A seguito di numerose richieste pervenute a questa redazione da parte di aziende che ci chiedono un parere riguardante la necessità o meno di effettuare la valutazione dei rischi per esposizione a Covid–19, abbiamo chiesto un parere ad uno specialista nel campo della prevenzione dei rischi occupazionali.
E’ evidente che in questa fase emergenziale correlata alla diffusione inaspettata del nuovo coronavirus, il tema dell’eventualità che sia obbligatorio, utile o inutile fare la valutazione o l’aggiornamento della valutazione dei rischi biologici in tutte le aziende pubbliche e private di qualsiasi natura e dimensione è un tema delicato che genera opinioni diverse per cui credo sia importante fare chiarezza.
Che il rischio di infezione da agenti biologici – compreso dunque quello relativo all’influenza da virus oppure la più grave polmonite da coronavirus (Covid-19) – sia ubiquitario ed estremamente più alto nel comparto della sanità è universalmente riconosciuto, ma vi sono anche moltissimi altri contesti lavorativi che sono interessati in modo piuttosto significativo dal rischio di infezione da influenza pandemica, dagli aeroporti, all’attività di assistenza familiare, esercizi commerciali con elevato afflusso di pubblico, tatuatori, ecc. Insomma, nel caso di questa pandemia particolarmente virulenta, tutte le attività umane posso essere esposte al rischio di infezione.
Rischio professionale
Il rischio da Coronavirus (Covid-19), o da epidemia influenzale, per i lavoratori rappresenta, un rischio professionale per tutte le attività lavorative in quanto il lavoratore è esposto a tale rischio nel luogo di lavoro dove il datore di lavoro ha deciso debba essere svolta la prestazione lavorativa e come tale deve essere fatta la valutazione del rischio biologico.
Concettualmente è esattamente come il rischio rapina, se ragionevolmente prevedibile, deve essere oggetto di valutazione da parte del datore di lavoro, al fine di individuare le misure di prevenzione e protezione dai rischi.
La tutela giuridica
Il lavoro che implica contatto continuativo col pubblico, o con colleghi, tra i quali è probabile la presenza di soggetti contagiosi, espone il lavoratore nell’ambiente lavorativo ad un rischio biologico che attiene la posizione di garanzia del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. e D. Lgs. n. 81/2008, articoli 271 e 272 in particolare.
Livelli di rischio
È possibile distinguere quattro livelli di rischio per gli operatori:
1. Occupazioni a rischio di esposizione molto alto:
a) operatori sanitari (OS) che eseguono manovre che generano aerosol su pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus, operatori sanitari o laboratoristi che sono stati a contatto con soggetti noti o sospetti per aver contratto il virus.
2. Occupazioni a rischio di esposizione alto:
a) operatori sanitari adibiti a mansioni assistenziali nei confronti di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus;
b) operatori sanitari adibiti al trasporto di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico
all’interno di ambulanze;
c) operatori sanitari che eseguono autopsie di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico; addetti alle camere mortuarie.
3. Occupazioni a rischio di esposizione medio: lavoratori del pubblico impiego addetti agli sportelli, lavoratori nel settore del trasporto aereo e navale, personale
pubblico impiego addetti agli sportelli, lavoratori nel settore del trasporto aereo e navale, personale scolastico, lavoratori del settore alberghiero, forze dell’ordine, lavoratori del commercio e dei servizi, in particolare addetti alle casse, ecc..
4. Occupazioni a rischio di esposizione basso: impiegati di uffici senza accesso al pubblico.
Normative di riferimento
Art. 28 del D.Lgs. 81/08 – Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) deve riguardare “tutti” i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
Art. 271 del D.Lgs. 81/08 – Valutazione del rischio biologico
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’Allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’articolo 268, commi 1 e 2;
b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente Titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4.Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’Allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizione dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17 è integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RSL) è consultato prima dell’effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 272 – Misure tecniche, organizzative e procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’art. 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi, anche attraverso l’uso di dispositivi di sicurezza atti a
proteggere dall’esposizione accidentale ad agenti biologici;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti.
La valutazione del rischio biologico deliberato, potenziale, occasionale
1) Non esiste solo il rischio biologico deliberato, ma anche quello occasionale e potenziale: D.Lgs. 81/08 – Art. 266 che recita –
1. Le norme del presente Titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
Il rischio biologico va inquadrato ai sensi dell’art. 271: il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi per la salute derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente di lavoro.
Il rischio biologico può essere sia deliberato (ovvero gli agenti biologici sono introdotti o presenti in maniera deliberata nell’ambito del ciclo produttivo) sia potenziale od occasionale. Sulla base degli esiti della valutazione del rischio biologico, il datore di lavoro è poi tenuto a porre in atto le misure necessarie a ridurre o eliminare, se possibile, l’esposizione agli agenti potenzialmente patogeni.
