Una sconfitta della politica? Tutt’altro,credo che mai come in questa volta abbia prevalso una saggezza impensabile alla vigilia del voto che sancisce il ritorno al Colle di un uomo destinato a passare alla storia come un presidente virtuoso, un padre per tutti gli italiani perché la sua è ormai una leggenda, scritta da quel giorno in cui venne chiamato a servire la politica per la tragedia che travolse la sua famiglia con il feroce assassinio del fratello Piersanti ad opera della mafia. La rielezione di Sergio Mattarella ci consegna dunque una nuova speranza e al tempo stesso infligge una sonora lezione a chi, in maniera miope, ha giocato anche con piglio balordo con le Istituzioni tentando di barattare gli egoismi di bottega con il bene comune in una fase delicatissima per il Paese. Pur forte di una maggioranza relativa, il centrodestra realizza un capolavoro che ha dell’incredibile, bruciando nomi su nomi, massacrando la presidente del Senato che abbiamo visto lì, seduta a contare le sue schede insieme a quelle dei franchi tiratori nascosti tra le sue stesse fila impegnati ad onorare il compito di impallinarla, consumato grottescamente e senza sconti. Uno spettacolo difficile la dimenticare. Per il centrodestra è una requiem ! Implode malamente per aver il commesso il grave errore di affidare le trattative a Matteo Salvini, rivelatosi ancora una volta inadeguato ad affrontare un percorso che richiedeva ben altre capacità che non le sue improvvide uscite mediatiche, buone ad acchiappare i gonzi. Siamo al naufragio di una compagine fanfarona e spampanata che porta nella pelle i geni di una pochezza intrisa di contraddizioni. Silvio Berlusconi intuisce in tempo lo scenario e, buon per lui, sgancia il traino aprendo la via alla soluzione che il Parlamento, nella sua solennità, aveva già reclamato ed ispirato nelle urne degli scrutini precedenti a quello finale che poi eleggerà il tredicesimo Presidente della Repubblica. E gli altri ? Al grande sconfitto Matteo Salvini si affiancano in ordine sparso Giuseppe Conte e Giorgia Meloni. Il primo, autore smascherato del tentativo di una operazione maliarda mirata a ricomporre un asse giallo verde, la seconda capace di isolare i suoi Fratelli da tutto e da tutti, come se la storia corrente avesse bisogno ancora di una seconda Salò. E Mattarella, e Draghi ? Due giganti di fronte a tanti nani e ballerine, visto il fallimento di apparati riconoscibili solo in un circo, lontani anni luce dall’idea di indirizzare, guidare parlamentari che alla fine trovano riparo sotto il nome di Mattarella. Mi auguro che nel centrosinistra ci si guardi bene dal ritenere il risultato come una vittoria perché i fatti non nascondono le difficoltà di questa formazione a reggere l’urto di un cambiamento che è iniziato ma si è inceppato sul nascere perché senza una riforma del sistema elettorale in chiave proporzionale le cose non si modificheranno mai, questo il punto. In vero era forte – si è visto anche questo – la tentazione di piazzare al Colle Draghi che certo non disdegnava di cambiar Palazzo. E tuttavia, al netto delle cose, lui rimane l’uomo forte, colui che riuscì ad imporre la politica monetaria espansiva vincendo i tanti veti incrociati, su tutti quello della potente Germania. Non a caso la sua influenza, discreta e scientifica, è stata determinante nella partita del Quirinale perché la nostra democrazia rappresentativa, siamo seri, è andata ormai in emergenza. Adesso si apre una fase nuova con una lunga campagna elettorale che durerà più di un anno. In sei giorni una Roma assolata ha fatto da scenario allo scontro tra le due maggiori coalizioni andate in rotta di collisione con la compagine di governo. Prova ne sia che quando Salvini lancia il nome della Belloni quasi a voler dire che i giochi erano fatti, scatta la trappola infernale che porta il Pd a vincere la partita senza aver fatto praticamente nulla. Un risultato che sta bene non solo a Letta, ma anche a Casini, Renzi e allo stesso Berlusconi, tutta gente non distante da un moderatismo di matrice liberale e riformista custodito nella storia del cattolicesimo democratico di cui Mattarella è testimone e lucido interprete. E dunque, a quasi trent’anni dallo scioglimento della Dc di Mino Martinazzoli, risento un sapore tutto democristiano nella scelta del primo inquilino del Colle. Dopo di che, vedremo se Mattarella, ancor prima di chiudere il settennato del mandato, deciderà di riaprire il sipario. Il teatro sarà lo stesso, identico il palco, con due protagonisti principali già scritti nel prossimo copione: Mario Draghi e Pierferdinando Casini.
di Micky dè Finis