Rappresentano uno degli elementi caratterizzanti delle coste del basso Adriatico che si muovono dall’Abruzzo fino alle rive del nord barese, parliamo dei caratteristici trabucchi, che tra Abruzzo e Molise sono noti anche come ‘trabocchi’. Queste macchine da pesca, stando a quanto è raccontato da alcuni storici pugliesi, trarrebbero origine da costruzioni importate sulle nostre coste dai Fenici. Solitamente i trabucchi venivano realizzati utilizzando legno di pino d’Aleppo, facilmente reperibile, modellabile ed in grado di resistere alla salsedine ed ai forti venti di Maestrale che battono le acque del basso mare Adriatico. I trabucchi ebbero significativa diffusione a partire dal 1800, anche se i primi esemplari completi risalgono al secolo precedente. Diverse di queste costruzioni “artigianali” sono andate perdute nel corso del tempo ma la costa garganica di Vieste e Peschici conserva alcuni tra i trabucchi adriatici meglio conservati, custoditi gelosamente dalle comunità locali. Anche lungo la costa sipontina erano presenti due caratteristici trabucchi, come ci racconta il figlio di uno storico pescatore di Manfredonia. Uno era collocato lungo la scogliera di “Punta Secca” a ridosso del lungomare del Sole, in una zona ricca di acque sorgive e che un tempo era collocata ai margini della città, oltre l’area urbana. Questo trabucco era di proprietà della famiglia Palatella, o meglio di un uomo noto con i soprannomi di ‘Zucclechjie’ o ‘Requist’. Di questo trabucco si sono perse le tracce a partire dalla metà del secolo scorso. Un altro trabucco era, invece, collocato in prossimità del vivacissimo Molo di Ponente del porto peschereccio di Manfredonia ed era di proprietà di una famiglia nota con il soprannome di ‘Travaglino’. Questo trabucco, demolito negli anni ’70, era collocato guardando verso sud e rappresentava con fierezza la laboriosità dei pescatori del golfo. Purtroppo, proprio nel corso di quei decenni nel corso dei quali a Manfredonia si costruirono palazzoni a ridosso delle mura medievali, modificando indissolubilmente il profilo di intere strade della città, probabilmente in nome di quel ‘modernismo’ che guardava quasi con disattenzione e disprezzo i ‘segni’ più rappresentativi del nostro passato, furono smantellati anche quei trabucchi che ancora oggi avrebbero potuto tratteggiare il nostro paesaggio costiero. Tanti amanti della storica cultura del mare sipontina negli ultimi anni hanno sottolineato l’importanza di tornare a parlare dei nostri trabucchi, individuando un modo per riconsegnare quel ‘pezzo’ di vita marinara alla città. A Barletta, dove a ridosso del Molo di Levante di uno storico trabucco rimaneva soltanto uno scheletro pericolante, questo sogno di molti è diventato realtà. Nel corso dei lavori, durati due mesi e per un importo di 75.000 euro, sono state coinvolte sette maestranza con grande esperienza che sono riuscite a far rinascere quel monumento del mare. Visto l’appeal che i trabucchi oggi esercitano anche come attrattori turistici, perché non pensare ad un progetto del genere anche in una città come Manfredonia, legata, nel bene e nel male, visceralmente al mare?
Giovanni Gatta