Per la valutazione del rischio l’art. 28 comma 2) lettera a), D.Lgs. n. 81/2008 dispone che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”.
2. Obblighi inderogabili del Datore di lavoro (aggiornamento del DVR)
In caso di pandemia dichiarata dalle autorità sanitarie internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità OMS) e del paese (Ministero della Salute, Regione competente) come quella che stiamo vivendo, il datore di lavoro deve aggiornare il documento di valutazione dei rischi, individuare misure di prevenzione e protezione, istruire, informare e formare i lavoratori, il tutto in stretta collaborazione con il medico competente.
Le misure di prevenzione e protezione dai rischi
Laddove il documento di valutazione dei rischi (DVR) evidenzia la presenza di un rischio da agenti biologici – il datore di lavoro:
- “verifica che le misure di prevenzione contenute nel DVR, compreso l’uso dei DPI, siano conformi a quanto previsto dalle indicazioni scientifiche e circolari ministeriali specifiche relative al virus oggetto di prevenzione e protezione;
- adegua all’attuale evento pandemico le azioni di prevenzione da mettere in atto, soprattutto per quanto riguarda l’informazione, la formazione, le procedure e l’organizzazione del lavoro, l’utilizzo dei DPI”.
Nel caso di scenario con bassa probabilità di diffusione del contagio, andranno adottate le seguenti “misure di prevenzione e protezione:
- Informazione a tutti i lavoratori in merito al rischio, mediante diffusione capillare;
- Affissione, in uno o più punti visibili della sede di lavoro, nonché nei servizi igienici e nelle mense e/o zone ristoro, del ‘decalogo’. Tale manifesto dovrà essere sostituito quando dovesse essere emesso un similare ritenuto dalle autorità più aggiornato o più completo;
- Affissione, nei servizi igienici aziendali, nei pressi dei lavamani, nonché nelle mense e/o zone ristoro ove siano presenti lavandini, delle ‘istruzioni grafiche per il lavaggio delle mani’;
- Stretto controllo sugli accessi esterni (intesi come fornitori e/o appaltatori), per la limitazione al minimo dei contatti con i propri lavoratori. Se necessario, dotazione agli stessi di mascherina chirurgica;
- Allontanamento immediato dal lavoro di qualunque lavoratore manifesti sintomi ascrivibili a quelli del coronavirus e interdizione per lo stesso al rientro al lavoro fino ad accertata negatività rispetto al virus o a completa guarigione”.
Nel caso di scenario con media ed alta probabilità di diffusione del contagio, andranno adottate le seguenti “misure di prevenzione e protezione:
- Tutte le misure indicate per scenario 1;
- Dotazione di dispenser distributori di igienizzante alcoolico per le mani agli ingressi aziendali, con cartello indicante la necessità di disinfezione delle mani all’ingresso presso la sede di lavoro (valido anche per l’ingresso di utenti esterni);
- Uso di guanti in lattice monouso da parte dei lavoratori che debbano interagire con materiali / prodotti da scaffale, permanentemente esposti alla clientela;
- Una attenta e puntuale valutazione delle eventuali ulteriori azioni da mettere in atto per lavoratori appartenenti a fasce di popolazione sensibili rispetto al rischio (minori, lavoratori oltre i 60 anni, lavoratori con nota immunodeficienza o che la dichiarino per la prima volta, avvalorandola con atti, anche le donne in stato di gravidanza, pur non essendoci ad oggi alcuna informazione di letteratura che indichi l’incidenza del virus sul feto);
- Dotazione di disinfettanti per superfici a base alcoolica e panni di carta usa e getta, al minimo per le postazioni/uffici destinati ad accogliere utenti esterni;
- Limitazione al minimo indispensabile di attività di front office nei confronti di utenti esterni: si preferiranno, ove possibile, gestioni telefoniche. Ove non possibile, saranno valutate opzioni di front office con predilezione delle postazioni munite di vetro di protezione”.
Obiettivi
Gli interventi da adottare a seguito della valutazione del rischio saranno finalizzati a due obiettivi:
1. ridurre la trasmissione del virus;
2. ridurre il rischio che un lavoratore suscettibile si infetti.
ISPESL e misure da adottare
L’ISPESL (Istituto Superiore per la sicurezza sul lavoro) ha individuato tre tipi di misure da adottare:
- Strutturali: riguardano l’ambiente nel quale viene svolta l’attività lavorativa (es. barriere fisiche di protezione, presidi per il lavaggio delle mani);
- Organizzative: riguardano le procedure da adottare sul luogo di lavoro per informare e proteggere il lavoratore (es. istruzioni per il lavaggio delle mani, per la corretta igiene respiratoria);
- Comportamentali: riguardano gli atteggiamenti da intraprendere da parte del singolo lavoratore (es. utilizzo dei dispositivi di protezione individuale) [si vedano I documenti ISPESL sull’Influenza.
