Domenica 22 Dicembre 2024

La rivoluzione del COVID19: dal Pianeta alle nostre Regioni

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Ci sarà un prima e un dopo COVID19. Se la crisi economico-finanziaria del 2008 ci è sembrata enorme e ha messo in discussione tutto il sistema del mercato e degli scambi finanziari messo in piedi negli anni ’80, questo virus invece fa tremare il nostro sistema senza farne parte. Anche da una tragedia come questa possiamo trarre diverse lezioni. La prima è come un Paese in ascesa costante e potente, la Cina, sia più che mai vulnerabile. Non solo il suo sistema produttivo è andato in paralisi in meno di un mese, ma dopo questa crisi moltissimi Stati non faranno più della Cina il produttore industriale principale: verrà ridotta la dipendenza dei diversi Stati dalla Cina. Questo non significherà tornare indietro, a una situazione dove ogni stato produce al suo interno quello che gli serve in una specie di autarchia: sarebbe impossibile e ci renderebbe tutti più poveri. Altro aspetto: la vulnerabilità degli USA. Viene alla luce quanto siano anch’essi raggiungibili da questo virus e quanto abbiano bisogno di una leadership più chiara ma soprattutto più concertata con il resto del mondo (esattamente quello che Trump non riesce a fare). Il COVID19 rappresenta la scossa maggiore che la mondializzazione potesse subire e quindi nuovi equilibri anche geopolitici ne deriveranno. Alcuni contestano la mondializzazione ma dovrebbero invece concentrarsi sul tipo di mondializzazione che fin qui abbia messo in atto. I legami di interdipendenza oramai abbracciano tutto il pianeta e pensare di fare marcia indietro non è solo impossibile ma anche ingiusto. Nel suo sembrarci peggiorate non poche cose sono invece migliorate. È vero che le ineguaglianze socioeconomiche aumentano ma è anche vero che meno gente muore di fame oggi nel mondo rispetto a trent’anni fa. La messa in pericolo del pianeta a causa del cambiamento climatico sta, seppur lentamente, dando vita a una società civile planetaria, dove a Hong Kong ci si batte per qualcosa che è condiviso anche a New York o Londra. I venerdì durante i quali gli studenti manifestano contro il cambiamento climatico sono sottovalutati dalla maggior parte dei governi del mondo. Il COVID19 invece obbliga tutti a lavorare insieme. Questo vale anche e soprattutto per l’Unione Europea. Abbiamo affrontato un problema planetario avanzando in ordine sparso, ogni Stato con strategie proprie e con tempi propri mentre la sola azione sensata sarebbe stata una strategia unica, europea. Abbiamo voluto fare appello ognuno a spirito di patriottismo perché nella paura cerchi di non essere solo, cerchi la comunità, ma non era la “nazione Italia” o la “nazione Francia” che avrebbe dovuto gestire questa crisi bensì l’Europa. Il COVID19 potrebbe essere l’occasione, una volta per tutte, per realizzare un’Europa più forte che fino ad oggi gli Stati Membri non hanno voluto con i disastrosi risultati che vediamo. Esiste poi un altro fallimento che il COVID19 mette in luce, tutto italiano: la regionalizzazione della Sanità! Dagli anni ’80 abbiamo trasformato la Sanità da diritto per tutti a una concessione, un’equità tra ricchi e poveri. Ma dando alle varie Regioni la responsabilità delle gestioni le differenze tra parti diversi d’Italia sono aumentate, obbligando gli italiani a migrare per curarsi al meglio. Di fronte al COVID19 abbiamo visto il Veneto fare una cosa e la Lombardia un’altra ed entrambe “litigare” con il Governo Nazionale. Esistono servizi pubblici che non possono essere privatizzati o decentralizzati perché frantumano la nostra comunità, la stessa a cui vogliamo fare appello quando abbiamo paura. La “nazione” non esiste a fase alterne, quando ci conviene. Questo virus farà tremare le basi più profonde delle nostre comunità, da quella del nostro quartiere a quella di Europei come parte del mondo.

Giuseppe Bettoni

Università “Tor Vergata” di Roma

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