“Possiamo avere i porti più infrastrutturati del mondo, ma se non ci sono merci da movimentare saranno il deserto». Con queste parole, pesanti quanto un macigno, il prof. Ugo Patroni Griffi, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale ha bacchettato, quanti, ognuno per le proprie competenze e responsabilità, nulla hanno fatto fino ad oggi per rendere operativo un provvidenziale strumento legislativo: le Zone Economiche Speciali (ZES), approvato con D.L. 20/6/2017 e successive modificazioni, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, rivolto alle imprese già operative o di nuovo insediamento le quali possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Chiaro il riferimento, il Porto di Manfredonia, un tempo definito l’emporio della Capitanata, oggi negletto, dovuto alla insipienza di quei politici che nel tempo, non hanno avuto la lungimiranza di pervenire allo sfruttamento delle sue vere potenzialità, lasciandolo languire su livelli di sussistenza. Però si è voluto a tutti i costi portare l’industria chimica (EniChem), con annesso il porto alti fondali. Quest’ultimo costato alla collettività ben 5 miliardi di lire, solo per tangenti elargite a profusione. senza che i responsabili avessero pagato per l’impresa criminosa. Un fallimento su tutti i fronti, che ha provocato solo morte e distruzione di un vasto territorio destinato ad attività turistiche. Per non parlare dei famigerati Contratti d’Area, altro disastro ambientale. Si è consentito di allocare altre industrie, pur esse inquinanti senza, peraltro, aver provveduto a bonificare il vasto territorio prima occupato dall’ex EniChem. “Ciò nonostante, sostiene a gran voce Patroni Griffi, Manfredonia ha le carte in regola per riavviare un processo di sviluppo innovativo integrato. Per non dire dei vantaggi fiscali. Ma occorre muoversi, la corsa ai cospicui fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è cominciata da un pezzo. In loco non si hanno riscontri di alcun genere, solo qualche accenno indefinito nella sostanza e nei tempi”. Ancora una volta l’insipienza dei politici è dirompente. Non si è ancora compreso che, in tempi passati, il nostro porto ha avuto una straordinaria importanza strategica, sia per i traffici mercantili che passeggeri. A quegli ottusi che continuano a girarsi dall’altra parte, vogliamo ricordare che il porto di Manfredonia, per la sua posizione geografica è il miglior rifugio per le navi sorprese dalla bora, anche perché il Golfo omonimo è facilmente riconoscibile a qualunque distanza, grazie al massiccio del Gargano.Il portolano inglese lo segnala come unico punto di sicurezza contro la bora e nel 1866, dopo la battaglia di Lissa, le nostre navi da guerra che non furono in grado di entrare nel Porto di Ancona per la violenza della bora, vennero a sbarcare i feriti a Manfredonia. Ragion per cui, con Legge del 16.1.1881, n. 3216, fu dichiarato porto di rifugio e classificato di Ia Cat. dal R. D. 30.7.1895, n. 3629. Dal punto di vista commerciale, la Legge del 1885 lo classificò di 3a Cl., 2a, Cat. Lo scalo di Manfredonia, fino al 1876, occupò uno dei primi posti tra i Porti adriatici, per il notevole tonnellaggio di cereali che in esso veniva imbarcato. Successivamente, per la trascuratezza di uomini e per ignavia dei passati Governi, il suo movimento è andato man mano diminuendo, perché premuto da Nord e da Sud dalla concorrenza di Porti di altre province, meglio sostenuti e convenientemente attrezzati con opere d’arte di banchinamento e l’allacciamento delle banchine agli scali ferroviari, elementi di vitale importanza per lo sviluppo e il sempre crescente incremento di un porto. Purtuttavia, il Porto di Manfredonia restava solo scalo di speciale importanza non destinato a perire per essere l’unico sbocco al mare di una provincia ricca per la produttività della sua terra, per dominare un retroterra di notevolissima estensione. Dalle statistiche ufficiali si evince dunque come il suo movimento cresce in modo esponenziale .Nonostante il divieto della navigazione, durante lo stesso periodo bellico è stato l’unico porto dell’Adriatico che ha continuato a lavorare, perché solo attraverso il porto di Manfredonia è stato possibile approvvigionare i paesi garganici privi di altre comunicazioni e si sono potuti trasportare i materiali per il costruendo porto militare di Varano. Dal punto di vista strategico è uno dei più importanti Porti dell’Adriatico, trovandosi di fronte alle Bocche di Cattaro, delle quali