Martedì 5 Novembre 2024

Sindrome della vena cava superiore, a Casa Sollievo trattata con successo per via percutanea una donna di 45 anni

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L’intervento, eseguito nell’Unità di Radiologia Interventistica, ha scongiurato gravi conseguenze dovute all’ostruzione della vena che trasporta al cuore il sangue proveniente da testa, collo, braccia e organi del torace

 

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Una donna di 45 anni è stata ricoverata d’urgenza, nei giorni scorsi, per la cosiddetta sindrome della vena cava superiore. La donna presentava grave insufficienza respiratoria, gonfiori molto evidenti degli arti superiori, del collo, del volto e una forte congestione del volto e degli occhi.

 

Grazie all’esame TAC veniva evidenziata l’ostruzione trombotica del grosso tronco venoso che trasporta al cuore il sangue venoso proveniente da testa, collo, arti superiori e organi del torace. Dopo le prime consultazioni si è deciso di procedere con un intervento di Radiologia Interventistica.

 

«Abbiamo deciso di intervenire poiché tutti quei distretti corporei, a causa del trombo, non riuscivano più a scaricare sangue verso il cuore, determinando una situazione di estrema gravità con alte probabilità di sviluppare un edema cerebrale o un’embolia polmonare – ha spiegato Francesco Florio, medico responsabile dell’Unità di Radiologia Interventistica, che ha coordinato l’intervento –. Mediante l’uso di due mini sonde vascolari introdotte per via venosa all’altezza di entrambi i gomiti, siamo riusciti a superare le steno-ostruzioni delle vene, che provengono dagli arti superiori, e della vena cava, applicando due stent, uno a destra e uno a sinistra. Gli stent, che altro non sono che due protesi metalliche a maglie, schiacciando alle pareti i trombi garantiscono la pervietà del vaso che può continuare così nella sua funzione di trasporto del sangue».

 

La donna sta bene, rimarrà sotto osservazione e dovrà assumere una terapia anticoagulante in grado di garantire nel tempo i risultati finora ottenuti. «Interventi di questo tipo – ha concluso Florio – sono molto rari in letteratura. Personalmente, in 34 anni di attività, è il secondo caso che abbiamo trattato in questo modo. Per il buon esito della procedura è stato determinante l’apporto delle Unità di Pronto Soccorso, Ematologia e Radiologia Diagnostica».

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