Domenica 24 Novembre 2024

L’impegno di Salvatore Castrignano per il lavoro e lo sviluppo di Manfredonia e del nostro territorio

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È possibile oggi ripensarsi come comunità e come semplici cittadini, studiando e ricercando nel passato, nella memoria rivissuta, un senso e una forza propositiva che diano valore e prospettiva al presente e al futuro della nostra città e del nostro territorio, anche alla luce dei tanti incentivi oggi presenti, motivati e spinti dalle risorse del PNRR e dalla proposizione di varie iniziative industriali che prevedono soprattutto l’utilizzo delle aree e delle infrastrutture esistenti?

 

Sì, lo ritengo utile se non necessario; perciò, nel ricordare l’amico e compagno Salvatore Castrignano, morto il 21 marzo 2018, voglio rifarmi e prendere spunto dai tanti insegnamenti, riflessioni, iniziative di studio, di lotta e di partecipazione sociale da lui attivate e promosse.

 

IL LAVORO: MEZZO PER ARRIVARE ALLA GIUSTIZIA SOCIALE

Salvatore Castrignano, nel suo impegno sindacale, politico, sociale e culturale, è stato ispirato e guidato dalla pratica e dall’ETICA DEL LAVORO, incorporandone gli ideali di giustizia sociale e la spinta al cambiamento. “Prima di tutto viene il lavoro, senza il lavoro non ci sono diritti né welfare che tenga, né c’è crescita personale, né ruolo sociale o futuro, tanto più per i giovani e la stessa società”. Il lavoro, diceva Castrignano, è “mezzo per arrivare alla giustizia sociale, presupposto di una vita dignitosa e di uno sviluppo territoriale condiviso. Il lavoro è un mezzo per migliorare la vita di tutti, e va sempre contemperato nelle sue finalità produttive rispettando la sicurezza, l’equilibrio e la tutela ambientale, l’integrità del patrimonio naturalistico, le vocazioni del territorio”. Al centro, quindi, della sua azione vi era il lavoro come occasione fondamentale di crescita personale e collettiva, letteralmente fonte materiale di vita, strumento unico, soprattutto in quei tempi, per emanciparsi e migliorare le condizioni economiche e, contemporaneamente, come valore che dà dignità all’essere umano.

 

A tal fine, mi rifaccio ai convegni di studio da lui promossi come Presidente Provinciale, dal 2010, dell’associazione Lavoro&Welfare, alla sua testimonianza scritta e alle sue riflessioni e documentazioni presenti nel suo libro “Bandiere e Primavere”, da considerare il suo testamento politico.

 

NESSUNO ERA SOLO, NÉ DOVEVA RIMANERE SOLO

Manfredonia, negli anni 70 e 80, vive una fase di crescita economica e forte partecipazione sociale attiva, una fase di profonda trasformazione politica e sociale nel generale contesto nazionale di conseguimento di nuovi diritti, soprattutto da parte del movimento operaio, sotto la spinta delle organizzazioni sindacali e politiche che ad esso si ispiravano e lo rappresentavano. A partire dalle lotte sindacali per inverare sempre più e meglio la Costituzione Italiana, laddove viene esplicitato che “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” e che “è diritto del lavoratore avere una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa”, dalla conquista e attuazione dello STATUTO DEI LAVORATORI, dalla forza politica del PCI, che nel 1976 raggiunge il suo massimo risultato elettorale.

 

Manfredonia in quegli anni è una comunità attiva ad ogni livello, e Salvatore Castrignano, nel suo ruolo di dirigente sindacale, mobilita e organizza i lavoratori per rivendicare e ottenere migliori condizioni economiche e di vita sui luoghi di lavoro e nella città, contribuendo a dare una prospettiva propositiva all’intera comunità. Le lotte sindacali e sociali non sono solo mezzi per migliorare le proprie personali condizioni, ma anche per il miglioramento della collettività, promuovendo giustizia sociale; quelle lotte e quella partecipazione sociale attiva sono anche strumenti di coesione e di solidarietà sociale, hanno un valore progressivo, di unità e non di rottura. Si costruisce un legame sempre più forte tra lavoratori, legame che tuttavia non resta chiuso e confinato, ma si apre e si trasferisce all’intera comunità, manifestandosi come cittadinanza attiva, viva e partecipe e, proprio per questo, in grado di trasformare l’esistente diviso in un mondo più unito e più uguale. Nessuno era solo, né doveva rimanere solo.