la Jugoslavia pensò di realizzare una base marittima militare contro di noi. Il porto di Manfredonia ha un hinterland vastissimo, perché dista appena 36 chilometri dal centro ferroviario di Foggia e domina quindi anche le province di Benevento, Avellino e parte della Basilicata, più di quanto non possono sulle stesse influire altri Porti del basso Adriatico. Lo prova il fatto che molte ditte commerciali delle citate province ritiravano le loro merci provenienti dall’opposta sponda, come legname, carbone, concimi, animali, legnami, coloniali ecc. attraverso il Porto di Manfredonia. Ciò nonostante, del tutto irrilevanti le somme erogate dal Governo dal 1862 al 1914, per l’incremento e attrezzatura del Porto di Manfredonia. Dal 1888 al 1889. £. 353.358; con Legge 25.2.1900, n. 56, furono assegnate, in secondo appalto in dodici anni £. 500.000; nel 1907, con la legge Gianturco, fu concessa la somma di £ 1.270.000, riportata di anno in anno fino al maggio 1914. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, non si ebbe più nulla. Solo nel 1922 il Governo riprese ad erogare somme, del resto ritenute irrisorie, diluite in sette anni per la esecuzione dei seguenti lavori: 1) Prolungamento m. 120 Molo di Levante, – 6.3.1924, £. 700.000. 2) Ripristino scogliera esterna Molo di Levante,- 10.12.1926, £. 300.000. 3) Costruzione scogliera a Levante e Ponente – 3.1.1927, £. 150.000. 4) Allungamento 2° tratto Molo di Levante – 17.4.1929, £.550.000. Per quanto attiene i natanti che costituivano la flottiglia di Manfredonia, ecco poi alcuni interessanti dati statistici: Velieri da tramco, n. 40; battelli da pesca a vela, n. 450; motopescherecci, 15; barche da pesca a vela (dette paranze), n. 10. L’auspicio del Governo era che il naviglio aumentasse. D’altra parte, da considerare che l’incremento del numero delle navi era direttamente proporzionato alla sicurezza offerta dalla struttura del porto, in quanto, il timore di disastri marittimi rifuggiva dall’investire capitali per la costruzione di altri natanti. Ecco poi il movimento del traffico del 1928: Velieri in arrivo nel Porto di Manfredonia, n. 892; piroscafi, n. 214; velieri in partenza dal Porto di Manfredonia, n. 896; piroscafi, n. 214; merce di sbarco nel 1928 nel porto di Manfredonia, t. 18.368; mentre d’imbarco nel 1929, t.. 11.674, per un totale di 30.040.t. Passeggeri di sbarco n. 4.438; di imbarco 3.856. Totale 8.294. Gli introiti della R. Dogana di Manfredonia nel 1928: £ 1.058.237,70. Da tenere in debito conto che il Porto di Manfredonia essendo l’unico scalo della Provincia di Foggia, con una costa di 175 km., a giusta ragione, é stato chiamato il Porto della Capitanata. Da non dimenticare la potenzialità produttiva della nostra Provincia che ha aperta una sola via sul mare e questa non può non essere proporzionata alle sue necessità. In complesso i prodotti della nostra provincia raggiungono un valore annuale di 675 milioni di olio; 3.266.000 piante di ulivo; superficie are 22.429, media della resa complessiva: q. 51.000. Vino 27.000 ha di terreno di vigneto con una produzione complessiva di circa hl 42.500. Lana: il Tavoliere ha circa un milione di pecore con una produzione di lana di circa q. 14.000; formaggio di pecore, vacche e capre, q. 63.000; agrumi: 250.000 piante; si esportano circa q. 40.000 di pomodori, una produzione di circa q. 20.000; gran parte viene spedita all’estero in barattoli. Produzione orticoltura: superficie: are 1.157, cavoli, cetrioli e patate q. 86.444, esportati per via mare circa 7.000 q. Produzione granaria 1928: superficie seminata ha.178.486, con una produzione di q. 3.033.100. Oltremodo emblematici i precedenti storici e i dati statistici risalenti ad oltre un secolo fa, dai quali appare molto evidente l’importanza strategica e commerciale del Porto di Manfredonia e la necessità sempre più pressante e inderogabile di opportuni e massicci finanziamenti perché vengano eseguiti con fervore e ritmo incessante i lavori di sistemazione del porto di Manfredonia. Per cui, non lasciamoci sfuggire questa ghiotta occasione . I soldi ci sono, cerchiamo di utilizzarli al meglio, Un accorato invito quindi, a quanti hanno a cuore lo sviluppo di questo nostro tanto martoriato territorio, in particolare alla classe produttrice della Capitanata, perché si traduca in pratica quel sogno che rincorriamo da secoli, restituire al Porto di Manfredonia il suo antico splendore e farlo tornare ad essere l’Emporio della Capitanata.
Matteo di Sabato