Martedì 19 Novembre 2024

Sviluppo, Lavoro, Territorio

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In piena discussione sul Recovery Fund si scalda la partita sul ruolo del Porto Alti Fondali e dell’area Ex Enichem con la proposta di insediamento della Seasif ltd. A fine febbraio, l’Autorità di Sistema Portuale Meridionale ha organizzato un incontro tra la compagine societaria Seasif ltd. che vorrebbe insediarsi nell’area portuale e retro portuale ex Enichem, coinvolgendo tutte le autorità territoriali: comuni di Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Mattinata, rappresentanti politici, Regione Puglia, ASI, Capitaneria di Porto e operatori portuali. Una conferenza di servizi a tutti gli effetti, senza chiamarsi tale, un’occasione per presentare un progetto di sviluppo sulla rivitalizzazione dell’area con un progetto iniziale già variato. E in molti si chiedono: “e se fosse tutta una bufala?”. Il progetto originario di Seasif, che da circa sei mesi dialoga con gli enti preposti alle concessioni delle autorizzazioni, prevedeva: 1) la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di combustibili sintetici, 2) la produzione di bentonite e la lavorazione, lo stoccaggio e la distribuzione di polimetalli, 3) la costruzione del deposito costiero di LNG (gas naturale liquefatto). Complesso spiegare i vari processi produttivi, ci perderemmo in tecnicismi che non necessariamente corrisponderebbero alla verità. Il progetto è stato momentaneamente rimodulato salvando solo la produzione di bentonite e la lavorazione, lo stoccaggio e la distribuzione di polimetalli, impiegando quindi i nastri trasportatori. Da una prima stima pare che, per rimetterli in funzione, occorreranno orientativamente 7 milioni di Euro, oltre alle banchine portuali necessarie per accogliere le navi che caricheranno e scaricheranno il prodotto da confezionare. Chi di competenza sta approfondendo con molta attenzione la proposta imprenditoriale, indagando ed acquisendo le informazioni sulla fondatezza del progetto che a breve, probabilmente, porterà importanti novità. Sulla bontà e sostenibilità ambientale del progetto le autorità stanno lavorando per non inciampare nuovamente e la prossima settimana probabilmente, la Regione Puglia organizzerà un tavolo tecnico per approfondire la concretezza dell’iniziativa. È importante analizzare bene se una proposta insediativa industriale è un’opportunità o una nuova, ennesima speculazione in un momento delicatissimo. Certo è che il tavolo ha acceso i fari sul rovescio della medaglia. L’area ex Enichem è appetibile anche perché a breve (si spera) dovrebbe rientrare nella Zona Economica Speciale e Zona Franca Doganale, garantendo agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrative. La parola Gas, dalle nostre parti non è gradita per le note vicende in corso e per tale ragione È scontato ribadirlo, ma necessario: il nostro territorio sta pagando a caro prezzo le scelte politiche degli anni ’70 dello Stato italiano che capoticamente ha cancellato tutti vincoli ambientali permettendo di devastare l’intera area agricola a ridosso di Manfredonia ma nel comune di Monte Sant’Angelo creando l’area Enichem. Lo stesso Stato che dal 2006 ad oggi, ha speso quasi 300 milioni di euro per poi bonificare l’area che ha devastato salvo poi far piovere miliardi per il rilancio con il Contratto d’area senza filiere per poi trovarsi oggi nell’assoluta improduttività e con il tasso di abbandono più alto mai registrato. Il processo di riqualificazione ambientale non è ancora terminato, quello di rilancio è in divenire e ogni idea sembra essere quella vincente. Il dissesto ambientale ha scottato la nostra comunità che registra famiglie con disabilità, lutti e disagio e si sente tradita da chi invece dovrebbe anteporre il bene comune come direttrice per lo sviluppo sostenibile. Non si è ancora esaurita la faccenda Energas, che avrebbe voluto insediarsi nel territorio di Manfredonia usufruendo anche del Porto Alfi Fondali per il trasferimento del Gas in altre destinazioni. L’iniziativa energicamente respinta dalla comunità manfredoniana che chiede un’industria pulita e compatibile con l’ambiente anche se poi, il territorio e la comunità sociale, fa poco o nulla per accogliere e promuovere l’insediamento di aziende “sane” poiché non garantisce programmi e soprattutto infrastrutture. Ed è la comunità che si interroga sull’opportunità di accogliere nuovi investitori a cui mettere a disposizione i nostri campi per permettergli di fare impresa e sviluppo occupazionale. A chi? A quale prezzo? Come? Crediamo che in questo momento sia opportuno non abbassare la guardia a tutela del nostro territorio ed è necessario più che mai fare sistema ed organizzare servizi sostenibili per tutti.

Raffaele di Sabato

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