 

IL LAVORO NON È SOLO DA RIVENDICARE, MA È DA COSTRUIRE

 

Nella sua azione sindacale, politica, sociale e culturale, Salvatore Castrignano si interfaccia continuamente con l’Università e i Centri Studi, con le Amministrazioni locali, provinciali e regionali, per studiare e proporre meccanismi, processi e progetti di sviluppo territoriale, interagendo continuamente con le associazioni degli imprenditori, artigiani, commercianti e piccole imprese. Il lavoro non è, quindi, solo da rivendicare, ma è, anche e soprattutto, da costruire e promuovere con tutti i soggetti, pubblici e privati, che nell’insieme creano le condizioni dello sviluppo. La sua è una visione aperta del mondo del lavoro nel suo complesso, in cui il lavoro autonomo e quello del piccolo imprenditore locale, che opera personalmente nell’azienda rischiando risorse proprie, ha anch’esso un profondo valore progressivo. Molto dipendeva, e dipende, da come il datore di lavoro, l’imprenditore, intendeva e praticava il proprio ruolo dentro l’impresa e fuori nella società.

 

Non è casuale che nel suo libro Salvatore Castrignano riconosce a molti imprenditori locali un ruolo propulsivo e dinamico, anche se a volte con caratteristiche di iniziale chiusura, un mondo imprenditoriale che ha saputo essere elemento di progresso e di sviluppo per il nostro territorio. Sono tanti gli episodi da lui vissuti e raccontati in cui spicca questo ruolo propulsivo degli imprenditori locali: Petrangelo, Di Gennaro, Picardi, Egidio e tanti altri, i quali hanno validamente promosso attività economiche legate alle risorse e vocazioni del nostro territorio.

 

Possono essere costoro esempi per dare oggi più sviluppo sano e coerente alla nostra città? Ritengo di sì, specialmente se ne viene approfondita l’azione e il significato. In tal modo ci colleghiamo con la questione centrale che, a mio parere, è presente oggi nel nostro territorio: ogni iniziativa economica, ogni ipotesi di sviluppo, richiede necessariamente una visione lunga e organica del futuro della nostra città, Manfredonia, nel contesto garganico, provinciale e regionale, da acquisire attraverso studi e analisi approfondite e confronti collegiali di tutti i soggetti che vi operano.

 

DUE VICENDE INDUSTRIALI: AJINOMOTO E ANIC-ENICHEM

 

Un aspetto particolarmente significativo e attuale del suo impegno e riflessione riguarda due vicende industriali, l’Ajinomoto e l’ANIC-Enichem, nei cui confronti Castrignano rileva: “L’industria nel nostro territorio nasce prevalentemente da iniziative imprenditoriali esterne che, pur dando lavoro, tendevano a rimanere estranee al tessuto sociale produttivo esistente”.

 

La cultura industriale è dunque rimasta lontana e distaccata dalla cittadinanza; addirittura, nel secondo caso, tale estraneità si è progressivamente trasformata in avversione, sempre più forte nel momento in cui si sono fatti evidenti in maniera assoluta i danni all’ambiente e alla salute dell’Enichem e, quindi, la sua incompatibilità con il tessuto sociale esistente e con la prospettiva di vita e di sviluppo della città.

 

Da qui, due semplici considerazioni che, a mio parere, sono oggi un patrimonio della coscienza e della cultura cittadina:

  • la prima è che un insediamento industriale estraneo alle esigenze, alle risorse, alle vocazioni e alle caratteristiche specifiche del nostro tessuto sociale e ambientale è destinato a produrre danni e povertà nel medio e lungo termine, anche se nell’immediato può portare un po’ di occupazione e di ricchezza;
  • la seconda è che “la salute non è tutto, ma senza la salute il tutto è niente”; questo messaggio, scritto su alcuni muri a Taranto, è stato incorporato dalla cittadinanza manfredoniana e pone oggi più che mai con forza la necessità improcrastinabile della bonifica piena, completa, corretta dell’area ex Enichem e dintorni, dato che, in tal senso, l’Enichem non è morta, non è andata via, il suo danno è permanente e persistente.

 

Infatti, come risulta dai dati comunicati da Eni Rewind e sul sito del Ministero, solo in parte e solo in superficie l’area ex Enichem è stata bonificata: l’area del SIN di Manfredonia comprende complessivamente quasi 216 ettari, di cui solo 28 ettari (tra i 96 di proprietà di ENI) sono stati bonificati. Perciò solo il 18% circa del terreno dell’area SIN è stato interessato da bonifica, e su gran parte dell’area SIN non si fa niente e non è stato fatto nessun monitoraggio. Inoltre, non si sa quando avrà termine la bonifica delle falde, e Eni Rewind non ritiene necessario il monitoraggio e la bonifica del fronte mare.

