Anche quest’anno non siamo riusciti a festeggiare il 25 aprile in piazza, a Manfredonia.
Ma oggi più che mai il 25 aprile ci chiama a ricordare il passato e a verificare se abbiamo una visione per il futuro.
Qualche giorno fa mio figlio di nove anni ha sostenuto che “andrà tutto bene” è una frase scritta solo perché maestre e mamme vogliono tranquillizzare i bambini.
Credo abbia ragione.
Certo, se noi adesso ne stiamo parlando, a noi finora è andata bene. Ma non per tutti è così.
Non è andata bene ai molti italiani che, nati sotto le bombe della seconda guerra mondiale, l’infanzia passata dentro ai rifugi, dopo 75 anni sono deceduti da soli e in silenzio con un virus cinese. Non è andata bene ai medici, agli infermieri, agli operatori che si sono trovati in trincea e senza protezione negli ospedali, e lì sono morti. A Fabio, medico in prima linea a Sondrio, o a Giuseppe, con il figlio in oncologia pediatrica.
Sta andando bene a chi si trova bloccata in casa con un marito violento?
E andrà davvero bene dopo, con potenziali 10 milioni di italiani a rischio povertà?
Poi ho letto di una frase comparsa ad Hong Kong: “Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità era il problema”.
Ecco l’inghippo: il covid non è la causa, è l’effetto.
L’enorme incapacità, a livello planetario, di dare una misura alle proprie azioni, con l’ostinazione di sostituire l’ordine della natura con il disordine del profitto, è letale. Non puoi consumare ambienti, clima, ecosistemi, biodiversità, culture e pretendere che “per te” non cambi niente. Deserti agricoli, monocolture e allevamenti intensivi, deforestazione, consumo non sostenibile di carburanti fossili; quello del 2020 è stato l’inverno più caldo di sempre in Europa; i ghiacciai si sciolgono, le linee di costa si abbassano. L’Australia ha bruciato un’area forestale immensa. La plastica è ovunque, è nei nostri acquedotti, negli oceani, l’Amazzonia brucia; le polveri sottili si spostano seguendo le correnti continentali, popolazioni migrano fuggendo dalle devastazioni, milioni di persone proliferano ammassate in città invivibili, ognuna con il legittimo diritto di condurre uno stile di vita “occidentale”.
Lo chiamiamo “normale” questo modo di custodire il pianeta, ossia le nostre vite, ma soprattutto quelle dei nostri figli?
Si può vivere al di sopra delle possibilità del pianeta, senza subirne le conseguenze?
Nel 2001 a Genova i cosiddetti “no global” furono massacrati da chi vedeva in questa globalizzazione delle multinazionali e della finanza il futuro del mondo, adesso ci accorgiamo di cosa significa: diciassette anni fa la Sars, poi la Mers, ma nessun vaccino, nessun piano, nessuna dotazione antiepidemia né a livello nazionale né mondiale, pur in un’epoca in cui si studiano guerre batteriologiche.
Aprono il vaso di Pandora e poi vanno a farsi l’aperitivo. I superuomini che presiedono ai destini universali ragionano e si comportano così. Ma quale visione del mondo hanno?
In Italia, negli ultimi trent’anni hanno avvilito con metodo ed entusiasmo la medicina pubblica, quella di base e la scuola pubblica, le fondamenta di qualsiasi consesso civile. Adesso i nodi vengono al pettine.
Da anni molta parte dell’opinione pubblica spiega che questa non può essere la “normalità”: è parossismo, è follia. Chi parlava di decrescita felice era irriso dai sepolcri imbiancati, ora la decrescita, economica e sociale che ci piomba addosso, è già un frontale contro la realtà: non è affatto felice ma soprattutto è repentina, e brucia miliardi in un colpo solo.
Non possiamo tornare alla “normalità”, se la normalità continuerà ad essere questa.
Perché allora il 25 aprile è più che mai importante, oggi? In questi mesi, ancora una volta, sono state le persone a resistere. Nella nostra nazione chi ha resistito, come 75 anni fa, non è stata la burocrazia o i protocolli, sono stati gli italiani, i medici, gli infermieri, gli operatori, gli scienziati, le forze dell’ordine, i lavoratori, i cittadini italiani. Ancora una volta sono stati gli italiani, i singoli italiani, in casa, nei posti di lavoro, che non hanno mollato le proprie posizioni, non hanno ceduto di fronte al nemico, con dignità e onore e sacrificio continuano a fare il proprio dovere, nonostante tutto.
Da questi italiani si può ripartire, di nuovo dopo 75 anni: questa è Resistenza, questa è Liberazione, quella che continua a credere che un altro mondo è ancora possibile.
Buon 25 aprile! Buona Liberazione!
Andrea Pacilli
coordinatore dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Manfredonia