Non perdere il treno della transizione
ENERGAS fa rima (psicologica) con Enichem: tutte e due fanno parte del subconscio collettivo terrorizzato della popolazione manfredoniana. La differenza è solo che una, l’Enichem, è ormai una esperienza che viene da lontano nel tempo, ormai acquisita che ha lasciato profondi strascichi che hanno prodotto ferite fisiche e psicologiche ancora in atto; l’altra, l’Energas, ben differente dalla prima per impostazione tecnologica, ma affine per gli effetti disastrosi, si evidenzia, pratici di prospettiva.
IL POPOLO di Manfredonia ha imparato a proprie spese ad essere guardingo e dunque diffidente. E mentre per l’Enichem, evoluzione della iniziale Anic, nulla ha potuto, si è anzi battuta per l’insediamento, ignaro di quello che si covava nei suoi impianti più riposti, per l’Energas ha tenuto, tiene, le antenne ben distese per contrastare un progetto che ritiene nefasto.
È ORMAI quasi un decennio che ribatte colpo su colpo dell’agguerrito avversario che tutto sommato fa il suo mestiere di imprenditore. La battaglia è sul piano tecnico-ambientale-legale. Con la partecipazione della politica che anziché dipanare la matassa indubbiamente complessa, l’ha, se possibile, ulteriormente complicata in modo tale che uscirne fuori pare alquanto problematico. Anche se apparentemente tutto sembra chiaro e semplice. A venir meno nella sua funzione di esercizio del potere decisionale finalizzato al bene del popolo, è stata fin qui la Politica nei suoi livelli comunali, regionali e dunque governativi. Ci sono state condotte non sempre univoche, più spesso ambigue, che hanno lasciato finestre aperte a possibilità operative di fatto categoricamente escluse dalla popolazione interessata, eppertanto impraticabili. A meno di scontri che nessuno vuole.
ORA PARE si sia arrivati all’epilogo. Il 2 febbraio prossimo è fissato a Roma un summit tra presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero della transizione ecologica, Regione Puglia, Comune di Manfredonia. La data è un aggiornamento chiesto da Regione e Comune per mettere a punto, è la versione data, il dossier della complessa vicenda. Le rappresentanze della società civile di Manfredonia si sono premurate di inviare una nota al sindaco di Manfredonia, Gianno Rotice, all’assessore alla transizione ecologica Giuseppe Basta, al presidente della Regione Michele Emiliano, nella quale nell’invitarli a ribadire il “no” già espresso da Rotice e Emiliano, chiedono di essere ascoltati nell’intento di aggiornare il corposo dossier. Le venti associazioni espressione degli ambienti culturali, politici, economici, ambientali, religiosi del territorio che hanno sottoscritto l’appello, chiedono altresì che l’area di Santo Spiriticchio, sita nella campagna a valle dell’area industriale Coppa del vento e ove è stato programmato l’impianto, sia «reintegrata nel Parco nazionale del Gargano prima dell’incontro del 2 febbraio prossimo» nell’evidente obiettivo di dimostrare l’indisponibilità di quell’area per un insediamento industriale.
L’ATTESA è quella di porre fine ad una vicenda fuori dal tempo che potrebbe, dovrebbe, fare da “precedente” per altre situazioni difficili che già si parano all’orizzonte. Per Manfredonia si apprestano problematiche nuove sulle quali occorre porre attenzione. Per questo territorio manca, continua a far difetto, se non un profilo, quanto meno una idea del possibile sviluppo sostenibile. Le non molto lontane esperienze industriali sono lì, testimonianze clamorose di attività accolte magari in buona fede, ma rivelatesi nefaste. Ora è tempo di transizione su tutti i fronti. Un treno ad alta velocità che non si può perdere pena sprofondare nell’abisso.
Michele Apollonio