Domenica 22 Dicembre 2024

Dall’anfiteatro di Siponto ai Teatri di Manfredonia

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Non è il Colosseo di Roma ma un ragguardevole Anfiteatro lo era senz’altro stante i primi approcci di scavo in quella che è stata la città di Siponto romana e medievale. La conferma dalla campagna di scavo condotta dagli archeologi delle Università di Bari e Foggia nell’area archeologica di Siponto. La presenza dell’Anfiteatro è la testimonianza inequivocabile dell’acculturazione avanzata e raffinata di un popolo che amava le arti figurative come quelle sceniche. Quei pochi tratti recuperati di un anfiteatro inghiottito dai secoli, hanno destato grande interesse e entusiasmo: un nobile “antenato” che, a quanto gli storici tramandano, non ha avuto seguito nei secoli seguenti. La storia di Siponto così ricca di eventi di ogni genere, nulla riporta a proposito di teatri o assimilati. E neanche l’erede Manfredonia di re Manfredi, non annovera tra le sue sontuose costruzioni, un teatro. Nelle cronache dense di particolari del tragico sacco dei Turchi della città (1620), di teatri non c’è traccia. Si deve arrivare al 1692 per apprendere che un facoltoso patrizio sipontino di origine albanese, Giacomo De Florio, a proprie spese fece “realizzare un teatro completo di sipario e scene mobili” per “accrescere la cultura dei giovani”. Peraltro con i proventi dei biglietti venduti si finanziava l’orfanotrofio femminile. Il Teatro De Florio di Manfredonia è stato il primo teatro moderno di Puglia che ospitò spettacoli di grande pregio. Un incendio sul finire dell’800, lo cancellò dalla città e dalla memoria dei manfredoniani. Di quell’antesignano del teatro moderno, non è rimasta che l’anonima lapide “Largo Teatro Vecchio”, in una traversa di via Maddalena. Un tetro riapparve a Manfredonia negli anni trenta, per iniziativa dell’imprenditore Michele Pesante: costruì il “Cine-Teatro Pesante” di pregevolissima fattura tecnica alla quale, negli Anni 70, aggiunse, utilizzando i terreni adiacenti, una spettacolare “Arena Giardino” capace di oltre 4mila posti a sedere e con uno schermo cinemascope: un impianto tra i più rinomati in Italia. Due presidi scenici che hanno ospitato spettacoli e manifestazioni di ogni genere. Due polmoni culturali che hanno dato respiro e notorietà alla città del golfo adriatico. Due beni pubblici finiti miseramente distrutti. Malefiche ruspe li hanno abbattuti senza scrupoli per far posto a “civili” abitazioni private. Quel che provvidi cittadini hanno creato per la città, altri sconsiderati lo hanno distrutto. Il lumicino del Teatro tenuto in vita dal “Piccolo” San Michele ricavato dallo scantinato della chiesa omonima e dalla Bottega degli Apocrifi in un auditorium scolastico adattato a teatro.

di Michele Apollonio

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