Goletta Verde 2020
Legambiente Puglia presenta a Bari i dati sullo stato di salute dei depuratori
La Puglia continua a fare passi in avanti sulla chiusura del ciclo di tutela delle acque
Monitorate da Arpa Puglia e Guardia Costiera foci fluviali e scarichi in battigia
Al via la nuova edizione della campagna “Non si butta un tubo nei tubi” sui rifiuti da non buttare nel wc o nel lavandino
In occasione della 34esima edizione di Goletta Verde, la campagna di Legambiente che tutela il mare da inquinamento, illegalità, fonti fossili e rifiuti, questa mattina Legambiente Puglia ha illustrato i dati sullo stato di salute dei 185 depuratori pugliesi e sul monitoraggio delle foci fluviale e degli scarichi in battigia svolto da Arpa Puglia e Guardia Costiera – Direzione Marittima di Bari. Hanno partecipato alla conferenza stampa Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, Vito Bruno, direttore generale di Arpa Puglia, Giovanni Giannini, assessore alle Infrastrutture della Regione Puglia, Vito Colucci, direttore generale di Autorità Idrica Pugliese, e il Contrammiraglio Giuseppe Meli, direttore marittimo della Puglia e della Basilicata ionica.
«Sulla chiusura del ciclo di tutela delle acque – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – la nostra Regione continua a fare passi in avanti. Scendono a due i depuratori che scaricano nel sottosuolo, diminuiscono gli agglomerati urbani sottoposti a procedura di infrazione e procedono gli interventi infrastrutturali di potenziamento della capacità di trattamento e abbattimento delle emissioni odorigene sugli impianti non conformi alla direttiva europea sulla depurazione. Chiediamo alla Regione Puglia di continuare a lavorare per il massimo utilizzo delle acque reflue depurate e affinate in agricoltura, ma soprattutto di puntare a ridurre la produzione dei fanghi di depurazione che continuano a essere conferiti in impianti di compostaggio fuori Regione».
Sono 185 gli impianti di depurazione in esercizio a servizio degli agglomerati pugliesi, di cui 181 gestiti da Acquedotto Pugliese e 4 direttamente dai comuni (Biccari, Lesina Marina, Sannicandro Garganico-Torre Mileto e Volturara Appula). La scarsa disponibilità idrica superficiale naturale condiziona fortemente la tipologia dei recapiti finali nella nostra Regione. Ciò comporta che solo il 7% dei recapiti finali dei depuratori è costituito da corpi idrici superficiali, il 75% da lame e altri corsi d’acqua effimeri/episodici o dal suolo (attraverso trincee drenanti) e il 16% recapita a mare. Per tali peculiarità territoriali, il Piano di Tutela delle Acque adottato a luglio 2019 prescrive per la metà dei depuratori che il trattamento sia spinto fino a rendere possibile il riutilizzo delle acque reflue.
Gli impianti che continuano a scaricare nel sottosuolo sono 2 (Lesina Marina e Manduria Vecchio). L’impianto di Casamassima vecchio, che fino al 2018 recapitava nel sottosuolo, è stato dismesso a luglio 2019 con contestuale attivazione dell’impianto di Casamassima nuovo.
Dal monitoraggio effettuato da Arpa Puglia lo scorso anno (2.455 controlli) emerge che sono 34 gli impianti di depurazione che nel 2019 hanno presentato una non conformità alla Direttiva comunitaria (91/271) sul trattamento delle acque reflue urbane. Di questi, 5 erano interessati da lavori in corso che hanno reso plausibile un decremento dell’efficienza depurativa (Bari Ovest, Ruvo di Puglia, Cerignola, Nardò, San Severo). Su 5 dei restanti 29 sono stati programmati interventi di adeguamento/potenziamento e gli stessi risultano in corso di progettazione (Ascoli Satriano 1 e 2, Lizzanello, Salice Salentino e Volturino); su 1 è prevista la dismissione (Manduria Vecchio) mentre un altro è stato dismesso a luglio 2019 (Casamassima vecchio); per i restanti 22 (Apricena, Bisceglie, Candela, Carapelle, Carpino, Casalvecchio di Puglia, Castelluccio dei Sauri, Celenza Valfortore, Chieuti, Foggia 2 Borgo Incoronata, Lesina, Lucera A, Molfetta, Ordona, Orsara di Puglia, Rignano Garganico, Sannicandro Garganico, San Paolo di Civitate, Sant’Agata di Puglia, Stornara, Stornarella, Vieste) si procederà con la manutenzione straordinaria in attesa di definire la copertura finanziaria per gli interventi di adeguamento e/o potenziamento. Nel caso di Molfetta, Bisceglie e Lucera A, i fuori limite sono riconducili a una fase di avvio all’esercizio di nuove opere realizzate nell’ambito di interventi conclusi nel 2018, mentre per gli impianti di Stornara e Ordona si è rilevato un solo superamento, in concentrazione superiore ai limiti normativi, tale da poter essere riconducibile all’arrivo di uno scarico anomalo. Infatti, tra i fattori che possono inficiare il processo depurativo degli impianti ci sono anche gli scarichi anomali (arrivi impropri di acque meteoriche, di vegetazione e di natura lattiero-casearia).
