Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa occupano Auschwitz svelando al mondo l’orrore di uno dei più spietati campi di concentramento che la mente diabolica dell’uomo potesse partorire. Uno dei luoghi dove si è compiuto il genocidio nazista, dove pochi sono stati i sopravvissuti. Da allora tutto il mondo celebra il Giorno della memoria, perché le nuove generazioni non dimentichino simili orrori. In particolare attraverso le strazianti testimonianze dei superstiti che dovrebbero scuotere le nostre coscienze. Anche se con modalità e situazioni nettamente diverse, pur nella più totale condivisione che quei terribili accadimenti non abbiano più a ripetersi, ma da non dimenticare, attraverso queste colonne desideriamo offrire ai nostri cari lettori una pagina meravigliosa che la nostra città, pur se con risvolti dolorosi ha vissuto agli albori del periodo fascista. La nostra attenzione si è posata su avvenimenti legati alla instancabile e coraggiosa opera di un manipolo di giovani concittadini, ai quali si deve la costituzione del Movimento Mazziniano a Manfredonia e dei primi repubblicani. Questi ultimi, sconosciuti alle nuove generazioni, che con il loro luminoso esempio, spirito di sacrificio, impegno sociale e politico hanno fatto grande la città che diede loro i natali. Siamo ai primi anni del ‘900, subito dopo la fine della Grande Guerra (1915/18). Anche se l’Italia ne uscì vittoriosa, tanto c’era da fare per la ricostruzione e ridare fiducia a quanti avevano perduto tutto, ma non la speranza in un mondo migliore. Corre l’anno 1921, alcuni ardimentosi giovani, gli studenti universitari Raffaello Di Sabato, Lorenzo Garzia, Mario Simone e il sarto fotografo Nicola Scardino costituiscono la sezione del Partito Repubblicano “Matteo Renato Imbriani”. Aderiscono al nuovo soggetto politico alcuni estimatori di Mazzini e Garibaldi: gli agricoltori Francesco Garzia e Giuseppe Sapone, gli artigiani Giuseppe e Costante Scardino, Nicola Marasco, Antonio Murgo, Raffaele D’Ambrosio, Luigi Beverelli, i commercianti Antonio De Francesco e Antonio Simone, il ragioniere poeta Salvatore De Padova, il medico Saverio Spagnuolo e l’ing. Gatta. L’entusiasmo è tale da fare numerosi proseliti, grazie ad una nutrita quanto intelligente propaganda con la diffusione di quella stampa che i promotori avevano importato da Napoli dove studiavano. L’iniziativa trova terreno fertile grazie anche alla presenza di alcune associazioni studentesche, la “C. Battisti” nata nel 1916, la sportiva “N. Sauro” e nel 1921 il “Comitato dantesco”, tutte riconducibili al movimento mazziniano e repubblicano. Tanti i successi riportati dal partito a livello nazionale e locale che la stampa ne ha dato ampio resoconto. Indimenticabile il 13 marzo 1922. Manfredonia repubblicana commemora la grande figura di G. Mazzini nel 50° della morte, con l’intervento in Piazza Municipio del prof. Natoli. Al foltissimo pubblico di aderenti e simpatizzanti, a fare da cornice le bandiere della “Imbriani”, “Oberdan”, i drappi della “G. Bruno“ e “Saffi” di Foggia. Le cose belle, purtroppo sono quelle che hanno breve durata. Verso la fine del 1925 la sezione di Manfredonia chiude per le prevaricazioni e le angherie del regime fascista costituito da una certa classe borghese, sfociate in persecuzioni, arresti e processi sommari. Già due anni prima, la sera del 7 maggio si verifica il primo sopruso. Alcuni fondatori del partito repubblicano: Mario De Padova, Antonio De Francesco, Nicola Scardino e Raffaello Di Sabato, mentre sostano davanti il bar Castriotta sono costretti dai carabinieri a portarsi in caserma con l’imputazione di aver distribuito una canzone libertaria nei confronti del regime fascista e quindi dichiarati in stato di arresto. Non sono mancate le perquisizioni presso le rispettive abitazioni con il solo risultato di aver inasprito le famiglie di ognuno. Dopo sei giorni di detenzione vengono rilasciati. Il 30 maggio 1924 il processo. Il Procuratore Generale del Re, dopo aver letto i vari capi d’imputazione contestati, dichiara il non luogo a procedere con la estinzione dell’azione penale per sopraggiunta amnistia. Ciò nonostante quella brutta esperienza segna negativamente l’esistenza di ognuno, in particolare per il Di Sabato. Il regime continua a perseguitarlo. L’8 agosto del 1930 i “gerarchi” locali avendo mal digerito il suo impegno politico al fine di impedirgli di lavorare gli ritirano la tessera …”per aver manifestato in tempi remotissimi, 1923, sentimenti mazziniani”. Una pagina luminosa, nonostante tutto, che deve rimanere indelebile nella mente di ognuno di noi, da additare ai giovani quale monito perché continuino, sulla scia dei nostri padri a credere nei valori della libertà di pensiero, di opinione e nella fratellanza universale.
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