Due settimane fa, con un articolo dal titolo “Area ex Enichem e dibattito pubblico: un invito alle associazioni ed alle forze politiche”, invitavo le associazioni e le forze politiche, e con loro chiunque abbia a cuore il bene della città, a mettere da parte sterili polemiche e stabilire un clima favorevole ad un dibattito pubblico su questioni centrali per il futuro della città, che non possono essere lasciate (solo) a decisori esterni, giustificati, magari a ragione, dalla mancanza di interlocutori politico-istituzionali o dall’assenza di progettualità a livello locale.
Non sono mancate critiche, ma dai tanti messaggi di condivisione, dagli incontri e dalle sollecitazioni ricevute da più parti, sono portato a ritenere che l’esigenza di un dibattito pubblico più sereno e costruttivo sia largamente condivisa e che vi sia in tanti la consapevolezza che le difficoltà del momento debbano portare ad abbandonare atteggiamenti pregiudizialmente ostili.
Del resto, sono trascorsi più di 20 mesi dalla caduta dell’ultimo governo cittadino (le dimissioni del sindaco Riccardi risalgono al 30 marzo 2019) e la città da allora è commissariata, con la seria probabilità che vi resti fino all’ottobre 2021, se non fino alla primavera del 2022.
E nel frattempo? Pensiamo davvero che il nostro compito sia solo quello di osteggiare iniziative altrui, arrivando sempre in ritardo sulle questioni, quando altri hanno già deciso o sono ormai in fase di realizzazione, ritenendo che si possa sempre rimettere tutto in discussione?
È quello che del resto è successo all’inizio degli anni ‘90 con il Consorzio Manfredonia Sviluppo, la società nata con capitali pubblici, per occuparsi del dopo-Enichem e dell’uscita dallo stato di profonda crisi che affliggeva l’intero territorio, senza però la presenza dei tre comuni interessati, le cui amministrazioni, quando c’erano, non vollero assumersi la responsabilità di dover voltare pagina (dovendo ancora chiudere i conti con il passato), arrivando poi in corso d’opera, quando le premesse e le pagine iniziali erano già state scritte da altri.
Forse tra i compiti di un’amministrazione commissariale vi è anche quello di far rimpiangere un governo cittadino guidato da amministratori democraticamente eletti.
Ma può una qualsivoglia compagine politica pensare di amministrare la città, magari anche tra meno di un anno, senza una progettualità basata su un ampio confronto pubblico?
Può anche il miglior candidato-sindaco possibile pensare seriamente di poterla amministrare contando solo su un bagaglio personale di buoni propositi, sapendo, per altro, che ad aspettarlo vi sarà una struttura burocratica ridotta all’osso, ormai insufficiente anche per svolgere i compiti di ordinaria amministrazione, e con un bilancio che ancora per molti anni costringerà la cittàa diete forzate?
Ciò detto, non ho la pretesa di dettare l’agenda dei temi più urgenti. Ce ne sono tanti e sarebbe anche difficile farne un elenco senza correre il rischio di lasciarne fuori i più importanti. Per il momento mi preme solo indicare alcune questioni che riguardano lo sviluppo, non solo economico, per le quali in questi mesi si rischia di perdere dei treni che forse potrebbero non passare più o ripassare chissà quando.
Il primo è quello cui ho fatto cenno l’altra volta: essendo diventata una ZES (Zona Economica Speciale) e da qualche settimana anche zona franca doganale, le aree dell’ex stabilimento petrolchimico e lo stesso porto industriale con le sue infrastrutture sono tornati a riscuotere un grande interesse da parte degli operatori economici per i significativi vantaggi fiscali oltre che per gli altri vantaggi localizzativi che offrono (a partire dalla disponibilità di aree attrezzate).
Occorre un modello di governance che aiuti le varie istituzioni coinvolte ( a partire dal Comune di Monte Sant’Angelo e da quelli di Manfredonia e, perché no, di Mattinata, per passare all’ASI, all’Autorità Portuale ed alla stessa Regione Puglia) a porre in fretta le condizioni perché alla base dello sviluppo di quell’area vi sia una visione condivisa e, solo in quanto tale, duratura, che faccia tesoro degli errori del passato.
Dall’interlocuzione con il Sindaco di Monte Sant’Angelo, mostratosi disponibile al confronto, è emerso che la strada per una conversione paesaggistica ed ecologica di quell’area produttiva è già stata tracciata proprio con l’individuazione dell’APPEA (prevista e disciplinata nel PPTR pugliese) nelle delibere, di identico contenuto, che i due Comuni hanno separatamente approvato nell’ottobre del 2019 per partecipare insieme al bando per le ZES e così aumentarne le potenzialità di successo. Ebbene, a tali delibere è allegato il protocollo d’intesa che impegna già i due Comuni a sottoscrivere a tal fine un’apposita convenzione ai sensi dell’art.30 del TUEL (il Testo unico degli enti locali).
