Una presenza lontana finita nell’oblio
CERCARE oggi tracce di presenze ebraiche a Manfredonia è ormai impossibile. Gli eventi che costellano il divenire dei popoli che si sono attestati sulle rive del golfo adriatico, dall’antica Siponto in poi, hanno profondamente modificato, talvolta cancellato, luoghi e genti che di volta in volta si sono insediate. Ma c’è un filo ineliminabile che lega il mondo ebraico a Siponto e quindi alla città da quella partorita, fautore lungimirante re Manfredi. Se ne parla poco o niente anche se gli ebrei sono stati gli antesignani del popolo della città assemblata dallo svevo Manfredi. Un filone molto interessante della cultura sipontina poco o niente affatto indagato dagli studiosi. Un mondo pressoché obliato che neanche alcuni nomi di chiara radice ebraica ancora oggi frequenti, come Mosè, Davide, Giosafatte, Baldassarre, spronano ad opportune ricerche.
UN SOMMESSO ricordo è stato tracciato dal “Centro studi Cristanziano Serricchio” in occasione della Giornata della Memoria della Shoah che si celebra il 27 gennaio in tutto il mondo, a ricordo della immane tragedia dell’Olocausto. Lo scrittore Paolo Cascavilla ha tracciato una panoramica sulla presenza, capillare e vivace di ebrei nella Capitanata soffermandosi sull’intensa e rievocativa poesia “Non hanno più colore i capelli di Auschwitz”, «una memoria frutto di un viaggio di Cristanziano Serricchio ad Auschwitz, in cui ricorda le cose, gli oggetti “Interminato strepito di richiami, / labirinto di idiomi e di vicende, / reliquie di un mondo incenerito”. Su una montagna di scarpe, Serricchio non dimentica – annota Cascavilla – uno zoccolo bianco, solo, uno zoccolo che aveva accompagnato i passi veloci e fuggitivi di una ragazza fiamminga».
LE NOTIZIE sulla presenza ebraica sulle sponde del golfo, sono alquanto frammentate. Un insediamento a Siponto è operante già dai primi secoli dell’era cristiana. Un gruppo di giovani della comunità ebraica di Siponto, si recò sul finire del secolo X a Pumpedita sulle rive del fiume Tigri, per studiare il diritto talmudico babilonese. Nel XII secolo iniziò il trasloco dei sipontini verso una zona più a nord “a breve distanza dai rilievi meridionali del Gargano”, dove già c’era un agglomerato di abitanti trasferitisi da Siponto ormai non più vivibile, al quale re Manfredi diede forma di città. Gli ebrei abitavano nel settore nord-orientale. La conferma dall’ordine di Carlo I d’Angiò nel 1277, di utilizzare le pietre che si trovavano nella zona degli ebrei. I cattolici Angioini nella loro pressione conversionistica indussero nel 1294, 75 ebrei ad abbracciare il cristianesimo ed esentati dal pagamento di tasse e tributi.
GGLI EBREI erano molto attivi nel commercio del grano: nel 1487 il giudeo Masiello e socio Dionisio de Florio ottennero la licenza per esportare da Manfredonia grano per altri porti del regno. Attività economiche redditizie che non impedirono nel 1510 a Ferdinando il cattolico che si era impadronito del regno di Napoli, di ordinare l’espulsione generale degli ebrei e dei neofiti. A Manfredonia ben 60 famiglie furono costrette ad espatriare, ma molte di esse riuscirono a rientrare ed essere reinserite nei ruoli fiscali. Ma le ostilità verso gli ebrei residenti si rinfocolarono nel 1534, quando contro alcuni ebrei commercianti fu presentata una denuncia con una serie di gravi accuse che impressionarono molto l’imperatore Carlo V tanto da indurlo ad espellere gli ebrei dal regno.
«NELLO SPAZIO di qualche decennio – ha rilevato Cascavilla – scomparve definitivamente da Manfredonia un gruppo e una cultura ebraica, presenti fin dai primi secoli dell’era cristiana; molti andarono via e raggiunsero la Grecia e fu Salonicco ad accogliere migliaia di ebrei provenienti dall’Italia meridionale, dove, in base alla denuncia, molti ebrei di Manfredonia avevano parenti e amici. E dove pare che vi fosse anche una comunità chiamata Nova Sipontum».
Michele Apollonio
che io ricordi la zona adiacente acqua di cristo veniva chiamata ” a cunzarije ” cioè conceria (?)
e gli ebrei erano abili conciatori quegli spazi venivano adibiti pure a lavorare canapa per produrre cime per barche e cordame vario