 

NON SI POSSONO INSEDIARE ATTIVITÀ INDUSTRIALI INQUINANTI E PERICOLOSE, CHE AGGRAVANO ANCOR PIÙ LA SITUAZIONE ESISTENTE

 

Queste analisi e considerazioni sono oggi più che attuali, dato che si vorrebbero riproporre insediamenti industriali che ricordano un passato disastroso, aggiungendosi ad un presente già fortemente compromesso, quali sono l’impianto per il trattamento della plastica e l’impianto di lavorazione di bentonite e di terre rare che la Seasif vuole insediare nell’area retroportuale, oppure la stessa richiesta fatta da Eni Rewind di sub-ingresso nella concessione demaniale marittima al fine di rimettere in esercizio i vecchi serbatoi per acido solforico e ammoniaca in favore del terminal Geochem (Seasif); tutto questo avviene senza alcuna partecipazione degli organismi rappresentativi della città, o addirittura sopra la testa della cittadinanza stessa, poiché a decidere sono essenzialmente due organismi tecnici, l’Autorità Portuale e l’ASI.

 

Senza considerare la gravissima questione dell’impianto Energas, tuttora drammaticamente riaperta. Al riguardo, furono particolarmente significative le iniziative di sensibilizzazione e di lotta promosse dall’Associazione Lavoro&Welfare guidata da Salvatore Castrignano contro l’insediamento di Energas, dalla raccolta di firme alla costituzione di un coordinamento cittadino con ben 42 associazioni, alla richiesta di un referendum poi svoltosi con la vittoria schiacciante del “No” all’Energas.

 

A tal fine, l’impegno e le parole di Salvatore Castrignano per il “No” all’Energas assumono un valore esemplare, perché sono parole di lotta molto attuali e contemporaneamente indicano e prospettano una visione del futuro della città: “Quando sono in gioco, oltre alla tutela del patrimonio naturalistico, la sicurezza dei cittadini e la dignitosa autodeterminazione di una comunità, attivarsi è un dovere civico irrinunciabile”. Occorre, perciò, “rifiutare fermamente ogni iniziativa industriale che non sia in linea con le autentiche vocazioni del nostro territorio e della nostra economia. Le speranze di rinascita della nostra terra si chiamano turismo e cultura, pesca, artigianato, agroalimentare, funzionalità delle infrastrutture e dei servizi, manifatturiero coerente con le vocazioni del territorio”.

 

Salvatore Castrignano così concludeva le sue riflessioni: “Il mondo del lavoro, fatto di forze sociali, di imprenditoria locale, di competenze professionali, è chiamato a dare prova di una propria visione, a riprendersi il ruolo centrale nella programmazione dello sviluppo locale, con lungimiranza e operosità, uscendo da una condizione di passività che favorisce speculazioni e scelte inadatte”. Altrettanto deve fare chi svolge un ruolo dirigenziale rappresentativo o istituzionale nella città, in un rapporto stretto e continuativo con la cittadinanza.

 

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE INFRASTRUTTURE PER UN SANO SVILUPPO

Salvatore Castrignano aveva chiaramente evidenziato in più occasioni il fatto che le infrastrutture materiali e immateriali presenti sul nostro territorio sono una risorsa fondamentale per lo sviluppo di Manfredonia e dell’intera Capitanata, sono un tesoro e un patrimonio, forse unico, nel panorama pugliese. Questo patrimonio, però, non va sprecato, né messo al servizio di chicchessia o concesso ad iniziative economiche estranee al contesto e che già di per sé hanno un impatto negativo sull’ambiente, ma va consapevolmente utilizzato per uno sviluppo sano, prevalentemente autonomo e autopropulsivo, valorizzando risorse e vocazioni territoriali, altrimenti, come nel passato, avremo un po’ più di ricchezza immediata ma un aumento di povertà nel futuro.

È dunque necessario riprendere il valore del procedere coeso e comunitario, non lasciando la città disorientata e in decadimento mentre assistiamo ad un ristagno sociale e valoriale, ad una sorta di smobilitazione del senso di appartenenza, della coesione e della solidarietà, e si è tutti un po’ più soli, critici, non partecipanti e non propositivi, disimpegnati e a volte indifferenti verso ingiustizie e disuguaglianze.

In questo senso l’insegnamento di Salvatore Castrignano offre una risposta, apre ad una possibilità per riprendere nelle nostre mani, attraverso forme di impegno e partecipazione personale e collettiva, il destino dello sviluppo del nostro territorio. Ripensare e rivivere il passato per dare senso e forza al presente, senza infossare lo sguardo nella sabbia, ma alzandolo verso l’orizzonte, il passato come motivo di speranza e luce per il presente, che appare spesso buio e triste.

 

Silvio Cavicchia

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