CHE CI SIA un nesso inscindibile tra ambiente, salute e politica è verità evidente e acclarata da una infinità di esempi concreti e operanti. Fra questi quello riferito a Manfredonia che riporta direttamente a quel quarto centro petrolchimico voluto dall’Eni, causa ed effetto di tutta una serie di vicissitudini, e sono ormai 45 anni, che hanno interessato e attraversato, spesso in maniera drammatica, per l’appunto l’ambiente, la salute e la politica di questa città malgovernata da oltre un paio di decenni, preda di infiltrazioni mafiose come rileva il decreto del presidente della Repubblica di scioglimento del consiglio comunale.
UN EXCURSUS di questo “dopo Enichem”, l’azienda Eni che più ha inciso sulle attività di quello stabilimento alle porte di Manfredonia, è stato tracciato nel corso di una manifestazione tenutasi al LUC partecipata da numeroso pubblico, organizzata dall’associazione “Manfredonia Nuova” in collaborazione con “Agiamo” per fare il punto della situazione e porre la questione all’attenzione della città alle prese con la campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione comunale dopo due anni di commissariamento straordinario.
A RIEVOCARE gli eventi di quel periodo nel quale la popolazione si spaccò in due, Jolanda D’Errico, una delle donne di quel movimento che portò la questione Enichem (c’era stato lo scoppio di una colonna dell’impianto urea con fuoriuscita di arsenico) fino alla Corte di Strasburgo che decretò la validità delle ragioni di quel movimento. A confermare il disorientamento che quell’imprevedibile scoppio di una colonna d’arsenico, provocò non solo nella popolazione, ma anche tra i dipendenti dello stabilimento, Pinuccio Carbonare, all’epoca operaio Enichem e sindacalista, schierato naturalmente pro Enichem. «Tante cose non le sapevamo» ha confessato sciorinando tutta una serie di situazioni opportunamente occultate dall’azienda e venute a galla solo in seguito. Una confessione che in qualche modo ha segnato la riconciliazione tra le due fazioni che si erano affrontate anche gagliardamente in quel nebuloso periodo.
LA “QUESTIONE ENICHEM” è rimasta e rimane centrale nei dibattiti cittadini accentuatisi in questa lunga campagna elettorale. «Non vorrei che entrasse nelle strumentalizzazioni elettorali di circostanza per gettare ancora una volta fumo negli occhi» ha sentenziato Maurizio Portaluri, medico oncologo che si occupò del “Caso Manfredonia” sin dalle prime battute certificando, tra l’altro, la morte per cause di servizio dell’operaio Enichem, Nicola Lo Vecchio. «Il problema della bonifica e della tutela della salute c’è, eppertanto non va sottovalutato. La classificazione di quell’area come sito SIN non ha portato determinanti vantaggi. La politica è stata quanto meno incapace di affrontare con convinzione e determinazione un problema rimasto incombente».
UNO SPUNTO che ha consentito a Giulia Fresca, candidata sindaca di Agiamo e Manfredonia Nuova, di chiarire, richiamando leggi e decreti, alcuni aspetti della gestione dei Sin ognuno dei quali, ne sono 42, ha caratteristiche diverse dall’altro. «Quello di Manfredonia – ha affermato – ha una sua connotazione con caratteristiche topologiche, storiche e inquinanti particolari e soprattutto ha una sua origine nonché una sua particolare localizzazione ricadente non nel comune di Manfredonia bensì in un’area di appannaggio del comune di Monte Sant’Angelo. Spetterà alla prossima compagine amministrativa affrontare il problema seriamente e alla luce della nuova normativa».
Michele Apollonio