Ci siamo. Salvo sorprese dell’ultima ora, saranno in otto a correre la partita per rivestire la fascia di sindaco della Città di Manfredonia. Mi pare, al di là delle ragioni di parte, sia questo comunque un fatto incoraggiante, non fosse altro per i colpi di maglio dolorosi andati a segno nelle nobili ed antiche radici democratiche sipontine, la cui Assise cittadina venne sciolta dal Viminale per le ben note infiltrazioni mafiose. Una brutta macchia che ha sporcato la storia di Manfredonia, una storia che rimane difficile da dimenticare. Adesso tocca a quel che resta della politica e al nuovo che sembra affacciarsi nell’agone tentare di rimettere in piedi un sistema collassato soprattutto per le dilanianti diaspore seguite alla decapitazione del Consiglio Comunale che, almeno in parte, avranno un riverbero forte nel confronto elettorale di questi prossimi giorni. Ne parlo su queste pagine non solo per le ragioni di affetto che mi legano alla città che edificò Re Manfredi, ma anche perché ho sempre pensato che Manfredonia sia centrale, direi importantissima per le dinamiche politiche che interessano tutta la Capitanata.Adesso, senza con questo voler toglier nulla a nessuno dei competitor scesi in campo, credo che si possano individuare alcuni aspetti già parecchio indicativi nella contesa in atto. Il primo è dettato dal fatto che, per come si presentano i vari schieramenti politici e civici, nessuno di questi potrà tagliare il traguardo al primo turno. Potrei sbagliare, ma provo difficoltà a ritenere che tra gli otto candidati scesi in pista ce ne sia uno in grado di far subito man bassa di voti al primo giro, tenuto anche conto del clima di lacerazione politica che oggi attraversa, in lungo e in largo, i canonici dispiegamenti di un tempo, implosi su sé stessi.L’altro dato, più specifico, riflette quel che si vede ai blocchi di partenza dove Gaetano Prencipe e Gianni Rotice darebbero l’idea di avere un leggero margine di vantaggio che potrebbe vederli protagonisti in un possibile ballottaggio tutt’altro che semplice da decifrare, a prescindere dal risultato che entrambi riporterebbero nelle urne il 7 novembre. D’altro canto, si sa, quella del ballottaggio è un’altra partita, in cui giocano fattori diversi, non solo politici ma personali, senza poi star qui ora a voler considerare il meccanismo mercantile degli apparentamenti. Ma se così dovesse essere come presumo, sarà un match parecchio tirato e per certi versi dall’esito imprevedibile. Conosco molto bene entrambi i personaggi per averli frequentati negli anni per varie ragioni. Due stili diversi, molto diversi, per certi versi opposti. Gaetano Prencipe è innegabilmente un politico di buon profilo etico, progressista da sempre. Non è solo l’avvocato di rango e l’intellettuale che tutti apprezzano. È stato già sindaco per cinque anni e può vantare un’esperienza non di poco conto sul piano gestionale. Gianni Rotice, ingegnere, è un imprenditore di primissimo piano, non solo a Manfredonia. Ha avuto molta notorietà negli anni andati per il ruolo rivestito in Confindustria, dalla quale è poi uscito, diciamo in maniera poco inglese. Sul piano politico, a parte il peso specifico personale dei due, al momento si può solo dire che Gianni Rotice potrà contare sul sostegno dalle forze che si riconoscono in un centrodestra azzoppato perché privo della Lega, mentre Gaetano Prencipe avrà dalla sua un apparato riformista, cattolico e democratico, ma senza il partito democratico. Vedremo come risponderà l’elettorato. Quale fiducia potrà accordare sulle macerie del presente in cui pesano ancora molte responsabilità di parecchi azionisti di riferimento del presente, che un tatticismo malcelato tiene solo apparentemente fuori gioco. Ma più di tutto servirà capire quante e quali garanzie si riusciranno a dare in tema di legalità e trasparenza, due parole scomode in una città che ne ha viste e subite di cotte e di crude.
di Micky dè Finis