Come era ampiamente prevedibile, la Corte di Appello di Bari ha rigettato la mia richiesta di riformulare la sentenza di primo grado del Tribunale Civile di Foggia, continuando nell’orientamento sistematico di ritenere gli amministratori di un comune sciolto per presunte infiltrazioni responsabili a prescindere, e costretti quindi ad essere marchiati a vita dallo Stato come mafiosi.
Non solo, quindi, si subisce un atto politico grave, poiché con lo scioglimento si elimina un organo legittimamente eletto, ma si procede anche con un giudizio civile senza avere alcuna possibilità di difendersi. Paradossalmente, infatti, non essendoci fatti e accuse puntuali nei miei confronti e non avendo alcuna possibilità di difesa reale, mi ritrovo ingabbiato in una strada senza uscita.
In una provincia ultima in Italia dove la mafia continua nei suoi affari e con la sua feroce bestialità, colpendo anche anime innocenti com’è accaduto domenica scorsa a San Severo, dove un bambino di 6 anni lotta tra la vita e la morte dopo essere stato colpito in un agguato, sono gli amministratori e non i delinquenti che vengono messi alla gogna.
Sì, quegli stessi amministratori pubblici che in questi giorni, guidati dal caparbio presidente dell’ANCI Antonio Decaro, protestano vivacemente per essere stati sviliti nei loro poteri e nelle funzioni, ritrovandosi addosso colpe di ogni tipo, come quella, nel mio caso, di essere additato come mafioso pur non avendo fatto nulla.
Ho sempre sostenuto che l’applicazione dell’art. 143 TUEL è indegno di un paese democratico e civile come si definisce l’Italia. Da sindaco ho chiesto più volte l’aiuto dello Stato per combattere la criminalità e non ho ricevuto risposte concrete come ad esempio organizzazioni di attività di repressione vera per colpire i patrimoni dei mafiosi.
Poi un bel giorno (si fa per dire) è arrivato lo scioglimento per mafia senza che fosse dimostrata alcuna infiltrazione. Ora io mi chiedo e vi chiedo: per caso in questo modo la situazione è sostanzialmente cambiata ? Assolutamente no.
In compenso è stata sospesa la democrazia ed un manipolo di amministratori è stato umiliato insieme ai propri cari, senza aver commesso alcun reato.
Non posso arrendermi, non devo, pur davanti alle continue condanne al pagamento delle spese. Cosa gravissima anche questa, poiché la questione economica sembra volta a scoraggiare ogni iniziativa di difesa, come se nel nostro paese l’innocenza fosse garantita solo a chi è in grado di pagare. Farò ricorso in Cassazione, consapevole che non ho molte speranze di difendermi in Italia e che sarà necessario andare dinanzi alla Corte di Giustizia Europea per mettere fine a questa triste vicenda tutta italiana.