Considerazioni
In generale occorre “adottare nelle pratiche di lavoro misure di prevenzione cosiddette ‘universali’ che in ogni situazione, indipendentemente dalla natura infettiva dei campioni trattati e delle condizioni di igiene del lavoro, garantiscano l’assenza di una esposizione, così da raggiungere il controllo o l’abbattimento del ‘rischio di natura ed entità incerta’ connesso a queste attività”.
Conclusioni
La valutazione di tutti i rischi (compreso il rischio biologico), deve essere fatta da tutte le aziende, pubbliche e private, di qualsiasi natura e dimensione che abbia lavoratori subordinati. Per lavoratore subordinato di intende colui che presta il proprio lavoro fuori dalla propria abitazione, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di imparare un mestiere. Sono equiparati ai lavoratori, i soci di società che prestano la loro attività in azienda, i lavoratori assunti a tempo pieno, part time, occasionali, stagionali, co.co.pro, tirocinanti, ecc.
In definitiva si può affermare che, stante a quanto previsto dalle normative vigenti, in virtù anche di quella che potremmo definire una “globalizzazione negativa” di nuovi e sempre più subdoli rischi presenti nei luoghi di lavoro è necessario che la valutazione di “tutti” i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (DVR) debba sempre contenere il capitolo del “rischio biologico”, che deve essere periodicamente aggiornata e deve essere parte integrante del DVR, anche per una sempre maggiore “promozione della salute” e deve contenere le norme universali di prevenzione e protezione del rischio biologico che hanno un valore generale e devono essere rispettate da tutti i datori di lavoro di aziende di qualsiasi natura e dimensione sia pubbliche che private.
Apparato sanzionatorio
La giurisprudenza di merito a cominciare dalla sentenza della Cassazione Penale – terza sezione di Trieste – novembre 1997 e successivamente in numerose altre occasioni, ha impartito un prezioso ammaestramento in termini di prevenzione dei rischi occupazionali chiarendo come non è solo l’assenza ma la incompletezza e inesattezza del Documento di valutazione dei rischi (DVR) a concretizzare l’ipotesi di reato, giacché, ritenendo diversamente, che tale redazione assumerebbe un significato solo formale.
Dott. Michele Guerra
Euroambiente srl
Health and Safety
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Gentile redazione, ritengo sia opportuno fornire un chiarimento in merito alle conclusioni a cui giunge il vostro esperto e sulle quali non sono assolutamente d’accordo. A mio avviso l’esposizione al Corona Virus non può e non deve essere considerato un rischio professionale a prescindere dal settore e dall’ambito lavorativo. I rischi che vanno considerati nella della valutazione dei rischi son quelli professionali e cioè i rischi per la sicurezza sul lavoro a cui è esposto un lavoratore nell’espletamento della sua attività lavorativa nella specifica mansione e all’interno dell’organizzazione aziendale. Il Decreto Legislativo 81/200 all’art. 2 così recita:
art.2 comma 1 lett.n) D.Lgs.81/08: «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;
art.2 comma 1 lett.l) D.Lgs.81/08: «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori;
Quindi quando all’art. 28 si fa riferimento a “tutti i rischi” il legislatore fa riferimento ai rischi professionali che hanno origine nell’organizzazione aziendale e sono ad essa collegati. Di conseguenza il rischio biologico da coronavirus è certamente un rischio professionale ma solo nei casi in cui il lavoratore espleta una mansione specifica che determina un incremento dell’entità del rischio, come laboratori che operano per trovare il vaccino da Corona Virus, oppure le strutture sanitarie ed ospedaliere che hanno a che fare con pazienti infetti o potenzialmente infetti. Per tutte le altre mansione ove il rischio non è “professionale” il rischio è del tutto simile a quello di chiunque altro nella popolazione, in quelle aziende il Datore di Lavoro non deve fare altro che attenersi alle misure stabilite dal Ministero. Anche in questo caso è opportuno leggere il Decreto 81/2008 che definisce le norme per la valutazione del rischio:
Art. 266 comma 1 D.Lgs.81/08 (Campo di applicazione): Le norme del presente titolo (agenti biologici) si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici
il capitolo dedicato al rischio biologico riguarda le attività lavorative ove si possa parlare di esposizione professionale, che tenga quindi conto della reale esposizione deliberata ad agenti biologici.
Il successivo art.271 comma 4:
art.271 comma 4 D.Lgs.81/08: Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell’Allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure non è necessaria.
