Martedì 19 Novembre 2024

A piedi nudi tra le mangrovie

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Storie di migranti raccontate da un migrante

SE C’E’ una storia che accomuna tutti gli angoli del mondo, è quella, Covid a parte, riguardate i migranti. Una storia drammatica fatta di sofferenze, di distacchi, di morte. In terra e in mare. Esseri umani che spesso spariscono nel nulla senza lasciare traccia e senza che mai nessuno si interessi a loro. È stata una stilettata al cuore dell’umanità quella considerazione di papa Francesco riferita alle morti nel Mediterraneo: «Un cimitero senza lapidi».

DI QUELL’IMMANE fenomeno si conosce la parte più appariscente, quella dei viaggi senza speranza, delle tragedie in mare, dei muri spinati, dei campi di raccolta emigranti, dei ghetti. La parte arborea di un albero immaginario. Non si conosce, si ignora quella parte dell’albero che assicura linfa alla chioma, vale a dire la radice. E dunque dove, come e perché nasce quel movimento di umanità negletta, impaurita, umiliata, sfruttata.

A OFFRIRE un saggio di tanta umanità derelitta, un giovane migrante egli stesso ma per vocazione. Vissuto a Manfredonia fino alla laurea in letteratura orientale, viaggio in Cina ove vi è rimasto dieci anni, quindi a Londra ed ora da un paio di anni in Africa, in Sierra Leone. Uno spirito inquieto, amante dell’avventura? No. Per Lucio Cascavilla, questo il suo nome, l’esigenza di capire un fenomeno che lo ha coinvolto forse inconsapevolmente, del quale ha testato i vari aspetti, in particolare quelli per l’appunto poco considerati, nascosti nelle radici del fenomeno.

UNA ESPERIENZA che ha affidato a un romanzo a puntate, venticinque, nel quale attraverso cinque storie che si intrecciano fortuitamente, descrive le avventure/disavventure di migranti di diverse nazionalità che vivono in diverse parti del mondo e che cercano di ricongiungersi con il resto della famiglia, o non possono farlo. Lucio ha un osservatorio privilegiato, è egli sesso dentro quel fenomeno e si domanda «Per quale motivo un ragazzo della Sierra Leone decide di emigrare, lasciare la propria casa, i propri affetti e recarsi negli Stati Uniti, o in Europa, o in Cina per elemosinare un permesso di soggiorno?»

IL ROMANZO “A piedi nudi tra le mangrovie” è una denuncia di atrocità insensate e insieme una invocazione all’amore fra i popoli. «Migrante – riflette Cascavilla – non è una parolaccia e neppure una offesa. Io che scrivevo ero un migrante seppure al contrario: invece che verso nord ho preferito discendere verso sud. Nessuno ha mai parlato di un ragazzo italiano, emigrato a Londra, o in un qualsiasi altro paese del mondo, come di un infame che va a rubare il lavoro a qualcun altro. Io quando sono andato, in Cina, dopo la laurea, ero un cervello in fuga. Mohamed, il protagonista del mio racconto, non può andare a conoscere il mondo, perché vittima dell’ira dell’avventura, ma deve avere una scusa, deve avere un dramma alle sue spalle. E il dramma è la guerra, deve essere vestito di cenci e deve essere macilento, altrimenti ci sta nascondendo qualcosa. E quando arriva in Italia non deve alzare la voce, non deve ubriacarsi, non deve fumare, non deve desiderare le nostre donne e non deve desiderare il nostro stile di vita. E magari deve accontentarsi dei nostri avanzi. Il migrante deve essere quello che noi vogliamo e non quello che lui, giustamente, vuole essere. Dal nostro punto di vista il migrante deve essere un bisognoso che non può liberarsi della catena della necessità al quale lo abbiamo legato».

UN AFFRESCO a tinte reali di un fenomeno con tante sfaccettature del medesimo poliedro, che Lucio Cascavilla ha tracciato con la schiettezza del migrante volontario per porgerlo alla considerazione dei non migranti.

  Michele Apollonio

 

 

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