Occorre adesso fare dei passi concreti in avanti, magari facendosi assistere dal Politecnico di Bari, che negli scorsi anni ha già affiancato il Comune di Bitonto nella fase di avvio del percorso che porta all’istituzione dell’APPEA. Non c’è tempo da perdere, perché, a quanto pare, vi sono già diverse società che chiedono di insediarsi e alle quali, in ogni caso, è bene dare risposte chiare sin dall’inizio (specie a quelle senza carte in regola e con appetiti mal riposti).
Chi prende l’iniziativa? Potrebbero farlo Raffaele Piemontese, di nuovo Assessore regionale al Bilancio, o Paolo Campo, che nei giorni scorsi è diventato presidente della Commissione regionale permanente in cui rientrano tali competenze, o magari entrambi. Ovviamente, con il compito di coinvolgere subito enti e soggetti a vario titolo interessati.
Altro tema è quello della mobilità. Riusciamo in questi mesi a far fare passi avanti al progetto del Treno-Tram? I finanziamenti ci sono ancora? Se la tecnologia non esiste, come disse l’allora assessore regionale ai Trasporti (magari da verificare se è proprio così), è possibile utilizzarli per mettere in opera una soluzione alternativa che, tra l’altro, ci consenta di eliminare finalmente il tronco ferroviario che separa la città dal lungo fronte-mare che congiunge il centro abitato con Siponto e dare un senso alla nuova stazione ferroviaria fantasma, che fa il paio con l’“ex stazione campagna”, anch’essa inutilizzata?
E riusciamo a cogliere l’opportunità del Recovery Fund o di altre misure straordinarie in arrivo per attingere finanziamenti per realizzare la S2 (l’asse stradale che dovrebbe ricongiungere via Di Vittorio con i nuovi comparti edificatori e questi alla tangenziale ed alleggerire se non eliminare il traffico sul tratto della S.S.89 che divide in due l’area del parco archeologico), per non rischiare, in mancanza di fondi comunali, di lasciare per qualche decennio incompiuta una strada di importanza vitale per la nuova mobilità cittadina?
Terzo, ma non ultimo, il Parco archeologico di Siponto. La ripresa dell’attenzione degli archeologi per il sito dell’antica Siponto, anche con la campagna di prospezioni geomagnetiche degli scorsi mesi, può dare avvio ad una fase di grande interesse nell’indagine, dopo quelle frammentarie dei decenni scorsi. Ci sarebbero già fondi disponibili ed altre risorse potrebbero arrivare nei prossimi anni per far tornare alla luce un po’ alla volta l’antica Siponto, con un piano pluriennale di scavi.
È ormai evidente cheil Parco Archeologico di Siponto potrebbe non solo consolidare ma moltiplicare la capacità attrattiva della città per il turismo nazionale e internazionale, con la Basilica, la bellissima opera di Tresoldi, gli ipogei Capparelli e gli altri ipogei esistenti, unitamente al Museo Nazionale (da troppo tempo in corso di riallestimento) nel Castello Svevo-Angioino e a quello in attesa di allestimento nell’antica Abbazia di San Leonardo, sperando vengano superati gli attuali problemi di gestione, che limitano la loro fruibilità e potenzialità.
Ma anche i beni culturali, per quanto straordinari, hanno bisogno di partecipazione e di condivisione da parte dei cittadini, a partire dal ruolo che l’archeologia pubblica, come l’arte e la cultura, può e deve avere nella complessiva visone dello sviluppo del territorio, per finire a scelte di grande importanza per la città assunte dalla Soprintendenza e da altri soggetti a ciò preposti, spesso in assoluta solitudine. Occorre quindi che qualcuno prenda l’iniziativa per un necessario confronto tra i decisori pubblici e le numerose associazioni cittadine attente a tale ambito di interesse.
Come ho detto, quelli sopra accennati sono solo alcuni dei temi per i quali la città non può attendere il ritorno ad un governo espressione di rappresentanti democraticamente eletti.con il rischio che arrivino impreparati alla meta o che vi trovino solo problemi da gestire e nessuna vera opportunità da cogliere.
L’importante è quindi iniziare a discuterne per verificare punti di possibile convergenza, per poi, nella prospettiva di un futuro confronto elettorale, costruire vere alleanze oppure distinguersi e contrapporsi ma sulla base di visioni e proposte diverse da sottoporre ai cittadini.
Gaetano Prencipe