Nel settore depurazione, l’attuale programmazione prevede 197 interventi infrastrutturali volti al miglioramento complessivo del comparto depurativo tra adeguamento, potenziamento della capacità di trattamento, abbattimento delle emissioni odorigene e rifunzionalizzazione dei recapiti finali. Di questi, 58 risultano ultimati, 21 in esecuzione e 118 in fase di progettazione.
L’incremento della copertura del servizio di fognatura e depurazione e il contestuale miglioramento dell’efficienza dei depuratori ha comportato un progressivo incremento della produzione dei fanghi di depurazione tra il 2012 (circa 192.000 tonnellate di fango tal quale prodotto) e il 2018 (circa 218.200 tonnellate di fango tal quale prodotto). Nel 2019 si è registrata una flessione della produzione e la quantità complessiva di fanghi di depurazione prodotti negli impianti gestiti da Acquedotto Pugliese si è attestata sulle 190.000 tonnellate/anno. Tuttavia, continua ad aggravarsi la problematica relativa alla gestione dei fanghi di depurazione. La progressiva riduzione delle superfici disponibili al riutilizzo in agricoltura e la ridotta disponibilità degli impianti di compostaggio regionali ad accettare il fango prodotto dai depuratori, ha spinto Acquedotto Pugliese (dal 2014 in poi) a portare il fango fuori Regione e in discarica.
Nel 2019, i quantitativi di fango di depurazione prodotti sono stati così conferiti: l’81% in impianti di compostaggio fuori Regione o all’interno del territorio pugliese e il 19% in discarica. Non sono stati conferiti fanghi in agricoltura.
Nel Piano Regionale per la gestione dei rifiuti urbani, la Regione Puglia ha adottato una strategia volta a ridurre la produzione, sostenere il recupero e ridurre lo smaltimento in discarica dei fanghi di depurazione, entro i limiti previsti dalle indicazioni dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico. In linea con il primo dei suddetti obiettivi, in aggiunta alle attività programmate a partire dal 2018 (manutenzione straordinaria per la fornitura di 60 stazioni di disidratazione meccanica) sono in corso le attività per la programmazione e progettazione di interventi di carattere strategico per superare l’emergenza attuale nella gestione dei fanghi di depurazione e ridurre le quantità da conferire a recapito finale (es: serre solari per essiccamento del fango, realizzazione di piattaforme per la raccolta e lo stoccaggio, installazione di impianti di lisi cellulare).
Negli ultimi anni, la Regione Puglia ha messo in campo numerose iniziative finalizzate a incentivare il riuso delle acque reflue in agricoltura, finanziando 32 interventi sugli impianti di Carovigno, San Pancrazio Salentino, Acquaviva, Cassano delle Murge, Fasano, Sammichele di Bari, Gioia del Colle, Barletta, Castellaneta, Castellana Grotte, Santa Cesarea Terme, Trani, Bisceglie, Pulsano, Faggiano, Conversano, Corato, Tricase, Zapponeta, Corsano, Ugento, San Donaci, Gravina di Puglia, Martina Franca, Molfetta, Ruvo-Terlizzi, Palagiano, Massafra, Sternatia-Zollino, Manfredonia, Margherita di Savoia e Taurisano.
In Puglia, nel 2019 sono 9 gli impianti (Acquaviva delle Fonti, Casarano, Corsano, Gallipoli, Ostuni, Fasano, Noci, San Pancrazio Salentino e Trinitapoli) che possono restituire un refluo idoneo al riutilizzo. Nello specifico, è stata riutilizzata l’acqua affinata presso gli impianti di Corsano (volume riutilizzato 2019 129.645 mc/anno), Gallipoli (volume riutilizzato 2019 120.043 mc/anno), Ostuni (volume riutilizzato 2019 301.391 mc/anno), e Fasano. A Noci le acque affinate alimenteranno il Lago Milecchia da cui partirà la distribuzione irrigua nella rete di competenza del Consorzio di Bonifica. A S. Pancrazio Salentino e a Trinitapoli, l’acqua, seppur affinata, non viene ancora distribuita in attesa dell’esecuzione dei lavori sulla rete irrigua, di competenza dei Consorzi di bonifica. Mentre ad Acquaviva delle Fonti il sistema integrato di affinamento e riuso non è ancora attivo.
