Non si può parlare della Zecca di Manfredonia senza fare cenno all’Apulia antica. Il 1085 e il 1197 sono due date fondamentali per lo studio e le ricerche riguardanti la numismatica medievale meridionale. Il 1085 segnò l’apertura della Zecca dei Normanni in Puglia con Brindisi e i suoi «Follari», battuti dal Duca Ruggero Borsa. Il 1197 è l’anno dell’elezione di Federico di Svevia a re di Sicilia, sotto la tutela della madre Costanza d’Altavilla. L’intento di Federico Barbarossa era quello di creare l’unione delle due corone: «Sicilia e Germania», unione che provocò la netta opposizione del papato. Questo indusse Carlo I d’Angiò a venire in Italia con la conseguente sconfitta di Manfredi a Benevento il 26 febbraio 1266. Il 1197 fu l’inizio di un lungo periodo florido per gli Svevi: fino al 1250 con Federico II, dal 1250 al 1254 con Corrado I, dal 1254 al 1258 con Corrado II o Corradino e dal 1258 con l’ultimo dei re svevi, Manfredi. Dal 1197 al 1266 le Zecche di Messina, Brindisi e Manfredonia batterono diverse monete in oro, argento, mistura e rame. Le Zecche di Messina e Brindisi hanno battuto moneta dal 1194 al 1266, cioè durante il dominio svevo in Italia, da Enrico VI e Costanza d’Altavilla a re Manfredi. Alcuni critici sostengono che la Zecca di Manfredonia iniziò la sua attività il 1258, tesi smentita dal concittadino, studioso numismatico, Michele Guglielmi. Con una nutrita documentazione, egli asserisce che la Zecca di Manfredonia funzionò per soli tre anni (1263-1266). Dal 1258 al 1263, invece, le monete furono battute a Brindisi, anche perché la data di fondazione di Manfredonia risale al 1263. Infatti, esaminando le monete della sua preziosa collezione, alcuni «denari» portano nel campo una «A» sul diritto ed altri denari e mezzi denari «AP» in monogramma «Apulìa». Inoltre, dei denari e mezzi denari battuti a Messina (1258-1266), alcuni portano un’aquila, certi una «S» nel campo, altri una «S» crociata, certi altri «MAY» ed altri ancora una «T» stilizzata che sta a significare «Trinacria», anche se il Corpus Nummorum Italicorum attribuisce quest’ultima, prodotta dalla Zecca di Manfredonia. Infatti, i denari e mezzi denari coniati nella nostra città portano nel campo due tipi di emme: «M» gotica e «M» normale sul dritto e una croce sul rovescio. Invece, i «TARI» d’oro e multipli di Manfredi sono stati battuti a Messina dal 1258 al 1263 e dal 1263 al 1266 a Manfredonia per cui la monetazione sia in oro che in biblioni è stata molto più abbondante di quella dei suoi predecessori, anche se non curata nei particolari. La parte maggiore della emissione di monete in oro, quindi, è da attribuirsi alla Zecca di Manfredonia. Dopo la morte di Manfredi e la chiusura automatica delle Zecche di Manfredonia e Messina, altre monete furono coniate da Carlo d’Angiò con la riapertura della Zecca di Brindisi e la concessione del diritto di conio a Barletta per il periodo 1266 – 1278, perché dal 1278 fino alla morte di Carlo d’Angiò, avvenuta nel 1285, la Zecca funzionò a Napoli. Tesi che il Guglielmi illustrò in occasione della prima (ed unica) Mostra Numismatica organizzata dal Circolo Filatelico Numismatico Sipontino nel 1982, patrocinata dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo e dal Comune di Manfredonia ed allestita negli ampi saloni del Palazzo Celestini. Ben diciotto furono le collezioni presenti ed esposte all’ammirazione di un foltissimo pubblico di esperti e visitatori provenienti dai diversi centri della provincia e della regione. Degna di rilievo fu proprio quella del Guglielmi, per la tematica specifica Re Manfredi e la Zecca di Manfredonia e per la presenza di alcuni ‘pezzi rari’.
di Matteo di Sabato