Per chi ama il carnevale, difficilmente in questo periodo riesce a non pensarci. Chi non si maschera più oppure non partecipa a qualche evento in prima persona, comunque ne parla, lo ricorda e racconta gli aneddoti vissuti o sentiti. In un compleanno festeggiato in questi giorni dalla signora Pina rigorosamente con farrate casalinghe e l’immancabile torta, abbiamo scambiato due chiacchiere con il signor Matteo Fabiano. Dalla ricetta della farrata, il dialogo si è tuffato nei ricordi di veglioni vissuti anni addietro e qui il Fabiano inizia a raccontare le sue avventure durante “U ball pe chése”, la socia della nostra tradizione. Poi dice: “Chi ha il coriandolo giallo può scendere in pista a ballare”, e qui scatta la curiosità. Parliamo di un carnevale del lontano 1940, periodo immediatamente precedente la seconda guerra mondiale, quando il gruppo mascherato si presentava davanti alla socia, il capo socia accoglieva il capo gruppo del battaglione mascherato, il capo sala, organizzava i gruppi di ballo tenendo presente il numero delle coppie, visto lo spazio limitato delle socie, organizzate in case dove venivano spostati i mobili per far spazio ai balli. Ad ognuno dei sottogruppi veniva consegnato un pezzo di coriandolo colorato, giallo, verde, blu, rosso. A turno veniva chiamato un colore e le coppie appartenenti al gruppo di quel colore potevano ballare i tre balli previsti. Durante il carnevale, come nella vita di tutti i giorni di quel periodo, si viveva la contrapposizione tra i fascisti ed i comunisti. Quasi a simboleggiare la propria appartenenza, le persone mascherate di sinistra pretendevano il coriandolo rosso. Questo momento goliardico veniva enfatizzato ed esaltato dai presenti con un “U rosse attir”, scatenando l’ilarità dei presenti. Grazie a questa regola del coriandolo i gruppi chiamati dal capo sala potevano cominciare a divertirsi festeggiando il nostro carnevale nel migliore dei modi.
di Antonio Marinaro