Domenica 22 Dicembre 2024

Chi si dimette e chi no

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Le storie “parallele convergenti” di un prefetto e di un consigliere comunale

UN PREFETTO si dimette; un consigliere comunale appena eletto (ma neanche proclamato) non si dimette. Entrambi sono stati “toccati” da vicende legate ad attività illecite. Il primo, il prefetto, neanche personalmente, di riflesso dalla moglie. Il secondo, il consigliere comunale, è invece chiamato in causa direttamente con una accusa pesante. Probabilmente, anzi sicuramente, entrambi, sia pure con percorsi differenziati, ritengono di dimostrare, cosa che auguriamo, la propria estraneità ai fatti addebitati. Ma rimane, non certo aspetto trascurabile, il compromesso prestigio morale che poi si riflette sulla comunità. Il prefetto, Michele Di Bari, ha provveduto immediatamente, rimettendo il mandato nelle mani del Ministro dell’interno tamponando in qualche modo la risonanza mediatica che ha suscitato tanto che se n’è occupato anche il Papa per la circostanza che quel prefetto fa parte del Cda della Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo dipendente della Santa sede. Il consigliere, Adriano Carbone, no; e non ci pensa neanche eppure il suo “caso” ha avuto forte risonanza nell’ambito in cui opera, la città e il Comune reduce da un penoso scioglimento per mafia.

PIU’ CHE due posizioni differenti, due culture diverse? Può darsi. Il consigliere comunale è stato eletto dal popolo (sia pure da una sparuta rappresentanza) e al popolo, prima che alla giustizia, deve dare conto. Si è dimesso dal partito (Fratelli d’Italia), ma è rimasto abbarbicato a quella carica a questo punto sminuita, ancorché offesa, nel prestigio e nella funzione che le sono proprie. È rimasto sordo alle sollecitazioni a dimettersi prima che la proclamazione possa complicare le cose, del sindaco Rotice e dai vari gruppi politici e dal suo ormai ex partito. La gente si domanda perché tanta ostinazione, cosa e chi rappresenta ormai? Senza considerare i non improbabili riflessi sulla stabilità del nascente governo cittadino. Anche perché a quanto pare, ci sarebbero altre posizioni poco chiare che innescano perplessità e timori.

DUE EPISODI diversi, forse, nella forma, ma non, forse, nella sostanza che sollecitano riflessioni che meriterebbero attente considerazioni. Rappresentano un territorio martoriato da infiltrazioni mafiose che hanno causato lo scioglimento a catena di comuni garganici con Manfredonia in bella vista. Un comprensorio animato da santi e demoni. Baciato da una bellezza naturale straordinaria, ma oltraggiato da una cattiveria brutale. Fisica e morale. È in questo crogiolo infuocato che si è sviluppato il magma sempre più dilatato e aggressivo del malaffare.

NEI GIORNI scorsi DDA e i Ros, i corpi dello Stato posti a guardia dell’ordine e della legalità, hanno avuto un bel daffare per bloccare decine di persone dedite ad attività criminose, generalmente assimilati alla mafia, termine entrato nel linguaggio comune ad indicare “un tipo di organizzazione criminale retta da violenza, omertà, riti d’iniziazione e miti fondativi”. I reati di cui sono accusati sono vari e molteplici, riguardano beni e servizi e le stesse persone. Una vasta operazione che ha messo a nudo un rilevante e profondo movimento criminoso che ha condizionato fior di attività economiche con relative diramazioni sociali e politiche. La reazione di quegli ambienti evidentemente non domi, non ha tardato a farsi sentire con azioni chiaramente minacciose e di sfida verso i tutori dell’ordine e la sicurezza pubblica. Tra automobili bruciate, alberi tagliati, ha fatto tenerezza un innocente cormorano impiccato e lasciato dianzi all’Oasi lago salso con una cartuccia da caccia nel becco.

LASCIATO alla Giustizia il compito di riportare ordine e legalità nei settori colpiti e neutralizzare i responsabili, dovrà essere la Politica a dare serenità, fiducia e certezze alla gente da troppo tempo emarginata e sconfortata. In tal senso molto si aspetta dal nuovo governo cittadino al di là delle riserve e perplessità avanzate che dovranno essere allontanate e archiviate per lasciare il posto alle politiche di riscatto e sviluppo.

Michele Apollonio

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