Chiunque, da primo cittadino, guiderà le future sorti dell’Amministrazione comunale non potrà sottovalutare l’importanza di una seria politica culturale che vada oltre la pur importante organizzazione di eventi di intrattenimento o di spettacolo, quasi che gli aspetti turistici abbiano l’assoluta preminenza quando si tratta di discutere di cultura in senso lato. Inoltre, il punto non è se e come bisogna incentivare tradizioni locali come il Carnevale sipontino o se esigere la piena valorizzazione e fruizione dell’immenso patrimonio artistico-archeologico di cui il nostro territorio è un immenso scrigno da centinaia di anni, se non da millenni. Tutto ciò è scontato. E sono aspetti più volte rimarcati dagli stessi organi di stampa, nonché da valenti studiosi di storia patria o vari operatori che, oggi come in passato, non si sottraggono dal compito di fornire puntuali sollecitazioni, anche a fronte di trascorsi impegni degli organi preposti e puntualmente disattesi.
Quando diciamo politica culturale il riferimento non può non andare alla configurazione di un indirizzo, di una visione sistemica, di una progettualità che abbiano presente tutta una serie di elementi (compresi quelli accennati) che investono plurimi campi umanistici e scientifici al fine di promuovere un’immagine di comunità adeguatamente inserita in un movimento di rinascita sociale, civile ed economica.
In maniera più specifica, un’autentica programmazione di eventi culturali dovrebbe fare sistema con altri aspetti e dinamiche di rilancio del paese: la cultura cioè nel senso più nobile del termine non può rimanere estranea o fungere da banale ‘specchietto’ per puri fini di consenso di questo o quel amministratore, basandosi su effimere iniziative che solo minimamente incidono sul processo di maturazione di un’autentica crescita civile. E diciamo questo soprattutto nell’amara constatazione che il Consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazione mafiosa: il che per la Città intera è stato una discesa…negli inferi da cui non si può facilmente risalire, a meno che non si re-inneschi un virtuoso meccanismo di emancipazione e ripresa culturale che aiuti a produrre quei naturali ‘anticorpi’ che mettano il cittadino al riparo da ignavia e rassegnazione, rendendolo più libero dai lacci del conformismo e più propenso all’esercizio di una vigilanza critica. In questo senso riconsiderare un più virtuoso rapporto tra politica, cultura e società è quantomeno un esercizio ‘salutare’ e doveroso.
Alla luce di questi cursorie riflessioni, qualche sommessa proposta per più qualificanti investimenti sarebbe da farsi anche al fine di evitare le nebbie dell’astrattezza o dell’inutile vis polemica.
- Servirebbe innanzitutto un potenziamento complessivo della funzione delle Civiche Biblioteche Unificate attraverso una ripresa, ad esempio, degli abbonamenti ad alcune eccellenti riviste; come pure il ripristino – fermo restando le dovute precauzioni per la pandemia – dello stesso servizio di emeroteca; o ancora una completa fruizione da parte di studenti, ricercatori e studiosi di taluni preziosi fondi come quello di storia locale o facenti capo a rinomate personalità come Renzo Frattaruolo e Mario Simone che da virtuosi conterranei hanno dato grande lustro, tra molti altri, alla Città (e non solo) per svariate attività nel campo delle discipline umanistiche, dell’organizzazione di eventi o dell’editoria. Si tratta di consistenti patrimoni librari, oggi purtroppo inaccessibili, che contribuiscono a rendere questo ente – assieme ad altre donazioni (come quelle di Bissanti o di De Padova) – un ‘fiore all’occhiello’ del sistema bibliotecario pugliese per qualità, quantità ed anche originalità delle opere custodite.
- Collegata in qualche modo alla precedente, un’altra iniziativa potrebbe essere la promozione di una collanina agile e di facile divulgazione, patrocinata dalla medesima Biblioteca e riguardante la pubblicazione di saggi inediti su studi e ricerche nel campo delle lettere, delle arti, della storia o dell’economia locale, servendosi magari anche della sua ricca ma poco utilizzata offerta bibliografica. Sotto questo profilo, promuovere tali lavori consentirebbe non solo di valorizzare appieno la nostra identità culturale ed antropologica, ma anche fornire valide basi di conoscenza e puntuali strumenti di riflessione per approntare specifiche attività nella complessiva azione di buongoverno.
- Inoltre, non sarebbe opportuno ripristinare la manifestazione della Fiera del Libro pugliese, risalente ormai agli anni Novanta, facendo di Manfredonia non semplicemente una ‘vetrina’ della piccola e media editoria regionale, ma anche un palcoscenico di confronto-dibattito con vari autori e personalità su stringenti argomenti dalla forte caratterizzazione regionale e meridionale? Qualcuno obietterà che serve a poco discutere di argomenti locali o territoriali quando lo scenario entro cui ci muoviamo non può prescindere dalle emergenti tematiche di una galoppante (e omologante) globalizzazione. Se questo è vero, è altresì evidente che dalla riscoperta delle nostre ‘coordinate’ sociali e culturali che occorre ripartire per meglio attrezzarci dinnanzi alle nuove sfide che l’intero Mezzogiorno deve affrontare nell’alveo di un più vasto contesto internazionale. Senza dunque un’autentica riscoperta della nostra specificità, locale e meridionale, rischiamo di ‘snaturarci’ e smarrire il senso di un’appartenenza, quel comune patrimonio di valori, costumi e tradizioni che non sono secondi a nessun’altra civiltà, ma con cui bisogna fare i conti in una logica di confronto costruttivo e dialogante.
Si obietterà, non senza qualche ragione, che per tali suggerimenti occorrerà tener conto del risanamento delle finanza locale. E’ una motivazione valida ma non assoluta, perché anche in un non lontano passato si è spesso lamentato delle scarse risorse quando invece si è dato preferenza ad altre iniziative oltremodo frivole, perlopiù spacciate per operazioni di immagine turistica. Servono – ovviamente -iniziative di intrattenimento che, richiamando in loco molteplici forestieri, sponsorizzino le nostre naturali vocazioni anche in termini di stretto tornaconto. Purché il tutto avvenga in un quadro di razionale equilibrio con altri proficui investimenti in rami amministrativi finora marginalizzati (o negletti) come nel caso – purtroppo eclatante – dei servizi bibliotecari che producono ‘cultura’ nel senso più nobile del termine e che sono stati puntualmente sacrificati sull’altare di una colpevole disattenzione politica. Insomma, non vi è più tempo e spazio per scelte estemporanee, prive di qualunque respiro strategico e di una visione lungimirante.
Avviandoci alla conclusione, sarà il prossimo governo cittadino in grado di trasformare questo comprensorio in un modello innovativo per una vasta area della Capitanata? Avrà cioè sufficiente coraggio e lumi per fare di un organico piano culturale il giusto ‘grimaldello’ per scardinare anche vizi e insufficienze che ancora allignano nella comunità locale? Il pessimismo della ragione è, purtroppo, prevalente. Tuttavia vale la pena di perseverare e lottare contro la rassegnazione, quantomeno meno per fornire a presunti nuovi gruppi dirigenti elementi di riflessione (e di autocritica) nell’ambito di una campagna elettorale in cui ciascun schieramento si incaricherà di illustrare il proprio programma, come si spera.
Domenico Di Nuovo