrogativi, consultivi, costituzionali e territoriali. Manca il referendum ‘propositivo’ che, opportunamente calibrato e controllato sulle tematiche da affrontare, renderebbe i cittadini molto più partecipi ed interessati alla consultazione e li riavvicinerebbe ad una politica da cui si stanno allontanando sempre di più, specie dopo il flop del sogno pentastellato (sulle cui cause ci sarebbe da fare un enorme esame approfondito).
Con il referendum propositivo i cittadini si sentirebbero, pertanto, chiamati a “decidere qualcosa”, trattandosi di un evidente strumento di democrazia diretta, col quale essi potrebbero, letteralmente, sostituirsi al legislatore, sostenendo e promuovendo iniziative concrete. In conclusione, abbiamo buttato circa 400 milioni di euro in un momento dove mancano
risorse per diversi settori della collettività, i cui problemi di sopravvivenza non possono più essere procrastinati.
E la cosa, per me, inaccettabile è che un mio emendamento al D.L. AIUTI, che proponeva un tetto di 70 centesimi, al prezzo del gasolio per agricoltura e pesca, è stato riformulato, perché sarebbe costato circa due miliardi di euro.
Antonio Tasso
Vice Presidente Gruppo Misto
Capogruppo MAIE