L’allegato XLIV esemplificativo, riporta i seguenti casi che rientrano come già detto nelle situazioni di rischio accidentale aggravato, ovvero:
Attività in industrie alimentari.
1. Attività nell’agricoltura.
2. Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale.
3. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem.
4. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.
5. Attività impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti.
6. Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
L’elenco non è esaustivo, ma chiarisce in modo chiaro quale è l’ambito in cui bisogna ricercare queste condizioni di “rischio accidentale aggravato”, ovvero ove il rischio non sia ritenibile sovrapponibile a quello della popolazione. Pertanto si è voluto escludere tutte quelle attività per il quale il rischio biologico non è un rischio professionale, ovvero è un rischio del tutto comparabile a quello della popolazione non lavorativa. Molte sono le attività per le quali non è maggiore la probabilità di contagio comparata alla probabilità di chiunque altro nella popolazione andando a fare la spesa, oppure andando alla posta, uscendo in auto, incontrando normalmente gente e propri parenti. Un carpentiere o un muratore, un videoterminalista non hanno un maggior rischio biologico di ammalarsi di Coronavirus rispetto a quello che avrebbero andando al supermercato solo perché lavorano con i colleghi o sono seduti alla scrivania lavorando al videoterminale.
Se per rischio biologico il legislatore avesse inteso qualsiasi tipologia di esposizione a prescindere dal carattere insito, professionale o accidentale aggravato, non avrebbero avuto senso né il comma 4 dell’art.271 e né l’All. XLIV.
Naturalmente nella piena diligenza del Datore di Lavoro e nel rispetto dell’art.2087 cc, devono essere adottate misure generali come già previsto dal Ministero e degli enti sanitari preposti, nelle recenti pubblicazioni, tramite l’adozione di cautele dettate dall’autorità, oltre al dovere di mantenersi aggiornato sulla loro evoluzione. In tal senso, vanno predisposte comunicazioni ed informative chiarificatrici delle misure generali da adottare. Concludo suggerendo la lettura della circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 13.03.2020 nella quale si conferma quanto da me sostenuto.
Cordiali Saluti
Ciao Dott, Michele Guerra, per quello che posso dirti, secondo il mio punto di vista, in merito alla Salute e Sicurezza Sul Lavoro, sono essenziali le Misure Rafforzative di Comportamento e igieniche. Il Datore di lavoro,in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione e Medico competente, individua misure rafforzative sulle ordinarie norme di comportamento e corretta prassi igienica, sia a tutela dei lavoratori, sia degli utenti esterni ( anche occasionali) ed anche indicazioni per il Medico Competente (e i suoi collaboratori). Ciò premesso, servono ulteriori raccomandazioni nell’ambito delle attività di sorveglianza sanitaria: attenersi rigorosamente alle misure di Prevenzione della diffusione delle infezioni per via respiratoria non che alla rigorosa applicazione delle indicazioni per la sanificazione e disinfezione degli ambienti, previsti dalle circolari Ministeriali. Nell’eventualità di un contatto con un caso sospetto di COVID 19, indossare DPI adeguate, consistenti in facciali filtranti respiratori FFP2 O FFP3 ,protezione facciale , camicie impermeabili a manica lunga, guanti. A stretto contatto con gli altri utenti, indossare DPI per la protezione delle vie respiratorie: mascherina chirurgica. Ovviamente, come risaputo , è importante tenere sempre pulito il posto di lavoro,tutto ciò e tanto altro si può evincere dal Decreto del 20 marzo 2020.
Buongiorno a Lei, dopo aver effettuato uno studio specifico durato ben 10 anni sui rischi in ambito ospedaliero dove prestavo servizio e nel corso di centinaia di Convegni-Congressi di Igiene Industriali dove ho parteicipato e talvolta portato il mio modesto contributo, ritengo senza il timore di essere smentito che, per il personale medico e paramedico operante in qualsiasi reparto, il personale infermieristico ad ogni livello, gli addetti alle pulizie, allo smaltimento dei rifiuti ed in generale ad ogni altra mansione, tranne il personale amministrativo, si tratta di “RISCHIO PROFESSIONALE”.
Inoltre che Ella Le voglia chiamare misure di prevenzione fafforzative o migliorative o ulteriori, e la stessa cosa che chiamarle “MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE” che sicuramente vanno differenziate in funzione del livello di rischio.
Cordiali saluti
Dott. Michele Guerra
Tecnico di igiene Ambientale e del lavoro – Università degli Studi di Bari;
Laurea in Tecniche della prevenzione negli ambienti di lavoro della Sanità Pubblica;
Tecnico di Igiene Industriale Certificato- Associazione Italiana degli Igienisti Industriali