Martedì 19 Novembre 2024

L’Associazione Ultimi aderisce alla manifestazione del 10 a Foggia

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Di fronte ad episodi del genere, ad esecuzioni in strada e deflagrazioni mirate, l’unica cosa da fare è essere compatti. Corpo unico. Non importa chi è più bravo di chi, chi più bello, chi meno. Dare il giusto spirito alle cose. Fare comunità. Distendere malesseri e vacui schieramenti. Stendere un progetto comune prima che la mafia ci stenda tutti perché, finché saremo divisi, la mafia trionferà sempre. Allora mi sarebbe piaciuta più una pianificazione condivisa sul giorno-dice Pietro Paolo Mascione vice presidente nazionale dell’associazione Ultimi-, sull’ora della marcia. Una condivisione che avrebbe permesso di portare altre figure della lotta alla mafia. Ma fa nulla.
Io sono un sognatore.

Piazza sia ed ULTIMI CI SARÀ, come sempre. Come già facemmo insieme all'”Associazione Panunzio”, due anni fa, con un corteo di poche decine di persone. “ULTIMI” sarà presente in strada, a Foggia, il 10 gennaio alle 16.

Che sia, però, piazza di periferia, di via Candelaro. Che sia piazza in via d’Aragona, che sia cordone di cinta a difesa di chi ha rischiato, non solo la propria vita, ma anche quella della propria figlia.
Che sia piazza sotto le abitazioni ammalorate dall’esplosione, di chi, in quelle case, ha riposto i sacrifici di un’intera vita. Mai girare la testa in queste occasioni ma cercare rimedi.
Inaccettabile il clima in città. Inaccettabile questa Foggia. Tutti contro la mafia, contro questa entità che molte volte assume valori astratti.
Non solo chi ammazza, non solo chi mette bombe è mafioso. La mafia del proprio ego, del proprio tornaconto, dei propri interessi personali è di gran lunga più pericolosa. Nessun elicottero potrà mai scovarla, nessun investigatore. La mafia, quella intima, è quella che crea la vera rete, partorendo la mentalità comune di una città e di una nazione. Le caratteristiche sono riscontrabili nell’io di ognuno di noi, nell’amore del proprio ego e nell’esclusione del prossimo. È un  qualcosa di ancestrale, nato con noi. I segni distintivi sono, oltre l’io, anche frasi costruite dal “ma”, “se” , “vabbè”, “non si può far nulla”.

Parlo da rivoluzionario perché prima di inseguire gli altri, inseguo me stesso per eliminare sbavature, per creare contromisure ed essere più efficiente possibile contro un sistema marcio.
Don Aniello giorni fa disse che la parola doveva passare allo Stato è così è stato. Non più prevenzione ma obbligatoria repressione. Obbligatorie tutele che rappresentano il fallimento di uno Stato non capace di assicurare, attraverso i propri poteri, sicurezza ai propri cittadini.

Piazza sia allora, non sterili passeggiate. Non quella delle belle frasi. La piazza per fare piazza pulita della mafia annidata in ognuno di noi – conclude Pietro Paolo Mascione- .

 

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