Dei 27 agglomerati originariamente interessati dalla procedura di infrazione n. 2014/2059 ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane (91/271/CEE), a seguito di verifiche, la Commissione Europea ha confermato la non conformità per 14 agglomerati, oggetto della Causa C668/2019. In questi casi, i depuratori sono sottodimensionati (Andria, Bari, Bovino, Carlantino, Castrignano del Capo, Corato, Montemesola, San Ferdinando di Puglia, San Severo e Volturino) e inadeguati per vetustà delle opere (Ascoli Satriano) ovvero sono stati rilevati superamenti dei limiti allo scarico (Bitonto, Lucera, Molfetta). Nei primi due casi (sottodimensionamento e/o vetustà) sono in corso interventi strutturali di adeguamento/potenziamento che consentiranno di conseguire la conformità alla direttiva 91/271/CEE secondo la seguente scansione temporale: Andria e Corato nel 2020; Bari nel 2021, Montemesola e San Ferdinando di Puglia nel 2022, Carlantino, Castrignano del Capo e San Severo nel 2023, Volturino e Ascoli Satriano nel 2024, Bovino nel 2025. A questi si aggiungono altri 8 agglomerati interessati dalla procedura di infrazione n. 2017/2181 (Cerignola, Faggiano, Manduria, Manfredonia, Monteiasi, Margherita di Savoia, Palagiano e Serracapriola).
Con riferimento alla precedente procedura n.2004/2034, i 3 agglomerati oggetto di condanne della Corte di Giustizia Europea in materia di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue sono Casamassima, Porto Cesareo e Taviano. Le criticità relative agli agglomerati di Casamassima e Porto Cesareo, per una quota parte del carico generato, sono state risolte nel 2019 anche se l’impianto di depurazione di Porto Cesareo non è ancora entrato in esercizio, mentre per l’agglomerato di Taviano sono in corso attività per il completamento della rete fognaria che dovrebbero concludersi entro il 2024.
Nel primo semestre 2020, ARPA Puglia e la Guardia Costiera – Direzione Marittima di Bari hanno monitorato, attraverso campionamenti, 10 siti lungo l’intera fascia marino-costiera pugliese, scelti sulla base delle potenziali criticità ambientali. In particolare, 5 dei 10 siti si riferiscono ad aree interessate dallo scarico in battigia di reflui urbani depurati (depuratori di Trani, Bisceglie, Molfetta, Monopoli e Nardò), gli altri 5 ad aree interessate dallo sbocco in mare di fiumi o canali (foce Candelaro – FG, foce Ofanto – BT, foce Bacino Grande – LE, foce Ostone – TA, foce Tara – TA). In tutti i siti sono state misurate, in campo o in laboratorio, alcune variabili (chimico-fisiche e microbiologiche: temperatura, pH, ossigeno, salinità, clorofilla “a”, silicati, azoto totale, azoto ammoniacale, azoto nitroso, azoto nitrico, fosforo totale, ortofosfato; Enterococchi intestinali, Escherichia coli) utili per valutare i potenziali impatti dei corsi d’acqua e degli scarichi sulla qualità delle acque marino-costiere. I risultati ottenuti dalle attività di monitoraggio non hanno evidenziato significative criticità ambientali riferite ai siti oggetto di indagine. In generale, i valori delle variabili misurate non hanno evidenziato superamenti o scostamenti significativi rispetto ai limiti e/o alle soglie imposte dalle norme.
“Si conferma l’impegno e la visione strategica di Arpa Puglia sui temi del mare e sulla qualità delle acque in generale in Puglia– sottolinea Vito Bruno, direttore generale di Arpa Puglia -. Questa visione plasticamente concentrata nella sede del Centro Regionale Mare di Bari, si concretizza non solo per l’impegno e la qualità tecnico scientifica delle attività, ma anche per la strategia istituzionale che vede coinvolto in maniera sinergica ed operativa la Capitaneria di Porto, la Guardia di Finanza, l’Università, i Centri di Ricerca e le associazioni ambientaliste, tutti impegnati nella difesa e nella tutela di un capitale naturale fondamentale per la Puglia: il mare”.
A margine della conferenza l’associazione ambientalista ha presentato l’edizione aggiornata di Non si butta un tubo nei tubi, l’identikit dei rifiuti da non buttare nel wc o nel lavandino per non compromettere il sistema di depurazione. È un vademecum che identifica prodotti e materiali gettati spesso nelle tubature delle abitazioni, danneggiando gravemente il sistema idrico. Tra questi ci sono oli e grassi da cucina, prodotti per l’igiene personale e la medicazione cutanea, cicche e oggetti in lattice e plastica non biodegradabili. Non si butta un tubo nei tubi vuole educare al loro corretto smaltimento, per preservare il ciclo depurativo delle acque e le spiagge su cui tali materiali vanno a finire.