Ci sembra opportuno ricordare in questi giorni di “aspettativa” delle feste natalizie la “gentilezza”, la cortesia, l’afflato che pervadevano l’animo umano nella comunità sipontina.
Era inveterato costume che le comari si scambiassero vicendevolmente le leccornìe preparate in casa (pe fé assaggé).
Un omaggio coronato da un’ aureola di saggezza popolare, quasi a sottoporsi ad un esame per le giovani spose (primarole), come avere superato l’apprendistato delle capacità muliebri e del buon vicinato.
Una saggezza d’animo che accomunava l’umano vivere e sentirsi tutti di una stessa famiglia (sime nète a lla strède: ce sime crescjute a lla stréde, siamo nati, ci siamo sviluppati nella strada).
Vieppiù, era buona consuetudine la cortesia (a crejanze) nei confronti della comare in istato di gravidanza (nginde), alla quale, assolutamente, si doveva offrire parte del proprio pasto, ad evitare che la stessa, avvertito l’odore, e non soddisfatto il desiderio. potesse incappare in qualche “infortunio” (abortisse: ce uastasse) o potesse far nascere il pargolo con la voglia sul corpo, nel caso che, malauguratamente, ed inavvertitamente (sop’a penzire) si fosse strofinata la pelle (grattéte).
Manifestazione popolare consolidata da antica esperienza.