non è un progetto, non è un piano strategico di comunicazione, non è un evento.
è un dalle 20 alle 21.30.
Succede al Teatro Comunale Lucio Dalla di #Manfredonia.
Dopo aver ricevuto dei messaggi da parte di alcuni ragazzi che chiedevano cosa stesse accadendo con un certo senso di paura e di smarrimento, abbiamo pensato che potevamo fare soltanto una cosa nell’immediato, creare uno spazio in cui ritrovarsi e lasciare che ciascuno potesse mettere parola pensata.
Noi non siamo geopolitici, né sociologi, né psicologi.
Siamo però adulti che si relazionano con le nuove generazioni attraverso la pratica artistica e così abbiamo pensato di mettere a loro disposizione uno spazio, sapendo che molti di loro considerano quel teatro il . Come fosse casa.
Così ogni sera il teatro viene aperto, le luci accese, sia in presenza che collegati da diverse parti d’Italia, ci si ritrova in quel teatro. E se c’è un’attività, si utilizza lo stretto spazio del foyer.
Ci si incontra ogni sera, qualche volta in 10, qualche volta in 20, qualche volta in 5, qualcuno si connette da Bologna, da Torino o Milano, sia dalle proprie camere che dalle cucine con tutti gli
abitanti della casa, o magari da una sala studio aperta fino a tarda sera.
Cosa succede poi?
È quello il , avere certamente un bisogno di ritrovarsi, forse cercare di capire assieme cosa sta accadendo e cosa abbiamo dimenticato o dato per scontato in questi anni.
La guerra spaventa ma dopo due anni di Pandemia il desiderio di non pensare, non occuparsi, non drammatizzare è forte.
Noi siamo prevalentemente in ascolto e al servizio: stanno elaborando delle domande, cose che vorrebbero comprendere meglio e ci occuperemo di invitare qualcuno che abbia più strumenti di noi per rispondere.