Cari Fratelli e Sorelle,
la liturgia della III domenica di Pasqua ci offre lo stupendo brano di Lc 24, 13-35, conosciuto come i “Discepoli di Emmaus”.
Personalmente preferisco chiamarlo “il Vangelo del Cristo Pellegrino”, che si fa compagno di viaggio anche per chi sta percorrendo strade che si allontanano, per delusione, dalla fede precedentemente professata.
In questa stagione di fine aprile inizio maggio, la nostra Chiesa locale è tradizionalmente segnata dalla presenza di tante feste popolari, che da secoli colorano e alimentano la religiosità del Popolo santo di Dio, attraverso novene, processioni e manifestazioni ad esse collegate.
Penso che il testo dell’apparizione di Gesù ai due Discepoli in cammino verso Emmaus possa aiutarci a vivere le feste religiose popolari pur in assenza dei segni che da sempre ci hanno accompagnati.
Trascrivo questa riflessione di Francesco Zaccaria, che trovo attinente al momento che viviamo: “infatti bisogna ricordare che la pietà popolare in Italia non è un fenomeno marginale, ma interessa una parte importante della popolazione, anche maggiore di quella che partecipa regolarmente alla vita della comunità̀ ecclesiale e alle sue celebrazioni liturgiche. In più la pietà popolare ha espresso nei secoli un legame particolare tra fede e malattia, tra preghiera e sofferenza, non solo a livello personale, ma anche in situazioni di paura collettiva: ogni nostra città e ogni nostro paese conserva un’immagine miracolosa, un racconto prodigioso o un luogo sacro che ricorda l’intervento di Dio, spesso attraverso la Vergine o i santi, che ha salvato la comunità da un’epidemia, da un bombardamento, da una catastrofe naturale etc. … Ricerche storiche ed empiriche hanno messo in evidenza come le pratiche della pietà popolare hanno conservato e trasmesso in modo particolare l’immagine di un Dio compassionevole e misericordioso, vicino alla sofferenza umana e alla malattia, a cui ci si può rivolgere con fiducia, anche attraverso l’intercessione di Maria e dei santi. Queste ricerche segnalano come le pratiche della pietà popolare, permettano ai fedeli di indirizzare a Dio un grido di dolore, ma senza mettere Dio sul banco degli imputati né interpretare la sofferenza come punizione divina”1.
La situazione che viviamo ci riporta esattamente all’origine delle tradizioni della nostra religiosità popolare, legate il più delle volte a situazioni epidemiche e di carestia: tradizioni che scaturiscono proprio da situazioni simili alla nostra di oggi. Ma la situazione pandemica che stiamo vivendo ci impedisce di ripresentare i vari riti e le tante manifestazioni in forma collettiva, con la partecipazione del popolo come protagonista.
L’isolamento forzato fa mancare alla religiosità popolare la fisicità, la presenza del popolo importante per le manifestazioni simboliche come le processioni, i pellegrinaggi, le feste, ecc.
Ciò nonostante è dovere nostro obbedire a questa ingiunzione con responsabilità, che non impedisce di vivere con profondità evangelica e nella gioia della Pasqua le intenzioni e la memoria di cui i riti tradizionali sono la manifestazione esterna.
Secondo lo spirito di quanto sopra espresso, sono convinto che il testo di Lc 24 possa essere letto veramente come una processione popolare con Andata e Ritorno: esattamente come quelle che nel periodo pasquale segnano ed identificano il nostro territorio garganico.
Provo a consegnarvi, in modo veloce e plastico due suggestioni che trovo presenti nel brano evangelico di questa domenica.
La processione di Andata
Da Gerusalemme a Emmaus: è l’andata.
Scopriamo che abbiamo bisogno di essere accompagnati, è il momento di farci discepoli e lasciarci educare dal Signore Pellegrino che fa strada con noi e per noi.
Magari non lo riconosciamo ancora come tale, come il Risorto: che importa?
Ciò che conta è che Lui c’è!
Quanti partecipano ai riti popolari per pura tradizione, abitudine o riferimento alle proprie origini … ma dentro quelle tradizioni c’è Gesù che sta camminando con noi.
La processione di Ritorno
Da Emmaus a Gerusalemme: è il ritorno.
Scopriamo di aver vissuto una esperienza unica e di aver ricevuto un messaggio che non possiamo più contenere nel nostro solo cuore, nei nostri limitati spazi di quotidianità, ma che dobbiamo diffondere, dire ad altri.
Ci accorgiamo che siamo diventati missionari del Risorto.
Se viviamo interiormente, attraverso la “novità angosciosa e non desiderata” di quest’anno, le nostre tradizioni popolari nella forma che ho brevemente manifestato con la doppia metafora della processione interiore di Andata e Ritorno, non solo non abbiamo perso le manifestazioni religiose del 2020, ma le avremo evangelizzate sentendo il Risorto in cammino con noi e seduto alle tavole delle nostre case.
Fratelli e sorelle,
allora preghiamo il Cristo pellegrino perché rimanga con noi, se no si fa sera nell’anima e nel cuore, e chiediamogli di concederci la grazia della processione interiore che ci rende tutti suoi discepoli e missionari per annunciare che davvero il Signore è al nostro fianco e fa ardere il nostro cuore!
+ p. Franco crs